Durante l’ultima edizione di Ecomondo 2022 – la fiera internazionale per la transizione ecologica e i nuovi modelli di economia circolare e rigenerativa, che si è tenuta dall’8 all’11 Novembre presso il quartiere fieristico di Rimini – ENEA, in collaborazione con ECESP, hanno presentato le attività in corso della Piattaforma Italiana degli attori per l’Economia Circolare (ICESP) e in particolare il lavoro svolto dal Gruppo di lavoro 6 “Buone Pratiche e Approcci Integrati”, coordinato dall’Enea, dal Politecnico di Bari e dal CDCA – centro documentazione conflitti ambientali – sulla replicabilità delle buone pratiche di economia circolare, in linea con le iniziative italiane ed europee.
A moderare la conferenza Giulia Lucertini, dell’Università IUAV, in rappresentanza del Comitato dei coordinatori ICESP. Ospiti e relatori dell’iniziativa: Paola Migliorini della Commissione Europea, DG Ambiente Unità Produzione, Prodotti e Consumo Sostenibili; Ladeja Godina Košir del Coordination Group of the European Circular Economy Stakeholder Platform (ECESP); Silvia Grandi della Direzione generale economia circolare del MITE; Giacomo Vigna della Direzione generale per la politica industriale, l’innovazione e le piccole e medie imprese del MIMIT (ex-MiSE); Elena Mocchio, della Divisione Innovazione, UNI; Grazia Barberio di ENEA e coordinatrice tecnica ICESP; Alessandra De Santis di Economiacircolare.com e co-coordinatrice del GdL6 ICESP.
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La piattaforma italiana ICESP: ruolo, struttura e composizione
ICESP è un network volontario promosso e coordinato da ENEA come iniziativa speculare e integrata a ECESP, la Piattaforma Europea per l’Economia Circolare. Nato nel 2017 con un’adesione iniziale di 16 organizzazioni firmatarie, attualmente è formato da 282 organizzazioni partecipanti di cui 162 firmatarie della Carta e oltre 800 esperti: “riunisce insieme pubbliche amministrazioni, imprese, mondo della ricerca, cittadini, consumatori e società civile, con il preciso obiettivo di sostenere la transizione verso un’economia circolare in Italia, in accordo con le linee adottate dal Piano d’azione dell’UE per l’economia circolare. La sua partecipazione è strutturata, come quella di ECESP, in gruppi di lavoro: 6 verticali, coordinati da un insieme eterogeneo di stakeholder, e 2 trasversali, che si interfacciano su ogni gruppo per monitorare le priorità lanciate da ICESP nella ripresa post covid” spiega Grazia Barberio, responsabile delle Sezione Supporto al coordinamento delle attività sull’Economia Circolare di ENEA e coordinatrice tecnica di ICESP, presentando la piattaforma coordinata da Enea come unico attore italiano durante la conferenza.
I gruppi di lavoro sono aperti alla partecipazione di tutti gli interessati, anche non membri della piattaforma stessa, in qualità di esperti della tematica, per alimentare dibattito e risultati. I GdL lavorano sulle tematiche di maggior rilevanza per l’economia circolare, selezionate sulla base dell’analisi, attraverso i principali documenti disponibili a livello nazionale (di istituzione pubblica e privata), delle principali priorità e problematiche che necessitano di valutazione di soluzioni di intervento. Si riuniscono a cadenza periodica al fine di elaborare rassegne, rapporti tecnici e studi sui temi trattati nel corso delle proprie attività, organizzare eventi per la consultazione nonché stimolare la raccolta delle buone pratiche di economia circolare, in connessione ai lavori della Piattaforma Europea degli Stakeholder per l’Economia Circolare, ECESP.
La piattaforma è inoltre dotata di una Carta che esprime un manifesto di intenti e finalità e di un Regolamento che consente alle organizzazioni coinvolte di condividere l’impegno per il raggiungimento degli obiettivi comuni, in Italia, sull’economia circolare.
“La piattaforma nasce per far convergere iniziative, condividere esperienze, evidenziare criticità al fine di rappresentare in Europa le specificità italiane in tema di economia circolare. Il suo obiettivo principale è promuovere il modo italiano di fare economia circolare attraverso specifiche azioni dedicate, promuovendo la diffusione delle conoscenze, favorendo il dialogo e le sinergie possibili tra gli attori italiani delle iniziative, mappando le buone pratiche e le iniziative a livello nazionale, diffondendo le eccellenze italiane ed il modo italiano di fare economia circolare a partire dalle tradizioni e dalle tipicità del nostro Paese e dai relativi modelli culturali, sociali ed imprenditoriali” prosegue Grazia Barberio.
