giovedì, Novembre 6, 2025

Carne e metano in atmosfera: i supermercati stanno nascondendo le loro emissioni

Un report di Changing Markets Foundation e Mighty Earth analizza le emissioni di metano di 20 catene di supermercati. Il risultato? Un enorme buco di informazioni chiave per il riscaldamento globale

Lorenzo Bertolesi
Lorenzo Bertolesi
Autore e attivista con base a Milano. Ha una laurea in filosofia con una tesi (vincitrice di una borsa di studio) nell'ambito "Human-animals studies". Lavora nella comunicazione digitale da anni, principalmente per diverse ONG come ufficio stampa, copywriter e occupandosi della gestione dei social. Ora è un freelance che, insieme al collettivo Biquette, si occupa di comunicazione digitale per progetti ad impatto sociale. Addicted di Guinness e concerti (soprattutto punk), nel tempo libero viaggia con il suo furgoncino hippie camperizzato insieme alla cagnolina Polly

La maggior parte del cibo che ognuno di noi consuma proviene dai supermercati – certo, non tutto, esistono i GAS (gruppi di acquisto solidale), i mercati, gli acquisti direttamente dai produttori. Però, come riporta una ricerca fatta da The European House – Ambrosetti dedicata alle abitudini dei “consumatori”, circa il 60% delle persone sceglie il supermercato per acquistare il cibo, in particolare i discount.

È chiaro che di fronte a questo scenario la GDO (grande distribuzione organizzata) ha quindi un ruolo centrale nel nostro sistema alimentare e – quindi – anche nel dettare eventuali policy più sostenibili di altre. Mi spiego meglio: ogni alimento che compriamo nei supermercati arriva sul nostro tavolo dopo una lunga catena che coinvolge: l’agricoltura e l’allevamento, la trasformazione, il trasporto (spesso più di uno) e la vendita. E dato il peso che hanno i supermercati in questa catena, è chiaro che, data lo loro centralità, le scelte sull’approvvigionamento delle materie prime e dei prodotti venduti hanno un grosso impatto sulle emissioni.

E cosa fanno? A quanto pare nascondere il metano sotto la coperta, secondo il nuovo rapporto Clean Up on Aisle 3 della Changing Markets Foundation e della Mighty Earth. Questo rapporto analizza 20 delle principali insegne dei supermercati mondiali – come Carrefour, Aldi, Tesco e così via – e mostra, in modo molto desolante, come abbiano fissato obiettivi di riduzione delle emissioni metano (generici), senza però tenere conto del metano legato ai prodotti animali venduti.

Emissioni di metano, carne e supermercati

Prima di andare nel dettaglio di questo importante report spendiamo due parole sul metano. Si tratta di uno dei principali gas a effetto serra che contribuisce in modo chiave alla crisi climatica. Inoltre, nonostante sia il secondo gas serra più presente in atmosfera rispetto alla CO2, ha un effetto climalterante più elevato nel breve periodo: ha un potenziale di riscaldamento 80 volte più alto rispetto alla CO2 nel periodo di 20 anni, ed è responsabile di circa 0,5°C dell’attuale riscaldamento globale, e ha prodotto il 25% di quello già avvenuto. Non è un caso che alla COP26 sia stato siglato da oltre 160 paesi il Global Methane Pledge, che mira a ridurre del 30% le emissioni entro il 2030. 

Bene, cosa c’entrano però i supermercati con il metano? Perché il metano non viene solo dai combustibili fossili, bensì anche dal settore agricolo – anzi, principalmente da questo. Circa il 60% delle emissioni antropiche viene infatti dalla produzione di carne e latticini – cioè dall’allevamento di animali.

Attraverso la vendita massiccia di prodotti animali a basso prezzo, i supermercati sono quindi direttamente connessi quindi a questi emissioni di metano.

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Quanto metano emettono i supermercati?

Come abbiamo accennato, il nuovo rapporto della Changing Markets Fondation analizza le 20 principali sigle dei supermercati mondiali per vedere cosa stanno facendo per ridurre le loro emissioni di metano. E i dati sono molto preoccupanti.

Come prima cosa, nascondono le loro reali emissioni proprio relative a carne e latticini. Nelle loro reportistiche relative alle loro emissioni tutti i supermercati analizzati ignorano le emissioni Scope 3 di metano, tra cui appunto l’alta quota relativa al metano proveniente dai prodotti animali che vendono.

Due parole su cosa significa “Scope 3”. Scope 1, Scope 2 e Scope 3 sono categorie usate per classificare le emissioni delle aziende. Scope 1 indica le emissioni dirette – nel caso dei supermercati parliamo dell’energia elettrica per illuminare e riscaldare o raffreddare i punti vendita, o le emissioni dei veicoli che consegnano le merci. Scope 2 invece le emissioni indirette legate all’energia (quindi da chi compra l’energia che serve per appunto i punti vendita). Scope 3 invece sono le emissioni indirette che si verificano lungo la catena di approvvigionamento oltre che le emissioni che si generano attraverso l’uso dei prodotti da parte dei consumatori. In questo caso, un esempio di Scope 3 è tutto il metano che deriva dalla produzione, trasporto e trasformazione di carne e latticini.

