Mobilitare oltre 15mila alunne e alunni delle scuole di 20 Comuni italiani. E dar vita a una piccola “maratona della sostenibilità” per raccogliere pile portatili esauste e sensibilizzare giovani e famiglie sulla necessità di un corretto conferimento. È questo l’obiettivo della campagna “Energia al Cubo” di Erion Energy, il Consorzio del Sistema Erion dedicato alla gestione dei Rifiuti di Batterie. Inaugurato nel 2022, il progetto ha lanciato la sua seconda edizione a novembre 2023 e in pochi mesi ha prodotto non solo la raccolta di quasi 7.500 chili di batterie scariche, ma una gran quantità di incontri e momenti informativi. Oltre alla ormai nota scatolina gialla distribuita per raccoglie le batterie scariche in casa, nelle 77 scuole coinvolte resteranno a disposizione della comunità altrettante colonnine, per continuare a raccogliere in maniera corretta questa tipologia di rifiuto. Ai 36 istituti che hanno partecipato al concorso, che ha premiato chi ha raccolto il maggior quantitativo di pile esauste con buoni per l’acquisto di materiale scolastico, si aggiungeranno nel corso del 2024 altre scuole, in modo da estendere ogni anno di più il progetto.
Proprio dalla sensibilizzazione e dalle politiche utili a diffondere il riciclo delle batterie ha preso le mosse il confronto con il presidente di Erion Energy Andrea Sanvito, al quale EconomiaCircolare.com ha chiesto di tracciare un quadro aggiornato delle dinamiche che coinvolgono il settore: dall’impegno per la circolarità alle Gigafactory passando per l’attuazione del Regolamenti Ue sulle Batterie entrato in vigore pochi mesi fa.
Presidente Sanvito, il vostro impegno a sensibilizzare i più giovani e le famiglie al corretto conferimento delle pile ha prodotto risultati incoraggianti. Se dovesse stilare un vademecum delle attività da mettere in campo per incrementare l’attenzione verso la raccolta differenziata di pile e accumulatori quali priorità individuerebbe?
Sensibilizzazione dei cittadini sulla raccolta differenziata e facilitazione dei comportamenti virtuosi sono i due pilastri su cui si basa il cambio di paradigma. Il primo punto è stato più volte ribadito in sede europea da parte delle istituzioni che, da diversi anni, continuano a invitare i Sistemi di Responsabilità Estesa del Produttore ad andare oltre i loro obblighi di gestione della compliance normativa per impegnarsi in attività di comunicazione e sensibilizzazione pubblica al fine di far comprendere ai consumatori la centralità della raccolta differenziata dei rifiuti di batterie. I cittadini sono il primo anello dell’economia circolare: se non conferiscono correttamente le loro batterie, i Consorzi non possono raccoglierle. Allo stesso tempo, e qui arriviamo al secondo pilastro, è di primaria importanza facilitare ancora di più le azioni virtuose aumentando le possibilità e i luoghi di conferimento a disposizione dei consumatori. Entrambe le azioni sono a portata di mano, così come è accaduto per la raccolta differenziata dei rifiuti domestici in plastica, carta, vetro, organico e indifferenziato. Se ci pensa, parliamo di un sistema che era una chimera fino a poco più di decennio fa, ma che ora è diventato il centro di un’abitudine così diffusa da rendere l’Italia uno dei primi Paesi in Europa in quanto a percentuali di riciclo.
La scatolina della campagna “Energia al cubo” rappresenta un utile veicolo per sensibilizzare, ma quali sono a suo avviso le iniziative che Comuni e multiutility possono realizzare per facilitare il corretto conferimento? L’impressione è che ci siano ancora troppe poche le informazioni fornite alla cittadinanza e che i punti dove poter conferire le pile siano pochi e mal segnalati… Come giudica le performance di raccolta registrate fin qui?