Il ruolo di ICESP all’interno della piattaforma europea per l’Economia Circolare (ECESP) e alla luce del nuovo Piano d’Azione per l’Economia Circolare (CEAP)
La piattaforma ICESP si integra nella piattaforma europea per l’economia circolare ECESP, rappresentando gli interessi nazionali e le decisioni assunte dalle organizzazioni firmatarie. ECESP è un network rappresentativo di 24 stati membri dell’Ue e nasce da un’iniziativa congiunta della Commissione europea e del Comitato economico e sociale europeo. “Consente a portatori d’interesse provenienti da paesi e settori diversi di incontrarsi e interagire attraverso un network che sostenga la transizione verso un’economia circolare e la realizzazione del Piano d’azione dell’UE per l’economia circolare.” – racconta nel suo intervento inziale Ladeja Godina Košir del Coordination Group of the European Circular Economy Stakeholder Platform (ECESP) – “ La piattaforma rappresenta un luogo d’incontro virtuale (circulareconomy.europa.eu/platform) che offre informazioni online sulle buone pratiche in materia di economia circolare, una funzione di ricerca per scoprire iniziative dedicate, un forum di discussione e una Conferenza annuale quale momento d’incontro della comunità̀ dell’economia circolare” – conclude Ladeja Godina Košir del Coordination Group of the European Circular Economy Stakeholder Platform (ECESP).
“Le linee prioritarie dettate a livello europeo da ECESP sono tre: promuovere e diffondere la conoscenza dell’economia circolare, favorire un dialogo tra gli attori, mappare le buone pratiche di economia circolare. ICESP ha dato evidenza, a livello nazionale, anche al modo in cui vengono applicate le buone pratiche di economia circolare in Italia, non per replicare le buone pratiche europee ma per trainare essa stesso questo modello” – specifica Grazia Barberio di ENEA e coordinatrice di ICESP.
La piattaforma ICESP si inserisce inoltre nel solco delle iniziative promosse dal nuovo Piano d’azione sull’economia circolare – (CEAP – Circular economy action plan) – presentato dalla Commissione Europea nel 2020, uno dei principali elementi costitutivi del Green Deal europeo, la nuova agenda europea per la crescita sostenibile. Questo perché “le iniziative messe in campo dalla piattaforma lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti sono volte a promuovere processi di economia circolare, incoraggiare il consumo sostenibile e garantire che i rifiuti siano evitati e le risorse utilizzate siano mantenute nell’economia dell’UE il più a lungo possibile” dichiara Paola Migliorini della Commissione Europea, DG Ambiente Unità Produzione, Prodotti e Consumo sostenibili, spiegando il programma del nuovo piano d’azione per l’economia circolare orientato alla costruzione di un’Europa più pulita, competitiva e circolare.
Incentivi alle imprese e misurazione delle pratiche di circolarità
“Quali incentivi possiamo dare alle imprese come ministero dello sviluppo economico, per rendere più accessibile la costruzione di percorsi di economia circolare?” Con questa domanda Giacomo vigna, coordinatore della divisione che si occupa di economia circolare e di sviluppo sostenibile all’interno della direzione politica industriale del MIMIT (Ex-Mise) ha aperto il suo intervento durante la conferenza.
“Il MISE ha fatto moltissimo su questo aspetto, in termini pervasivi e di pensiero strategico diffuso. Sono stati creati molti incentivi utili agli stakeholder: abbiamo aperto il nuovo portale – Incentivi.com – fruibile e navigabile da cittadini, imprese, associazioni etc., abbiamo partecipato al PNRR con tutta una serie di misure a supporto dell’economia circolare, abbiamo realizzato la strategia nazionale dell’economia nazionale, in linea con il piano europeo e redatto il piano nazionale gestione dei rifiuti e prevenzione rifiuti. E infine abbiamo portato a livello europeo le istanze italiane per l’adozione pratica delle norme su materie prime critiche, ecoprogettazione e non solo” – ha concluso Giacomo Vigna, confermando l’importanza delle politiche governative e degli incentivi alle imprese nella transizione verso un’economia circolare.
Altro tema di fondamentale importanza per il raggiungimento degli obiettivi adottati dal Circular Economy Action Plan dell’Ue è quello messo in luce da Elena Mocchio della Divisione Innovazione di UNI, che ha incentrato il suo intervento sulla misurazione dell’economia circolare attraverso standard di riferimento specifici per definire i requisiti dei prodotti. “Gli standard di norme tecniche attualmente vigenti sono strumenti, cassette degli attrezzi da cui attingere per affrontare questioni e criticità. “Creano un collegamento fra normazione tecnica, elementi di normazioni cogente regolamentata dallo Stato e il Circular economy action plan adottato dall’UE” dichiara Elena Mocchio della Divisione Innovazione di UNI.
