Ha preso il via “Ecodesign the Future: batteries edition – workshop progettuale di design per la sostenibilità”, il corso di alta formazione gratuito, ideato e organizzato da Economiacircolare.com in collaborazione con Erion Energy, e patrocinato dall’ADI Design Museum, dall’ISIA Roma Design e dal Poliarte Accademia di Belle Arti e Design.
Questa seconda edizione del workshop, dopo l’esperienza più che positiva dello scorso anno, si concentra sul tema caldo delle batterie e dei sistemi di ricarica, con lo scopo di arrivare alla realizzazione di proposte di progetto e prototipi nel campo dell’eco-progettazione, in un’ottica circolare.
Il percorso formativo è stato presentato nel corso dell’evento “Batterie e circolarità: un futuro in comune”, tenutosi online lo scorso 18 ottobre: l’evento si iscrive all’interno del Circular Talk, uno dei consueti appuntamenti di EconomiaCicolare.com in cui si mettono in dialogo accademici, esperti del settore e imprese su temi d’interesse e attualità legati all’economia circolare. Al centro della discussione, questa volta, proprio il presente e il futuro delle batterie e dei sistemi di accumulo di energia; partendo dall’approvvigionamento si è percorso tutta la filiera, in cerca di criticità ma anche di possibili soluzioni e punti di partenza.
Il litio e le altre materie prime critiche
Non si può parlare di batterie senza incontrare il primo ostacolo che la corsa all’elettrico dovrà superare nei prossimi anni, quello dell’approvvigionamento delle materie prime necessarie alla produzione, molte di queste, per il loro valore e per la difficile reperibilità, geografica ma anche geopolitica, vengono definite appunto “critiche”, in inglese critical raw materials (CRM). Tra queste c’è il litio.
“Il litio – ha spiegato Giovanni Dotelli, professore al Politecnico di Milano – è stato inserito tra i critical raw materials dagli Stati Uniti nel 2018 e dall’Europa nel 2020. Chi conosce le sostanze considerate rare, sa però che il litio non era in una posizione altissima (in una classifica di criticità, ndr) quando è stato inserito nel 2020: tutti gli studi geologici dicono che non ci sarà a breve una scarsità di litio, il cobalto, ad esempio, sia per diffusione sul Pianeta, che per la localizzazione in zone geopolitiche difficili, è a mio parere più critico del litio”.
“Tuttavia, – aggiunge – ad oggi con le nuove politiche di elettrificazione, il litio diventerà una risorse sempre più richiesta. Oggi noi usiamo per lo più litio proveniente dal Sud America: l’Europa al momento, se non per poche rocce nei Balcani non ne ha, o almeno non ci sono studi in corso. È fondamentale quindi riciclare e recuperare il litio, in particolare per la comunità Europea che al momento non ha estrazioni in corso: c’è quindi anche una questione di sicurezza di approvvigionamento”.
Il punto su cui Dotelli insiste è però che una crescente richiesta sarà accompagnata da un aumento dell’attività estrattiva e questa vedrà, come è naturale, un aumento degli impatti ambientali e dei rischi connessi all’estrazione.
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Produzione: la filiera che non c’è
Alla luce di queste prime difficoltà, sembra chiaro che la produzione di batterie debba tener conto delle fasi precedenti e successive, in un sistema in cui la ricerca gioca un ruolo fondamentale di congiunzione tra nuovi materiali e attività di riciclo.
“Non c’è ancora – asserisce Federico Vitali, FAAM Founder e vicepresidente FIB SpA – Seri Industrial S.p.A. – una filiera per poter competere a livello globale. La ricerca su nuovi materiali non è distante dalla ricerca nell’attività di riciclo: in entrambe ci sono sinergie da sviluppare. Abbiamo il dovere di pensare all’impresa, come qualcosa di ben diversa dall’attività economica, attenta al lavoro che fa, a chi lo fa, al prodotto che realizza e a chi lo va ad utilizzare. Noi, ad esempio, nella batteria al piombo gestiamo l’intera filiera, riciclando tutto e riportandolo in produzione. Vogliamo fare altrettanto con il litio, crediamo sia possibile farlo, anche se c’è ancora molta ricerca e lavoro da fare. Va ripensata la filiera, puntando alla progettazione dei prodotti a monte, in un’ottica che consideri l’intero ciclo di vita”.
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Valorizzare il fine vita delle batterie, a partire dal design
Quel su cui tutti gli esperti coinvolti nel dibattito concordano è che le batterie sono una ricchezza, che non sfruttiamo ancora abbastanza.
