Secondo il report 2021 sui veicoli elettrici dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), il 2020 ha segnato un record nella percentuale di nuove auto elettriche e ibride plug-in (PHEV) immatricolate, che sono state il 4,6% del totale – un aumento del 70% rispetto all’anno precedente. Spinta dall’elettrificazione dei trasporti e dall’impiego di batterie nelle reti elettriche, si prevede che la domanda globale di batterie aumenterà di 14 volte entro il 2030. L’UE potrebbe rappresentare il 17% di quella richiesta. Secondo alcune previsioni, il mercato delle batterie potrebbe valere 250 miliardi di euro all’anno entro il 2025. La produzione, l’uso e la gestione delle batterie a fine vita, tuttavia, sollevano una serie di sfide ambientali e sociali.
Per quanto riguarda l’Italia il mercato della mobilità elettrica, partito a rilento rispetto ad altri Paesi europei, ha ricevuto una scossa proprio nel mese di settembre con l’acquisto di 8.500 auto elettriche e ibride. “Purtroppo in Italia abbiamo perso molte occasioni nella mobilità elettrica – sottolinea Camillo Piazza di Class Onlus durante la webinar sulla mobilità sostenibile organizzata da Enea. “Citando un esempio di una gara d’appalto: Per la produzione di 800 bus elettrici c’erano solo aziende straniere. Il settore è partito realmente solo nel 2018, di conseguenza siamo in ritardo nella produzione di veicoli elettrici, per ora possiamo solo comprarli all’estero”.
Maggiore è il volume di auto elettriche in circolazione, maggiore sarà la quantità di batterie da smaltire in ottica di economia circolare. “Abbiamo presentato alla Regione Lombardia un accordo di programma per creare una filiera italiana sul second life delle batterie – continua Piazza –. In Europa ormai sono 30 mila le batterie arrivate a fine vita”. I trasporti rappresentano tra il 25% e il 27% delle emissioni europee e fissati gli obbiettivi di neutralità climatica entro il 2050, la cosiddetta Smart Mobility attraverso digitalizzazione e automazione può essere la chiave di svolta.
Tuttavia nel Pniec (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) non si parla solo di auto elettrica in ottica di mobilità sostenibile, ma più in generale anche di carburanti alternativi a quelli tradizionali di origine fossile. Il piano punta così a incrementare l’utilizzo di biocarburanti avanzati prodotti, ad esempio, da colture non alimentari, scarti agricoli e forestali, residui industriali, biocarburanti che nel complesso arriveranno a “pesare” per un 8% sul traguardo delle rinnovabili nei trasporti.
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Le direttive vigenti sulle batterie
Per i veicoli elettrici ci sono due principali direttive: End of Life Vehicles Directive del 2000 che promuove il riciclaggio dei componenti e fornisce incentivi per la progettazione di veicoli rispettosi dell’ambiente, e la direttiva sulle batterie del 2006. Queste due direttive introducono il principio di responsabilità estesa del produttore (EPR) per la gestione del ciclo di vita sostenibile dei prodotti. “Ma adesso che il panorama è cambiato con la crescita esponenziale delle vetture elettriche – dice Erica Anselmino di Stellantis – la direttiva sulle batterie è in fase di revisione, e dovrebbe essere pubblicata l’anno prossimo. Nei prossimi 10 anni il volume di batterie sarà enorme e di conseguenza aumenteranno anche le batterie a fine vita. Gli effetti ricadono sulla richiesta di cobalto, nickel e litio. L’Europa non pubblicherà una direttiva ma una regulation, nel senso che tutti gli Stati dovranno seguirne le regole senza possibilità di interpretare”. La New Battery Regulation pone nuovi requisiti sulla sostenibilità; sicurezza delle batterie dei veicoli elettrici e delle batterie industriali ricaricabili, tra cui impronta di carbonio; contenuto di materie prime riciclate (cobalto, piombo, litio e nichel); prestazioni elettrochimiche; durata, codice QR e passaporto della batteria.
“Il problema principale attuale non è tanto la tossicità dei metalli – commenta Erica Anselmino – piuttosto la loro disponibilità e quale percentuale riusciamo a recuperare a fine vita attraverso un processo sostenibile. Ci sono diversi tipi di chimica alla base delle batterie, che caratterizzano le diverse prestazioni tecniche richieste. La sostenibilità varia dai materiali utilizzati e da come sono estratti”.
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I problemi nel dare un’altra vita alle batterie
Paolo Tebaldi si occupa di Corporate Business Development alla Comau, azienda che realizza processi di automazione per Stellantis. Nella sua visione l’automazione ha senso quando ci sono grandi volumi e si prevede che le batterie da dover gestire nel 2025 a livello globale saranno almeno 6 milioni (più di 30 entro il 2030). “Riuso vs riciclo è un altro grande tema – spiega Tebaldi -. Le batterie ad uso automotive a fine vita raggiungono ancora uno stato di capacità del 70-80%, allora perché riciclarle quando possono essere ancora utilizzate in altre settori come le rinnovabili?”
Quando si parla di automazione per montaggio e smontaggio del pacco batterie, si deve ovviamente guardare anche al costo e alle difficoltà operative. “Ad oggi – continua Tebaldi – il disassemblaggio è complicato perché alcuni componenti non sono accessibili, una volta montati. Ecco allora che un design uniforme e appropriato sarebbe necessario per implementare sistemi di automazione. Le case automobilistiche hanno diverse misure e tipologie di batterie, questo ci complica la vita”.
“Le batterie agli ioni di litio a fine vita sono una matrice complessa – dice Federica Forte, ricercatrice di Enea – sono sia rifiuto ma più che altro una risorsa. Sono numerose le tipologie di materiale in una batteria agli ioni di litio. Il processo di riciclo – sono diversi quelli possibili – come quello pirometallurgico consente di recuperare la frazione maggiormente remunerativa (cobalto e nickel), ma tutt’ora c’è una mancanza di strategia integrata tesa alla valorizzazione di tutte le componenti del rifiuto. Al laboratorio di Enea ci stiamo occupando di sviluppare processi di valorizzazione di recupero di materiale di batterie a fine vita che tenda anche alla valorizzazione dei reflui di processo”.
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