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domenica, Dicembre 15, 2024

Batterie, cos’è la carbon footprint e perché è cruciale per il nuovo Regolamento europeo

Tra le misure contenute nel nuovo Regolamento è inclusa una in cui si prende in considerazione l’impronta di carbonio. Ma cos’è la carbon footprint e perché potrebbe rivoluzionare il mercato europeo delle batterie? Lo spiega Giovanni Dotelli, docente di Ecodesign the Future Battery edition

Silvia Santucci
Silvia Santucci
Giornalista pubblicista, dal 2011 ha collaborato con diverse testate online della città dell’Aquila, seguendone le vicende post-sisma. Ha frequentato il Corso EuroMediterraneo di Giornalismo ambientale “Laura Conti”. Ha lavorato come ufficio stampa e social media manager di diversi progetti, tra cui il progetto “Foresta Modello” dell’International Model Forest Network. Nel 2019 le viene assegnata una menzione speciale dalla giuria del premio giornalistico “Guido Polidoro”

Il nuovo Regolamento per le batterie è alle porte. Secondo quanto riportato da Mattia Pellegrini, capo unità della Direzione generale Ambiente alla Commissione europea, entro marzo il testo definitivo sarà pronto e immediatamente applicativo per tutti gli Stati membri.

Tra le misure contenute nel nuovo Regolamento è inclusa una in cui si prende in considerazione l’impronta di carbonio relativa alle batterie industriali – ad esempio quelle che vengono utilizzate all’interno delle aziende per alimentare macchine di movimentazione come i muletti elettrici – e alle batterie per veicoli elettrici. Come si legge nella bozza del Regolamento, l’Europa deve decidere se puntare su un “livello di ambizione medio” che consiste nella dichiarazione obbligatoria dell’impronta di carbonio, oppure su un livello di ambizione più elevato, che prevede di introdurre delle classi di prestazione delle batterie rispetto all’impronta di carbonio e individuare delle soglie massime, oltre le quali le batterie non possono entrare nel mercato europeo.

Anche se ci si orienterà verso il primo obiettivo, si tratta comunque di un cambiamento radicale che vedrà, per ogni batteria immessa sul mercato europeo, una sorta di “carta d’identità” sulla quale dovrà essere indicata anche l’impronta di carbonio o, in inglese, carbon footprint. Questo parametro diventerà centrale nella nuova direttiva, è necessario dunque capire di cosa si tratta e quali benefici ne possono derivare.

Di questo si è parlato nel corso dell’ultima lezione di Ecodesign the Future Battery edition –  il workshop di alta formazione di EconomiaCircolare.com in collaborazione con Erion Packaging – tenuta da Giovanni Dotelli, professore di Scienza e Tecnologia dei Materiali al Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “G. Natta” del Politecnico di Milano.

“Tutto questo ha sollevato un grande interesse e, in qualche caso, preoccupazione – ha spiegato Dotelli – perché potrebbe mettere uno stop ad un produttore ritenuto non sostenibile: tutto comincia a collocarsi in un’ottica di sostenibilità”.

Ma facciamo un passo indietro.

Leggi anche: Batterie, con il nuovo Regolamento l’Unione Europea si prepara al futuro dell’elettrico

Cos’è la carbon footprint di prodotto (CFP)?

La carbon footprint of products (CFP) o carbon footprint (CF) è la somma delle emissioni di gas climalteranti e delle rimozioni di gas ad effetto serra tramite attività naturali e antropiche (come i sistemi di cattura e stoccaggio di carbonio, CCS).

L’impronta di carbonio prevede quindi sia impatti positivi, cioè le emissioni in atmosfera ma anche impatti negativi, cioè la rimozione di gas a effetto sera. Si esprime in biossido di carbonio equivalente (CO2e) e si basa sull’analisi del ciclo di vita, ma – e qui sta la differenza con un’analisi LCA, che invece vanta una certa completezza – utilizzando come unica categoria di impatto quella dei cambiamenti climatici.

Per calcolare l’impronta di carbonio durante il ciclo di vita è necessario prendere in considerazione i materiali del prodotto in questione, l’energia e i materiali ausiliari utilizzati in un determinato stabilimento per produrre quel modello di batteria. In particolare, occorre identificare con precisione i componenti elettronici (ad esempio le unità di gestione o di sicurezza delle batterie) e i materiali catodici, in quanto possono risultare il fattore determinante nel calcolo.

