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sabato, Novembre 30, 2024

Combustibili sintetici e biocarburanti: così l’Europa punta a decarbonizzare il settore aereo

Nell'ambito del pacchetto Fit for 55 le negoziazioni tra Consiglio e Parlamento hanno portato a un accordo significativo per decarbonizzare il settore dell'aviazione. Tra i carburanti sostenibili ampio spazio ai carburanti sintetici, mentre vengono definite le materie prime da usare per i biocarburanti

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Redazione EconomiaCircolare.com

L’assist ai biocarburanti arriva dall’Unione europea. Ma è un assist pieno di condizioni da rispettare. Dovrà essere insomma brava l’Italia, il Paese che più di tutti spinge per un uso diffuso dei biocarburanti, a saperlo sfruttare. Nell’ambito del pacchetto Fit for 55 lo scorso martedì le negoziatrici e i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio europeo hanno concordato di aumentare l’adozione di carburanti sostenibili, come i biocarburanti avanzati o l’idrogeno, nel settore dell’aviazione. Sono state stabilite le quote minime nonché le caratteristiche dei carburanti sostenibili da usare negli aeroporti dell’Unione europea, in modo da ridurre le emissioni e garantire che l’Ue diventi climaticamente neutra entro il 2050.

Inoltre per promuovere ulteriormente la decarbonizzazione del settore dell’aviazione e informare il pubblico, le deputate e i deputati dell’Unione hanno assicurato che a partire dal 2025 ci sarà un’etichetta Ue per le prestazioni ambientali dei voli. Le compagnie aeree potranno commercializzare i loro voli con un’etichetta che indichi l’impronta di carbonio prevista per passeggero e l’efficienza di CO2 prevista per chilometro. Ciò consentirà ai passeggeri di confrontare le prestazioni ambientali dei voli operati da compagnie diverse sulla stessa rotta. Si tratta comunque, è bene chiarirlo, di un accordo informale che deve ancora essere approvato dal Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio e dalla commissione per i trasporti e il turismo del Parlamento, quindi dal Consiglio e dal Parlamento nel loro insieme. Ma è comunque un passo in avanti significativo.

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Quando i biocarburanti sono davvero sostenibili?

La legge sui carburanti verdi per l’aviazione, nota come ReFuelEU, stabilisce che dal 2025 tutti i voli in partenza da un aeroporto dell’Unione europea saranno obbligati ad aumentare una quota minima di carburanti sostenibili per l’aviazione (noti con l’acronimo SAF), a partire dal 2% nel 2025. Nel 2030 la percentuale salirà al 6% e gradualmente al 70% entro il 2050.

Questi obiettivi includeranno i requisiti per i combustibili sintetici (e-kerosene), promossi soprattutto dalla Germania mentre l’Italia, come è noto, punta più sui biocarburanti di seconda generazione, su cui Eni si è ritagliata un ruolo di primo piano. È importante sapere che nell’accordo firmato martedì è stato dato un quadro più preciso su cosa rende sostenibili i biocarburanti. Sono state infatti escluse alcune delle materie prime più discusse e controverse, come i sottoprodotti dell’olio di palma e l’uso intensivo delle colture alimentari. Tra i biocarburanti sostenibili sono inclusi invece i prodotti da residui agricoli o forestali, alghe, rifiuti organici, olio da cucina usato o determinati grassi animali e carburanti riciclati prodotti da gas di scarico e da rifiuti di plastica.

Un ventaglio, come si nota, piuttosto ampio, che lascia ampi margini di manovra e su quali però dovranno essere effettuate valide analisi LCA: su molte delle materie prime definite dall’accordo, infatti, sono in corso sperimentazioni e progetti pilota che fino a questo momento non hanno portato risultati apprezzabili a livello industriale.

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Sì ai carburanti sintetici, nì ai biocarburanti

Risultato positivo ma c’è ancora molto da fare: potrebbe sintetizzarsi così il commento di Transport & Enviroment, una delle più e apprezzate ong che si occupa di mobilità sostenibilità. Se da una parte si esulta per l’ingresso dei carburanti sintetici, che anzi rispetto alle indicazioni della Commissione, sono ulteriormente aumentati in percentuale, su un altro versante lascia qualche preoccupazione la scelta, appunto, di includere alcune materie prime per i biocarburanti.

“I fornitori di carburante potrebbero non essere in grado di raggiungere gli obiettivi con grassi animali e olio da cucina usato (UCO), entrambi con disponibilità limitata – si legge nel comunicato stampa – I grassi animali sono sottoprodotti del processo di macellazione degli animali. La loro inclusione rischia di creare carenze in altri settori che già li utilizzano, come l’industria del cibo per animali domestici. L’olio di palma è molto spesso il sostituto scelto per i grassi animali. I negoziatori non hanno fissato un limite all’uso dell’UCO, il che potrebbe portare la domanda dell’aviazione europea a superare ciò che il continente può fornire in modo sostenibile, lasciandolo dipendente dalle importazioni e aumentando il rischio di frode”.

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Ma la strada maestra per la decarbonizzazione resta l’elettrico

Che si agisca sulla decarbonizzazione del settore aereo, responsabile del 13,4% delle emissioni totali di CO2 dei trasporti dell’Ue, è un fatto certamente positivo. Quel che però è emerso dalla politica degli ultimi mesi è che la transizione dell’automotive è invece irta di ostacoli. Lo ricorda un recente articolo di Nature, che ben sintetizza le polemiche del Vecchio Continente di questi mesi: le resistenze sul divieto di produzione di auto termiche a partire dal 2035, la difesa a spada tratta dei carburanti sintetici e dei biocarburanti, il sostegno all’idrogeno.

“È chiaro il motivo per cui alcuni nell’industria automobilistica vogliono mantenere in vita il motore a combustione interna – si legge nel pezzo su Nature – L’idea è allettante anche per i politici miopi, perché riduce la necessità di pianificare l’implementazione dell’infrastruttura di ricarica, di preoccuparsi della capacità della rete e di insegnare alle persone le competenze per costruire e mantenere tecnologie diverse. La comunità della ricerca deve essere altrettanto chiara nel sottolineare perché si tratta di una falsa economia. Esiste un solo schema comprovato fattibile, scalabile e tecnologicamente maturo per decarbonizzare il trasporto personale su strada: questa è l’elettrificazione”.

L’articolo ricorda poi che alcuni passaggi, seppure difficili, sono possibili: la rimozione dei sussidi ai combustibili fossili, ad esempio, e la mobilitazione di investimenti sia pubblici che privati ​​per lo sviluppo di veicoli elettrici e delle relative infrastrutture di ricarica. Alcune cose stanno già avvenendo: si pensi ad esempio agli incentivi alle energie rinnovabili. Ma ciò non basta: bisogna garantire, si legge ancora, “che le catene di approvvigionamento siano sostenibili e fornendo strutture di riciclaggio per i materiali delle batterie. E significa che deve essere raggiunto un accordo internazionale sugli standard, in modo che l’introduzione di veicoli più puliti in una parte del mondo non significhi che i vecchi veicoli  vengano spediti per inquinare l’ambiente altrove”.

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