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L’economia circolare è ricca di opportunità per l’ambiente costruito, termine con cui in ambito urbanistico e accademico ci si riferisce al contesto urbano e al comparto dell’edilizia. Il principale beneficio è legato, naturalmente, al recupero dei materiali che: abbatte i costi delle nuove costruzioni, in quanto riduce la necessità di materie prime vergini, accelera le tempistiche nei cantieri – diminuendo il costo del lavoro e aumentando al tempo stesso l’occupazione – e accresce il valore degli edifici, perché anche una volta demoliti sono una risorsa di materiali.
I vantaggi ambientali sono noti: la circolarità aiuta a tagliare le emissioni incorporate di carbonio dell’edilizia – sia in fase di costruzione sia a monte nell’estrazione e produzione dei materiali –, riduce drasticamente la mole dei rifiuti legati all’edilizia e rende superfluo il ricorso ai crediti di carbonio, di cui sono stati evidenziati i limiti. Un report pubblicato dalla società di consulenza McKinsey frutto della collaborazione con il World Economic Forum sottolinea anche i notevoli vantaggi economici e invita le aziende del settore a investire nell’economia circolare.
Gli effetti positivi dell’economia circolare si estendono all’intera filiera, un tema particolarmente sensibile nell’attuale contesto di innalzamento dei dazi: “Rendere locale l’approvvigionamento dei materiali – fanno notare i consulenti McKinsey autori del report – può rafforzare la resilienza delle catene di fornitura, riducendo la dipendenza dai flussi transfrontalieri”.
L’ambiente costruito: impatti ambientali e occasioni economiche
Una serie di dati all’inizio del report permettono di inquadrare il contesto: l’ambiente costruito è responsabile di quasi il 40% delle emissioni globali di CO₂ legate all’energia e produce circa un terzo dei rifiuti mondiali, cifre che continuano ad aumentare trainate dalla rapida urbanizzazione e dalle ristrutturazioni. Oltre un quarto delle emissioni globali di CO₂ proviene dal settore dell’edilizia. Mentre l’economia circolare fatica a decollare. Solo l’1% dei materiali provenienti dalle demolizioni degli edifici viene riutilizzato. Il resto del calcestruzzo, dell’acciaio e di altri materiali preziosi diventa rifiuto. L’economia circolare potrebbe, invece, ridurre del 13% le emissioni di carbonio incorporate nell’ambiente costruito entro il 2030 e di quasi il 75% nel 2050.
Al tempo stesso il comparto dell’edilizia è uno dei principali settori industriali al mondo, con un valore totale di 14.000 miliardi di dollari (il 13% del Pil globale) che potrebbe salire a 22.000 miliardi di dollari entro il 2040 e assorbe il 12% dell’occupazione globale. Orientare queste risorse in un’ottica più sostenibile potrebbe fare davvero la differenza: secondo McKinsey attualmente il valore globale dell’ambiente costruito si avvicina già ai 2000 miliardi di dollari e, perciò, “cresce l’opportunità di rivoluzionare l’allocazione e il flusso delle risorse edilizie attraverso la circolarità”.
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Circolarità nelle nuove costruzioni: al centro il riutilizzo dei materiali
Il riutilizzo, la rigenerazione e il riciclo dei materiali è fondamentale per una transizione verso l’economia circolare nell’edilizia. Nel report della McKinsey sono stati calcolati i guadagni in termini di riduzione di emissioni e risparmio economico per ciascuno dei principali materiali utilizzati nell’edilizia. Il cemento e il calcestruzzo contribuiscono al 30% delle emissioni di CO₂ legate ai materiali da costruzione. Le strategie circolari possono ridurre del 96% le emissioni incorporate di CO₂ del cemento entro il 2050.
Sottoprodotti industriali come ceneri volanti, pozzolane e scorie possono essere riutilizzati come materiali cementizi, contribuendo alla riduzione delle emissioni di carbonio e al consumo di materiali. Altre due strategie sono prolungare la vita utile delle strutture in calcestruzzo e ridurre i rifiuti, utilizzando materiali che altrimenti verrebbero scartati, come lastre in calcestruzzo armato già tagliate, ottenendo una riduzione fino all’80% delle emissioni di gas serra iniziali. Il valore netto aggiunto derivante dalla circolarità nel cemento e nel calcestruzzo è stimato intorno ai 10 miliardi di dollari nel 2030 e 122 miliardi di dollari nel 2050.

