Da qualche anno, in Italia, assistiamo ad un dibattito pubblico che sta spostando le sue attenzioni (e le sue opinioni) verso due macro-temi che rappresentano le sfide contemporanee più cogenti: il cambiamento climatico (e i suoi impatti) e le disuguaglianze di genere che si manifestano in molti ambiti del vivere quotidiano: salute, lavoro, diritto allo spazio pubblico, housing, partecipazione pubblica, gestione del potere solo per citarne alcuni.
Sebbene si noti una crescente centralità di questi temi nell’agenda pubblica (con tentativi più o meno riusciti di gender mainstreaming e obiettivi di neutralità climatica) decisamente minori sono le occasioni in cui i due discorsi si intrecciano e vengono analizzati secondo dinamiche di correlazione e mutua influenza.
Eco-femminismo, trasformazione in atto
La tendenza più diffusa è di trattarle come discussioni separate e indipendenti, ciascuna con il suo portato di conoscenze, pratiche e proposte. Tuttavia, guardare alla crisi ambientale nelle sue dimensioni sociali e territoriali senza considerare le implicazioni sulla produzione delle disuguaglianze di genere è una scelta miope e destinata a frammentare la lettura della complessità dei fenomeni e depotenziare le prospettive di intervento (sia istituzionale che autorganizzato). É essenziale intercettare e disambiguare le connessioni tra genere e ambiente per cogliere la portata complessiva delle trasformazioni sociali, politiche, economiche e culturali legate ai temi della sostenibilità e della giustizia ambientale.
Il connubio genere e ambiente non è certo inesplorato, ma soffre ancora di una minorità rispetto ad altre prospettive che sembrano più urgenti: ambiente e salute, ambiente e lavoro, ambiente e consumi. L’eco-femminismo insiste su questa relazione, individuando sovrapposizioni tra le dinamiche di oppressione esercitate su donne e minoranze di genere e i processi di sfruttamento a cui sono soggette risorse naturali e beni ambientali. In un tentativo di leggere questi fenomeni come frutto del capitalismo e dell’impalcatura patriarcale che ne alimenta i processi estrattivi e le strutture di dominio, l’ecofemminismo si inserisce nel filone teorico dell’ecologia-politica usando una prospettiva femminista che, a scala globale, ricerca le intersezioni e manifestazioni delle connessioni tra genere e ambiente.
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Questioni di genere e crisi climatica: le sfide che ci aspettano
Scalando ad una dimensione più locale, diventa essenziale analizzare le molteplici sfide sociali e politiche derivanti dai cambiamenti climatici, e notare come queste si intensificano quando esaminate attraverso una prospettiva femminista. Il genere, intesa come dimensione sociale costruita e rafforzata da pratiche sociali, rappresenta una variabile discriminante non solo sugli impatti che il cambiamento climatico produce nell’esperienza quotidiana ma anche sulle possibili strategie di fronteggiamento e di adattamento a questi fenomeni.
Le differenze riscontrate sono da intendersi come fenomeno multidimensionale che riflette le relazioni di disuguaglianza in contesti socioeconomici e culturali specifici, non semplicemente come una questione di vulnerabilità intrinseca delle donne. La disparità di accesso alle risorse (in particolare nel Sud Globale, ma sempre di più anche all’interno di contesti urbanizzati e occidentali), gli ostacoli all’accesso all’istruzione e alle opportunità di lavoro tutelato, le limitazioni nel potere economico, così come le norme sociali e culturali di forte matrice patriarcale fanno si che i cambiamenti climatici acuiscano le disuguaglianze di genere in relazione alla discriminazione, alle minacce alla salute, alla perdita di mezzi di sussistenza, alla povertà, all’insicurezza alimentare, all’accesso alle infrastrutture e ai servizi essenziali.
In questo scenario, ad arricchire la collezione di gender gap sui quali si discute da tempo, arriva anche l’eco gender gap, ossia il divario di genere nel modo in cui la crisi climatica viene affrontata e che investe numerosi aspetti legati al tema. Tale divario si inasprisce e acquisisce un portato concreto nel disallineamento che si crea tra attitudini e livelli di preoccupazione legati alla questione ambientale e la possibilità di agire un potere decisionale su quanto attiene agli interventi e alle possibili misure di mitigazione ed adattamento al cambiamento climatico. A fronte di una crescente attenzione all’ambiente (mobilità sostenibile, consumi critici, abitudini alimentari etc), come estensione delle aspettative di cura e riproduzione sociale che gravano in modo evidente sulle donne, l’intersezione tra genere e cambiamenti climatici nel dibattito pubblico del nostro Paese rimane ancora poco esplorata e fatica ad essere acquisita come prospettiva nei processi decisionali e nello sviluppo di iniziative atte a fronteggiare la crisi climatica.
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Chi decide sul clima?
A livello internazionale ed europeo si sta operando una sintesi di approcci e di interventi per accelerare la transizione ecologica giusta e equa e, contestualmente, promuovere l’uguaglianza di genere. Nel 2022, l’European Institute for Gender Equality (EIGE) ha introdotto un focus specifico sull’ambiente e il cambiamento climatico all’interno del Gender equality Index dando prova concreta di come sia imprescindibile tenere le due dimensioni collegate e analizzarne le interazioni. Nel caso specifico dell’Italia si nota come, a fronte di una differenza di genere nelle percentuali che rappresentano attitudini e comportamenti rispetto al cambiamento climatico e alla sua mitigazione, ci sia una significativa sottorappresentazione di genere nelle istituzioni e nei luoghi deputati al policy making su tematiche ambientali e climatiche. Tale disparità spesso impedisce alle donne di partecipare e di contribuire a pieno titolo al processo decisionale in materia di clima, alla pianificazione e all’attuazione di una politica sui cambiamenti climatici. Nulla di nuovo rispetto a quanto già osservato, ma questo diventa l’ennesimo campo su cui si manifestano delle disuguaglianze e processi di esclusione.
Diventa quindi cruciale consolidare una prospettiva femminista che chiarisca le intersezioni tra genere e ambiente. In questo modo sarà possibile costruire un discorso pubblico che identifichi la parità di genere come un catalizzatore per lo sviluppo sostenibile e la gestione dei fenomeni sociali legati al cambiamento climatico, riconoscendo alle donne il ruolo di agenti di cambiamento che, sulla base di una piena e attiva partecipazione, contribuiscono ad elaborare e attuare efficaci soluzioni alle sfide ambientali dei prossimi anni.
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