“Dobbiamo concentrare i nostri sforzi – esorta Federica Forte, ricercatrice Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali di ENEA – per valorizzare l’immensa risorsa che abbiamo nelle batterie, cioè i quantitativi significativi di materiali critici che contengono, come litio e cobalto, ma anche grafite e fosforo”.
Ad oggi, però, gli impianti per la valorizzazione di fine vita e RAEE si trovano prevalentemente all’estero: “Fino a poco tempo fa erano per lo più di tipo metallurgico quindi tecnologie che fanno ricorso a processi termici che consentono di valorizzare determinate frazioni, in primo luogo nickel e cobalto. Mentre adesso questi impianti si stanno lentamente dotando anche di tecnologie combinate, come le idro-metallurghiche che sono più flessibili e consentono di recuperare altre materie prime critiche, tra cui il litio e la grafite, riuscendo a valorizzare frazioni che fino ad oggi venivano scartate. Sono inoltre tecnologie che operano a temperatura ambiente, quindi consentono anche di ridurre i consumi energetici e gli impatti”.
Forte ha poi sottolineato l’importanza dell’ecodesign: le batterie andrebbero infatti progettate in maniera tale da essere facilmente estratte dai dispositivi. “Oggi gli iPhone hanno la batteria incorporata, e per chi si trova a valle della catena del valore i problemi in questo senso vanno ad aumentare. Si parla tanto di disassemblaggio automatico ma questo può essere una chiave vincente, solo se a monte le batterie vengono progettate in maniera standardizzata per consentire all’operatore finale di poter puntare su questi processi di selezione e di trattamento semiautomatico o totalmente automatico”.
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La raccolta, la chiave di volta di tutta la filiera
Ma per arrivare ad un corretto trattamento di fine vita, che permetta di dare nuovo avvio al ciclo di vita del prodotto, è necessario avere una raccolta efficace, un problema in Italia da non sottovalutare.
Ne ha dato conto Laura Castelli, direttrice generale Erion Energy: “Uno dei grossi scogli da superare è la quantità di materiale che riusciamo ad intercettare a fine vita. Per le batterie portatili, quelle che usiamo per il mouse per intenderci, oggi in Italia si raccolgono due batterie ogni dieci batterie vendute. La prima grande scommessa che abbiamo è quindi far capire al cittadino dove andare a conferire il rifiuto, da una parte bisogna fare formazione ed informazione, dall’altra dobbiamo dare gli strumenti per conferire il rifiuto, incrementando i punti di raccolta disponibili sul territorio in modo capillare”.
“In questo modo – prosegue – potremmo provare ad intercettare più rifiuti e dunque avere più materiali da dare in pancia agli impianti di trattamento. Uno dei problemi relativi agli impianti di trattamento, – fatta eccezione di qualche eccellenza nazionale che si occupa di trattamento di specifiche chimiche quindi non del 100% dei rifiuti – la maggior parte del rifiuto viene esportato all’estero, proprio perché abbiamo dei volumi di raccolti talmente bassi da non giustificare investimenti impiantistici e tecnologici in questo senso“.
Castelli ha fatto presente anche la necessità di incrementare le competenze nel campo delle batterie, ma sembra essere fiduciosa che con l’accrescere dell’interesse nei confronti di questo mondo, anche la formazione ne seguirà la scia e si sposterà per creare competenze utili per affrontare la sfida.
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La sfida di “Ecodesign the future”
E sull’impellenza di puntare su nuove competenze ben si inserisce “Ecodesign the Future: batteries edition”, il corso di formazione che vedrà 30 ragazze e ragazzi immergersi nello scenario delineato finora, e tirarne fuori idee progettuali.
“Abbiamo messo insieme – ha detto Marco Pietrosante, designer e docente universitario – partecipanti provenienti dalle facoltà più diverse: ci sono designer industriali, che si occupano di prodotto e di comunicazione, ma anche chimici, ingegneri, economisti, filosofi, sociologi. Sono ragazzi provenienti dai background più disparati, perché il mondo contemporaneo è fatto di tante conoscenze e culture diverse, che devono poi atterrare su un terreno condiviso. Io credo che questo workshop sia molto complesso ma questa è una sfida bellissima per noi che siamo chiamati a condurlo ma anche per i ragazzi, perché ci metterà di fronte a dei compiti che sembrano inconciliabili, e invece il progetto ha proprio l’obiettivo di rendere conciliabile, l’inconciliabile: sono sicuro che verranno fuori delle idee strepitose”.
Al termine del kickoff (che si può riascoltare per intero sui social del nostro magazine) e dei saluti istituzionali dei promotori del corso, si è tenuta la prima lezione sul tema del design sostenibile a cura di Paolo Crescenti, designer e docente universitario.
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