E continua: “In realtà sono tantissimi, alcuni dedicati altri collegati indirettamente alla definizione dei prodotti, come lo standard sull’eco design. Insieme agli obiettivi di circolarità lavorano su quasi tutti gli Sdgs, e dunque concorrono agli obiettivi di sviluppo sostenibile per l’Agenda 2030. Allo stato attuale vi sono molti indicatori e definizioni per certificare l’economia circolare: mi piace dire che l’economia circolare è ancora un pentolone che sobbolle e che sta generando tantissime iniziative, informazioni, business model da sistematizzare. Anche per i famosi CAM, i Criteri ambientali minimi, si fa ricorso alla normazione tecnica, per reperire informazioni con cui le pubbliche amministrazioni possano orientarsi al meglio per rispettarli in un’ottica di valutazione del ciclo di vita, secondo un approccio di eco-progettazione. L’economia circolare si connette così ad una serie di altri temi: finanza sostenibile, sharing economy” conclude Elena Mocchio, della Divisione Innovazione di UNI.
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Il gruppo di lavoro 6: buone pratiche e approcci integrati
Tra i gruppi di lavoro che compongono ICESP, il gruppo di lavoro Gdl6, coordinato da Enea, il Politecnico di Bari e il CDCA, Centro di documentazione conflitti ambientali, favorisce la diffusione delle buone pratiche di economia circolare sviluppate sul territorio nazionale, dagli stakeholder impegnati nella chiusura dei cicli a ogni livello della catena del valore, al fine di avere una panoramica nazionale il più possibile completa del percorso di transizione verso l’economia circolare del nostro Paese.
“Innanzitutto, partiamo con il capire come identificare le buone pratiche: sono quelle che hanno carattere innovativo, risultati positivi e sono replicabili in contesti assimilabili, ovvero devono essere efficaci nel risultato e devono fornire un contributo alla soddisfazione di un bisogno o alla soluzione del problema” ci racconta Alessandra De Santis, coordinatrice di EconomiaCircolare.com e co-coordinatrice del GdL6 ICESP, che ha presentato in anteprima i risultati del report finale del GDL6 sulla replicabilità delle buone pratiche per l’economia circolare.
E continua: “come gruppo di lavoro abbiamo adottato un approccio multidisciplinare: ad oggi abbiamo 147 partecipanti, da 92 organizzazioni diverse, la maggior parte imprese e associazioni di categoria, che durante l’anno si incontrano per raccogliere buone pratiche di economia circolare e, come attività per il 2022, elaborare e testare una metodologia per la loro replicabilità. Il report presentato oggi è un’analisi di replicabilità di alcune buone pratiche in filiere che per l’Italia sono significative sia in termini di potenzialità economiche sia di impatti sociali e ambientali (tessile e abbigliamento, costruzione e agro-alimentare). Va da sé che lavorare sull’analisi di replicabilità diventi fondamentale per trasmettere modelli funzionanti in contesti simili tra loro”.
Secondo il report, adottare buone pratiche porterebbe a innumerevoli vantaggi, tra cui: favorire un processo di transizione più veloce; passare da modelli lineari a modelli circolari, riducendo i tempi, i costi, ottimizzando le risorse e promuovendo l’innovazione già sviluppata, portandola su altri territori e rafforzando capacità tecniche e locali nel confronto di soggetti che la possono implementare.
“La metodologia sviluppata per l’analisi è organizzata in tre step: il primo è l’individuazione della popolazione target per individuare imprese e gruppi il più simili possibile per implementare la buona pratica, il secondo è la quantificazione dell’impatto della buona pratica (valutandone l’indicatore di magnitudo) e infine l’analisi di maturità, che consente di rappresentare la maturità circolare di un’organizzazione o di una sua attività virtuosa. Gli indicatori di tipo sociale, economico, ambientale utilizzati per il calcolo della magnitudo sono sempre gli stessi così da poter esser applicati tra territori diversi, semplificando il processo” – racconta Alessandra De Santis di Economiacircolare.com e co-coordinatrice del GdL6 ICESP.
“I risultati ottenuti dagli indicatori sul lungo termine segnalano la riduzione dei costi di trasporti, uso di acqua e energia, e per un minore utilizzo di materie prime vergini; mentre sui ricavi dello sviluppo di nuovi prodotti, gli indicatori hanno rilevato un ritorno economico che deriva dall’incremento della reputazione aziendale e dall’incremento della sostenibilità interna, con meno rifiuti prodotti, meno gas serra, un incremento dell’uso delle materie prime secondarie e non vergini e una riduzione dei materiali per imballaggi per trasporto del prodotto o erogazione del servizio. Quelli sociali indicano invece se vi è un miglioramento la qualità di vita del lavoratore, l’aumento dell’occupazione, e la fidelizzazione di clienti e dipendenti” – conclude Alessandra De Santis. I vantaggi dell’analisi di replicabilità sono evidenti, dal momento che il “riuso” di pacchetti pronti già sperimentati in contesti similari permette di convogliare i risultati su scala nazionale, riducendo i rischi di investimento e massimizzando i profitti.
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