Bene, secondo il report di cui stiamo parlando le Scope 3 sono le emissioni di metano più impattanti per i supermercati. Eppure loro nei report riportano solo le emissioni Scope 1 e Scope 2, che però rappresentano solo il 7% delle emissioni totali. Questi 20 supermercati non hanno quindi neanche un reporting chiaro e trasparente delle proprie emissioni da Scope 3, quindi non esistono dati legati alle emissioni di metano legate a carne e latticini: è un enorme buco di informazioni chiave.

metano clima GDO supermercati 1
Clean Up on Aisle 3

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I supermercati hanno degli obiettivi di riduzione del metano?

Altra importante lacuna riguarda l’assenza di obiettivi concreti e strategie per ridurre le emissioni di metano. Ce ne sono alcuni che hanno promesso di raggiungere le emissioni nette a zero entro il 2050 – come Walmart, Tesco, Carrefour – ma ancora una volta senza indicare obiettivi specifici per quel che riguarda il metano, quindi ancora una volta legata a carne e latticini.

È bene sottolinearlo che quindi nessuno dei 20 supermercati presi in esame dal report ha reso pubblici dei piani chiari, specifici e trasparenti sulla riduzione del metano. Questo non stupisce molto, a pensarci: nascondendo le loro emissioni Scope 3 (quindi quelle legate al metano delle loro catene di approvvigionamento) il metano non viene considerato un problema – e quindi non viene preso in considerazione pubblica la sua riduzione.

Qualcosa però c’è – vale la pena sottolinearlo, anche se è insufficiente. Alcuni supermercati hanno parlato degli additivi nei mangimi per il bestiame, così da ridurre le emissioni di metano. Peccato che sembrano più impegni presi sulla carta. Per esempio Tesco ha iniziato a testare alcuni additivi, ma non è chiaro come scalerà questa cosa dalle emissioni dei suoi fornitori – né ha messo a disposizioni finanziamenti specifici. Idem Carrefour e Migros. In questo caso poi, è bene sottolineare che questa soluzione è una mossa di greenwashing che non porta davvero a soluzioni concrete.

Considerando quindi tutti questi elementi, il report ha “dato dei voti” ai supermercati, basati su 18 indicatori in cinque categorie (trasparenza e reporting delle emissioni, obiettivi di riduzione del metano, iniziative per la riduzione delle emissioni, promozione di alternative proteiche vegetali, incentivi e responsabilità aziendale). Risultato? Tutti bocciati, il punteggio più alto l’ha ottenuto Tesco, con 51 punti su 100 (insomma, un’insufficienza).

metano clima GDO supermercati
Clean Up on Aisle 3

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Cosa dovrebbero fare i supermercati per ridurre le loro emissioni di metano?

Ci sono tante cose però che i supermercati potrebbero fare per cambiare le cose. Come confermano tanti altri studi, che il report di Changing Markets raccoglie, la via più efficace per ridurre le emissioni di metano Scope 3 per i supermercati è la promozione di proteine vegetali al posto di carne e latticini. Un dato su tutti per capire l’impatto di questa opzione: un cambiamento del 50% delle vendite di proteine vegetali nei principali rivenditori potrebbe ridurre le emissioni di metano pari a quelle di 25 milioni di auto in Europa (a Roma ci sono 1,77 milioni di auto, per dare un contesto). 

L’organizzazione Madre Brava, in un report pubblicato in Germania, fa un confronto tra diverse strategie. Analizza le riduzioni di emissioni se i supermercati dovessero attuare tre strategie diverse:

  • transizioni verso un’alimentazione più vegetale
  • il miglioramento delle pratiche agricole dei fornitori
  • la riduzione dello spreco alimentare

Sostituire il 30% di carne e latticini con alternative vegetali può tagliare 16 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (MtCO2) risulta la strategia più efficace e conveniente. Infatti l’attuazione di pratiche agricole (come nuovi mangimi, meno fertilizzanti ed elettrificazione dei macchinari) riduce di 9,1 MtCO2e, è più costosa e richiede più investimenti. La riduzione dello spreco alimentare, attraverso l’ottimizzazione dei processi interni, è la scelta che costa di meno, ma anche un impatto ambientale minore (solo 0,34 MtCO2 equivalente)

Per questo il report di Changing Markets Foundation si conclude con alcune raccomandazioni chiave per i supermercati, che dovrebbero:

  • fissare una riduzione di almeno il 30% delle emissioni di metano entro il 2030;
  • aumentare la percentuale di proteine vegetali nei loro punti vendita – con un rapporto di 60% di proteine vegetali e 40% di animali entro il 2030;
  • rendere le proteine vegetali più accessibile ai consumatori – con un prezzo paritario – e puntare su una comunicazione che spinga all’acquisto di questi prodotti.

Di fronte a queste raccomandazioni non possiamo altro che fermarci un attimo. Spesso vengono responsabilizzati o colpevolizzati solo i consumatori, noi persone, a cui viene dato tutto il peso di fare scelte sostenibili. Bene, iniziamo a prendere consapevolezza che noi siamo appunto solo l’ultimo anello di una catena lunga e pesante, e non siamo noi che di fatto deteniamo il potere di cambiare le cose, perché c’è chi sicuramente ha più peso di ognuno di noi. Un esempio sono i supermercati. Forse dovremmo iniziare a chiedere a loro di attuare delle politiche, smettendoci di farci fare i salti mortali per provare a consumare in modo più sostenibile.

© Riproduzione riservata

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