L’acciaio è già facilmente riciclabile: può essere fuso e riutilizzato più volte senza perdere la sua integrità. Di fatto, quasi il 25% dei minerali metallici è stato riciclato nel 2023. Il passaggio alla produzione di acciaio tramite forni elettrici ad arco e una maggiore raccolta di rottami può evitare fino al 60% delle emissioni totali di CO₂ associate all’acciaio entro il 2050, con un valore netto stimato in 27 miliardi di dollari nel 2030 e 61 miliardi di dollari nel 2050.
L’adozione di carburanti alternativi nel processo di produzione, la progettazione per il riutilizzo e l’aumento dell’impiego di materiali riciclati possono ridurre fino all’89% le emissioni di CO₂ associate all’alluminio entro il 2050 per un valore compreso tra 16 e 31 miliardi di dollari nel 2030 e tra 20 e 42 miliardi di dollari nel 2050. L’utilizzo di carburanti alternativi e la progettazione per il riutilizzo e la modularità è anche la via maestra per ridurre fino al 62% le emissioni di CO₂ legate alle plastiche da costruzione entro il 2050, per un valore compreso tra 7 e 20 miliardi di dollari nel 2030 e tra 38 e 112 miliardi di dollari nel 2050.
L’aumento dell’uso di cullet (vetro di scarto frantumato per produrre nuovo vetro) e la progettazione per il riutilizzo e la modularità possono ridurre fino al 41% delle emissioni di CO₂ associate al vetro piano entro il 2050, per un valore netto derivante dalla circolarità di 3 miliardi di dollari nel 2030 e tra 16 e 25 miliardi di dollari nel 2050. Infine, con i pannelli in cartongesso il riciclo (sebbene nella forma di downcycling) e l’impiego di energia rinnovabile possono ridurre le emissioni di CO₂ fino al 31% entro il 2050, per un valore netto aggiunto di 1 miliardo di dollari nel 2030 e 4 miliardi di dollari nel 2050.
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Circolarità nelle demolizioni: gli edifici come miniere urbane
Il cosiddetto “urban mining” nell’ambiente costruito prevede l’estrazione e il riutilizzo di materiali edilizi preziosi durante la fase di demolizione, nelle ristrutturazioni o ammodernamenti. Questa attività continuerà ad essere centrale perché la quantità di materiali impiegati nelle costruzioni crescerà del 33% entro il 2040, generando un maggior volume di materiali da recuperare. Diverse città europee hanno avviato iniziative per ampliare l’attività di estrazione mineraria urbana considerando gli edifici come fossero “banche di materiali”.
Le imprese edili hanno la possibilità di massimizzare il riutilizzo delle risorse esistenti grazie a nuovi strumenti come le tecnologie digitali. Il passaporto digitale dei prodotti edilizi, ad esempio, consente una maggiore tracciabilità dei materiali. I gemelli digitali creano trasparenza dei dati, supportano il tracciamento delle specifiche dei materiali, acquisiscono informazioni sulla manutenzione e gestione, e aiutano a pianificare il ciclo di vita dei materiali da costruzione, garantendo la massima efficienza e uno spreco minimo.
La tecnologia di mappatura spaziale può fornire modelli 3D degli asset esistenti, fornendo ai progettisti informazioni geometriche e sui materiali importanti fin dalle fasi iniziali di un progetto. Gli algoritmi di progettazione generativa possono ottimizzare nuovi edifici, massimizzando l’uso di materiali da costruzione riutilizzati e di seconda mano in base a ciò che è disponibile localmente, mentre i mercati digitali dei materiali possono incoraggiare e facilitare la vendita e l’acquisto di questi materiali.