Per quanto riguarda l’impronta di carbonio di prodotto, ha spiegato Dotelli, la norma di riferimento è la ISO 14067 del 2018: “quella che prima era un technical report e non permetteva di certificare è diventata norma a tutti gli effetti nel 2018, è stata redatta dalla ISO ma l’Europa l’ha fatta sua, spiegando come si fa un’impronta di carbonio di prodotto, in particolare delle batterie”.

L’unica differenza tra la definizione data nel 2018 dall’ISO, rispetto a quello che c’è nel nuovo Regolamento è proprio che è necessario utilizzare lo studio sull’impronta ambientale di prodotto, in inglese Product Enviromental Footprint (PEF)”.

Leggi anche: Regolamento batterie, “a dicembre l’accordo politico e da aprile obbligatorio in tutti gli Stati”

Cos’è l’impronta ambientale di un prodotto?

Fino al 2013 in Europa c’era la possibilità che ci fosse una difficile comparabilità tra due studi LCA effettuati da enti diversi, seppur perfettamente conformi alla norma ISO, dunque ci si è orientati verso una regolamentazione differente da quella della ISO per fare l’analisi di ciclo di vita: l’impronta ambientale dei prodotti o, in inglese, Product Enviromental Footprint (PEF). Si tratta di un’analisi di ciclo di vita che, spiega ancora Dotelli, ha dei gradi di libertà molto più bassi rispetto a LCA. In pratica: “chi fa una PEF ha alcuni requisiti da rispettare che, in un’un’analisi LCA cogente con la ISO non sono necessari, in particolare sulla tipologia dei dati e sulla modalità del calcolo”.

L’impronta ambientale dei prodotti non coincide con l’impronta di carbonio perché considera un ampio numero di fattori di impatto ambientale: è una misura che, sulla base di vari criteri, indica le prestazioni ambientali di un prodotto o un servizio nel corso del suo ciclo di vita.

Lo scopo della PEF è quello di ridurre gli impatti ambientali di prodotti e servizi, tenendo conto delle attività della catena di approvvigionamento: dall’estrazione di materie prime, alla produzione, all’uso e alla gestione finale dei rifiuti.

L’impronta ambientale dei prodotto dà indicazioni su come effettuare un’analisi di ciclo di vita conforme al modello ISO ma con regole più stringenti: queste sono specificate nelle regole di categoria di prodotto o Product Environmental Footprint Category Rules (PEFCR), ovvero regole dedicate ad una specifica categoria di prodotto.

Quindi anche la PEF è un’LCA e ne prevede tutte le fasi:

  • obiettivi e campi di applicazione
  • analisi dell’inventario
  • analisi dell’impatto
  • interpretazione

La prima cosa da analizzare è cosa si va a studiare, in questo caso una batteria. Attraverso un’analisi del ciclo di vita si può studiare qualunque attività umana ma non gli eventi naturali.

Il product system o sistema di prodotto è l’oggetto di studio, ovvero ciò che viene analizzato con la LCA. Un product system può essere: un prodotto (batteria), un processo (produzione di un combustibile), un servizio (come la raccolta di rifiuti a fine vita).

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L’andamento dell’impronta di carbonio per le batterie

Non sorprende che, tra l’avanzamento e l’efficientamento delle tecnologie e l’uso più frequente delle rinnovabili, l’impronta di carbonio delle batterie sia, al di là delle imposizioni che arriveranno dall’Ue, in netto miglioramento.

Secondo uno studio svedese, dal 2017 al 2019 la carbon footprint delle batterie delle auto elettriche si era ridotto drasticamente raggiungendo un range di valori compresi tra 61-106 kg CO2 per kWh di capacità prodotta.

Secondo i dati di uno studio commissionato da Transport & Environment (T&E) a Minviro, basato proprio sull’impronta di carbonio, le batterie a elettroliti solidi sarebbero più sostenibili, secondo questo parametro rispetto alle batterie tradizionali: in queste l’impronta di carbonio si riduce del 25% rispetto alle omologhe tradizionali e, fino a quasi il 40%, se le materie prime sono approvvigionate nel modo più sostenibile.

Tenere traccia delle prestazioni ambientali delle batterie potrà poi rivelarsi utile anche per ulteriori ricerche in ambito ambientale: uno studio pubblicato su Nature è partito proprio dalle prestazioni ambientali delle batterie agli ioni di litio per indirizzare lo sviluppo tecnologico sull’accumulo di energia verso obiettivi di sostenibilità.

 Leggi anche: Il nostro Speciale Batterie

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