“Energia al cubo” è un’iniziativa che ha reso tangibili i risultati dell’impegno ambientale dei Produttori di Erion Energy. Nel 2023, il progetto ha coinvolto 77 scuole e oltre 15.500 alunni portando a una raccolta complessiva di pile portatili di 7.432 kg pari al contenuto di 5.000 scatoline gialle. Numeri che hanno generato benefici ambientali rilevanti: quasi 4.000 kg di CO2 non emessi e risparmi di oltre 20.000 m3 di acqua e 201 GJ di energia. Sono indubbiamente risultati incoraggianti, ma rappresentano un contributo e non la soluzione alle grandi sfide di raccolta che abbiamo davanti. Per affrontarle al meglio bisogna far rete non solo con i Comuni e le multiutility, ma anche con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, con le organizzazioni ambientaliste, con le scuole e altri attori della società per aumentare gli sforzi di diffusione della consapevolezza. Secondo un recente studio realizzato da Ipsos per Erion più di un italiano su due, il 55%, dichiara di avere in casa pile scariche e l’8% di questi ammette di non sapere dove e come conferirle correttamente. Inoltre, solo il 39% dei giovani fra i 18 e i 26 anni dichiara di conoscere i rischi specifici connessi a una scorretta gestione di questi rifiuti. Sono solo due dati, ma rendono bene l’idea di quanto ancora ci sia da fare per sensibilizzare gli italiani e renderli consapevoli delle loro azioni in tema di batterie. Da questo punto passa il miglioramento delle prestazioni di raccolta a livello nazionale che, attualmente, è sotto i target europei: su 100 pile vendute in Italia se ne raccolgono circa 30, quando l’obiettivo fissato per il 2027 da Bruxelles è di 63.
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Oltre a migliorare i tassi di raccolta di pile e accumulatori, bisogna anche promuoverne l’effettivo riciclo e la possibilità di reimmettere in circolo le batterie ancora utilizzabili in ambiti meno energivori. Come si posiziona il nostro Paese in queste sfide diverse e complementari?
Anche nel settore delle batterie, il passaggio da un sistema lineare ad uno circolare è fondamentale per garantire la sostenibilità di questi prodotti in un mercato in continua crescita. Secondo i dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, entro il 2030 lo stock globale di veicoli elettrici (esclusi i mezzi a due/tre ruote) crescerà con un tasso medio annuo di quasi il 30% arrivando a toccare un immesso sul mercato di 145 milioni di unità contro le 11 milioni registrate nel 2020. Solo l’Italia, entro il 2030, si troverà a gestire 60.000 tonnellate di batterie all’anno provenienti da veicoli elettrici: un’impresa che potrà avere successo lavorando in diverse direzioni e puntando sul riutilizzo per garantire a questi prodotti una Second Life, e sul riciclo, al fine di mantenere in circolazione le materie prime presenti nelle batterie e limitare, dunque, la necessità di produrne ed estrarne di nuove. In Italia diversi grandi colossi privati stanno puntando sul riciclo con la creazione di megaimpianti per la gestione delle batterie. Quella sul riutilizzo è un’operazione più complessa, data la varietà di batterie in commercio: la ricerca sta facendo grandi passi in avanti ma serve ancora del tempo. In Erion il nostro Team Strategic Development and Innovation è stato impegnato nel progetto Lions2Life che puntava a creare sistemi di stoccaggio con le celle delle batterie dei veicoli elettrici leggeri. Le batterie con uno SOH (State of Health o capacità residua) inferiore all’80% non sono più utilizzabili per muovere i mezzi di trasporto, ma vanno benissimo per l’accumulo di energia. I risultati del progetto hanno evidenziato che l’operazione era possibile, ma i tempi di analisi dello SOH di ogni cella destinata a comporre il sistema di stoccaggio erano davvero troppo lunghi. La ricerca deve accorciare questi tempi.
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Veniamo al quadro europeo. Lo scorso 18 febbraio è entrato effettivamente in vigore il Regolamento Batterie, che stabilisce obiettivi ambiziosi di raccolta. A suo avviso questi obiettivi si possono raggiungere? E a quali condizioni?
Come ho già detto attualmente su cento batterie portatili immesse sul mercato, l’Italia ne raccoglie 33 in meno rispetto al target europeo. Il nuovo Regolamento ha infatti imposto che entro il 2027 si dovrà raccogliere il 63% annuo rispetto al peso medio dell’immesso sul mercato del triennio precedente. Successivamente l’obiettivo passerà al 73% entro il 2030. Per le batterie LMT (Light Means of Transport, per la mobilità leggera) la nuova norma introduce tassi di raccolta pari al 51% entro il 2028 e al 61% entro il 2031. Alle attuali condizioni, tali obiettivi non possono essere facilmente raggiunti dal nostro Paese. Come sempre, quando si parla di rifiuti, la strategia vincente è quella che parte dal cittadino, dalla sua sensibilizzazione ed educazione verso temi come la raccolta differenziata delle pile portatili e la sostenibilità economica, sociale e ambientale della produzione. Aumentare la consapevolezza dei consumatori verso queste questioni li porterebbe a fare di più e meglio con un grande ritorno di flussi per tutti i Consorzi EPR impegnati nella raccolta delle batterie. Dobbiamo rendere il conferimento corretto di una batteria un gesto sentito, cercato e, soprattutto, facile per chiunque. In questo senso la prima idea che mi viene in mente è quella di aumentare i punti di raccolta presenti sul territorio nazionale.