Riqualificare l’ambiente costruito: un’occasione per la circolarità
Ristrutturare, rinnovare, riqualificare e ammodernare edifici esistenti sono tutti esempi di miglioramento dell’utilizzo delle risorse, che consentono di allungare la vita utile di materiali e prodotti da costruzione o di aumentarne il numero di utilizzi. Il repurposing, in particolare, è un tipo di ristrutturazione che cambia la funzione di un edificio, ad esempio trasformando un ufficio non più utilizzato o un centro commerciale dismesso in abitazioni. Riutilizzando una struttura esistente, è possibile preservare i materiali senza intaccare il loro valore, ridurre il fabbisogno di nuovi materiali ed evitare le emissioni di carbonio incorporate aggiuntive.
Un altro tipo di riqualificazione dell’ambiente costruito con notevoli potenzialità è l’ammodernamento energetico, che prevede la sostituzione di alcuni elementi delle abitazioni come rivestimenti, infissi, sistemi isolanti, tetto e sistemi di riscaldamento, ventilazione, raffreddamento e illuminazione per aumentarne l’efficienza. Si tratta di un tema centrale: nell’Unione Europea, il 75% del patrimonio edilizio, pari a oltre 220 milioni di edifici, è classificato come inefficiente dal punto di vista energetico.
Prolungare la vita utile degli edifici attraverso la riqualificazione energetica potrebbe ridurre le loro emissioni totali di carbonio dal 50 al 75% rispetto alle nuove costruzioni e può far risparmiare fino al 77% dei costi rispetto agli edifici completamente nuovi. Gli esperti prevedono un boom negli interventi di riqualificazione energetica, un mercato con una crescita prevista intorno all’8% annuo, passando dagli attuali 500 miliardi di dollari fino a 3.900 miliardi entro il 2050, fino a rappresentare quasi il 25% dell’intero valore del mercato edile. Tuttavia, questo mercato dovrà anche affrontare due sfide ambientali: l’estrazione di materiali vergini e la generazione di rifiuti derivanti dalla rimozione e sostituzione di materiali che potrebbero ancora avere una vita utile.
Ecco perché l’economia circolare è centrale anche in questa fase: “Esiste un’opportunità perché una parte consistente dei materiali derivanti dagli interventi possa essere reimmessa nella catena del valore, sia attraverso il riutilizzo diretto in loco, sia attraverso un mercato secondario. Stimiamo che il 50% dei materiali rimossi dagli edifici durante gli ammodernamenti dal 2023 al 2050 potrebbe essere messo nuovamente in circolo. Il che corrisponderebbe a 600 miliardi di dollari di materiali sottratti alle discariche nel 2050”, scrivono gli autori del report.
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Nuove opportunità commerciali per l’edilizia
Non si tratta dell’unica opportunità di business legata alla circolarità secondo gli esperti della McKinsey. Il trading di futures sui materiali edili, ad esempio, è un concetto emergente che valuta gli asset considerando il valore futuro dei materiali e crea un mercato per la loro vendita a fine vita dell’edificio. Attualmente, la valutazione degli edifici non considera il valore residuo dei materiali da costruzione. Questi strumenti finanziari, quindi, permettono ai venditori di ottenere valore aggiuntivo e ai compratori di acquistare materiali usati a prezzi vantaggiosi, proteggendosi dall’inflazione e rischi di fornitura.
Secondo McKinsey, inoltre, la maggioranza delle imprese edili sarà disposta a pagare un premio per materiali green, soprattutto se scarsi, entro il 2030. Fornitori possono offrire materiali come servizio a noleggio, usare scarti come materie prime per altri settori, e adottare modelli finanziari innovativi come pay-per-use o abbonamenti per incentivare il riuso. Le aziende di logistica possono offrire servizi di logistica inversa per le imprese edili e i produttori di materiali da costruzione, utilizzando i viaggi di ritorno dai cantieri per rimuovere materiali destinati al riciclo. Le aziende di materiali da costruzione possono offrire servizi a valore aggiunto, come ad esempio rinforzi per strutture in calcestruzzo, che rappresentano nuove opportunità di business e al tempo stesso riducono costi e impatti ambientali.
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