Dallo scoppio della guerra in Ucraina, una cosa è stata chiara sin da subito: la Russia è sempre stata un partner commerciale importante per l’Unione Europea. Lo raccontano i dati. L’Eurostat evidenzia che nel 2021, l’UE ha importato beni dalla Russia per 158,5 miliardi di euro (7,9 per cento delle importazioni totali dai paesi extra-UE), collocando la Russia come la terza fonte di importazioni verso l’Unione. Le importazioni riguardano soprattutto materie prime e, tra queste, gli idrocarburi rappresentavano l’87 per cento. Ad esempio, nel 2021 la Russia forniva il 45,8 per cento del gas naturale in stato gassoso, il 29,8 per cento per il petrolio e il 44,8 per cento per il carbone.
Nonostante i numeri, il 7 aprile di quest’anno il Parlamento europeo, in vista di un possibile embargo all’importazione di materie prime energetiche chiave dalla Russia, ha votato una risoluzione per chiedere lo stop all’acquisto di petrolio, carbone e gas in risposta all’aggravarsi della situazione ucraina. Questa decisione ha portato esperti ambientali ed analisti politici a chiedersi quale impatto avrebbe avuto tale embargo e come (o meglio, se) fosse possibile ridurre la dipendenza europea rimanendo fedeli ai target di rispetto dell’ambiente imposti dalla stessa Unione.
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Green Deal, decarbonizzazione e materiali critici
A venire in soccorso a queste difficili domande, uno studio elaborato dal CEPS, uno tra i migliori Think thank di ricerca europei, ha affermato quanto garantire l’accesso alle materie prime che sono fondamentali per la competitività dell’economia dell’UE sia diventata negli anni una priorità assoluta. Proprio a partire dal Green Deal europeo, che ha elevato il tema dell’accesso alle risorse a una questione di “sicurezza strategica” e ha sottolineato l’importanza di garantire un approvvigionamento sostenibile delle materie prime necessarie per una transizione verde e digitale. Non solo. Il Green Deal è stato seguito dalla nuova strategia industriale per l’Europa, che ha affermato che l’autonomia strategica dell’Europa dipende, tra l’altro, dall’accesso alle materie prime e ha portato alla preparazione di un piano d’azione sui CRM (Critical Raw Materials). Tra le principali fasi previste nel piano d’azione, pubblicato a settembre 2020, c’era il lancio di un’alleanza europea per le materie prime che riunisse l’industria, le politiche e gli attori istituzionali. Ha inoltre chiesto la preparazione di un inventario delle potenziali fonti di CRM che potrebbero essere recuperate dai flussi di rifiuti e dalle scorte disponibili dell’UE e lo sviluppo di partenariati strategici a sostegno degli obiettivi dell’UE di diversificare la sua fornitura di materiali. Insomma, l’Europa si stava già preparando, ancora prima dello scoppio della guerra in Ucraina, a una autonomia strategica, con l’obiettivo politico di costruire un’economia dell’UE autosufficiente con un’esposizione limitata alle interruzioni dell’approvvigionamento, come quelle derivanti dalla crisi del Covid-19.
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La geopolitica delle materie prime e il conflitto in Ucraina
“Per raggiungere questo obiettivo è importante garantire l’accesso ai minerali non energetici necessari per costruire un nuovo ecosistema industriale coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione dell’UE”, scrivono i ricercatori del CEPS. “La crescente domanda di questi materiali ha creato un’arena per la competizione geopolitica. Inoltre, la guerra in Ucraina ha portato avanti la necessità di esaminare più da vicino l’approvvigionamento esterno di minerali, anche dalla Russia, e i potenziali rischi connessi”.
Lo studio condotto dal CEPS fornisce innanzitutto una breve panoramica della dipendenza dell’UE dalle importazioni delle materie prime e della quota della Russia tra le fonti dell’UE di forniture chiave per le tecnologie a basse emissioni di carbonio. E poi passa ad esaminare le prospettive per soddisfare le future richieste di materiali attraverso la circolarità per tre tecnologie, vale a dire batterie agli ioni di litio, turbine eoliche e veicoli elettrici a celle a combustibile.
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“Riciclare ridurrà la dipendenza ma non sarà sufficiente”
“Le stime suggeriscono che la creazione di strutture di raccolta e riciclaggio nell’UE, attraverso gli appropriati quadri politici in atto, può contribuire a soddisfare la futura domanda di materiali dell’UE e ridurre la dipendenza dalle importazioni”, continuano i ricercatori. “Tuttavia, riciclare da solo non sarà sufficiente a coprire il crescente fabbisogno di materiali. Dovranno quindi essere prese in considerazione altre opzioni, tra cui lo sviluppo di partenariati strategici e progetti congiunti con paesi ricchi di risorse (anche alla luce degli sforzi per tagliare i legami economici con la Russia). L’UE dovrà inoltre attingere dalle proprie riserve minerarie, cercare di migliorare l’efficienza dei materiali e promuovere, ove possibile, opzioni di sostituzione dei materiali”.
Risulta quindi chiaro come gli sforzi dell’Unione per trasformare il suo panorama industriale alla velocità richiesta per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica si siano intrecciati con la domanda su come garantire l’accesso a materiali critici. Mentre l’UE ha adottato strategie e azioni specifiche per ridurre la sua dipendenza dalle importazioni di questi materiali, l’invasione russa dell’Ucraina presenta nuove sfide da considerare nella corsa globale alle risorse. Come si è visto, la Russia è un importante fornitore dell’UE di una serie di materiali necessari, come alluminio, nichel e rame. È anche una fonte di CRM, come palladio, platino, cobalto e litio. Con le sanzioni economiche e gli sforzi in corso per tagliare i legami economici con la Russia, sarà necessario identificare le opzioni per diversificare ulteriormente le fonti di questi materiali.
“Costruire capacità di riciclare i materiali richiesti dalle tecnologie di decarbonizzazione, compresi gli stock di prodotti esistenti, non solo può contribuire a soddisfare la futura domanda di materiali dell’UE, ma anche a mitigare la nostra dipendenza dalle importazioni da altri paesi, inclusa la Russia” conclude il CEPS.
Come? Forse, all’Unione basterebbe intensificare gli sforzi per espandere la propria capacità di riciclare magari adoperando concretamente le opportunità disponibili per tali investimenti attraverso lo strumento Next Generation EU.
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