Il Passaporto digitale delle batterie è uno strumento molto importante per la trasparenza e la tracciabilità lungo tutto il ciclo di vita. A che punto siamo in questo ambito in Italia?
Il DPP, Digital Product Passport delle batterie è una delle maggiori novità introdotte dal nuovo Regolamento. Si tratta di un registro elettronico, unico per ogni batteria LMT (per la mobilità elettrica leggera), industriale o EVB (per veicoli elettrici) immessa sul mercato o messa in servizio, che dovrà contenere e riportare informazioni importanti riguardanti gli impatti ambientali generati dalla produzione delle batterie. Parliamo di dati quali l’impronta di carbonio, l’origine dei materiali utilizzati, la loro composizione (comprese le materie prime critiche e le sostanze chimiche pericolose), le prestazioni e i parametri di durata. Queste informazioni saranno rese disponibili attraverso il Sistema di Scambio Elettronico e saranno direttamente collegate al codice QR riportato sulla batteria. L’obiettivo del passaporto della batteria è quello di aumentare la trasparenza dei prodotti lungo le catene di approvvigionamento, consentendo ai consumatori e ai riciclatori, di fare scelte più consapevoli. L’obbligo per le imprese produttrici di mettersi in regola con la nuova norma scatterà dal febbraio del 2027. Attualmente il consorzio Battery Pass è molto attivo sul tema al punto che i ricercatori del Fraunhofer Institute, uno dei membri di tale consorzio, hanno presentato una bozza di Passaporto alla Fiera di Hannover che si è svolta dal 22 al 26 aprile. Vedremo come le aziende accoglieranno questo primo passo in avanti.
Nei mesi passati si è parlato molto della potenzialità offerte dalla nascita di nuove Gigafactory sul suolo italiano: a che punto siamo e quali scenari apre questa tipologia di impianto?
In Italia sono attualmente operative due Gigafactory, a Torino e a Teverola, in provincia di Caserta. Due fiori all’occhiello della nostra industria che, nel prossimo futuro, saranno affiancate da nuovi player di mercato. Una delle Gigafactory più attese è quella di Termoli, in Molise, che dovrebbe essere operativa dal 2026. Inoltre, si parla di un importante progetto da realizzare in Emilia-Romagna entro il 2030. In attesa di vedere quanti impianti verranno effettivamente realizzati in Italia, possiamo sicuramente affermare che il livello d’innovazione che ognuno di essi porterà farà crescere il nostro Paese da diversi punti di vista. Il primo è sicuramente quello economico e sociale, visto che la forza lavoro impiegata nelle Gigafactory e nelle aziende dell’indotto, rientra nell’ordine delle migliaia di persone. In secondo luogo, produrre batterie in casa, o addirittura riciclarle, diminuirebbe la nostra dipendenza dalle importazioni estere sia di batterie che delle materie prime impiegate per costruirle. Se il futuro sarà davvero elettrico – e con buone probabilità lo sarà – le Gigafactory saranno uno dei perni su cui costruirlo.
La ricerca in questo ambito promette di introdurre soluzioni sempre più efficienti e a buon mercato, con impatti minimizzati. Quali sono a suo avviso le novità più interessanti? Siamo destinati ad essere colonizzati dall’offerta cinese?
Nel campo del riciclo e della produzione delle batterie la Cina è leader a livello mondiale perché impegnata da anni in un settore, come la mobilità elettrica, su cui l’Europa è al lavoro solo da qualche anno. L’Ue, però, continua a spingere sulla transizione energetica in più direzioni: una di questa è la ricerca per l’innovazione sulla quale sono attivati diversi programmi di finanziamento per progetti che coinvolgono il fior fiore dei tecnici, dell’industria, dell’università e delle aziende europee che, come Erion, conoscono bene il ciclo di vita dei prodotti. Questa tendenza alla ricerca, unita agli sforzi tecnologici e alla creazione di impianti potrebbero garantirci in futuro di essere al sicuro dal pericolo di “essere colonizzati” dal mercato cinese. Ovviamente, per rendere certa la nostra indipendenza produttiva e di approvvigionamento di materie prime, l’unica strada da seguire è quella che prevede una strategia integrata che parta dal riciclo su larga scala delle materie provenienti dalle batterie e contempli una produzione e una diffusione all’interno del mercato europeo di nuovi prodotti sicuri, certificati, riutilizzabili e riciclabili.
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