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sabato, Dicembre 14, 2024

Le proposte di Icesp per la Strategia nazionale sull’economia circolare: “Serve un piano d’azione”

Sono stati 92 i contributi arrivati al Ministero per la fase di consultazione della Strategia. Tra questi, uno dei più attesi era quello di Icesp, la piattaforma italiana degli attori per l’economia circolare. In un documento di 26 pagine, Icesp fornisce stimoli e spunti pratici sia sui singoli settori che sull’impianto generale

Madi Ferrucci
Madi Ferrucci
Nata in provincia di Pisa il 26 giugno 1991. Laureata in Filosofia e diplomata alla scuola di Giornalismo della Fondazione Basso di Roma. Assieme a due colleghi ha vinto il Premio Morrione 2018 e il Premio Colombe d'Oro per la Pace 2019 con un’inchiesta internazionale sulla fabbrica di armi RWM in Sardegna. Ha lavorato a The Post Internazionale nella sezione news e inchieste. Collabora con Economiacircolare.com, il Manifesto e altre testate nazionali. Fa parte del collettivo di giornalisti freelance “Centro di giornalismo permanente".

“Manca un piano di realizzazione della strategia declinato in termini di target, modalità e tempistiche”. Basterebbe questa frase, inserita all’inizio di un documento lungo 26 pagine, per spiegare la posizione di Icesp – la piattaforma italiana degli attori per l’economia circolare – in merito alla Strategia nazionale che il ministero della Transizione ecologica sta definendo. Il 30 novembre è terminata la fase delle consultazioni, che si è basata su una bozza condivisa dal MiTe lo scorso 30 settembre.

Sono stati 92 i contributi arrivati al Ministero da privati, università, aziende e associazioni di categoria. Entro il 30 aprile il MiTe, tenendo conto di queste proposte, dovrà predisporre il documento conclusivo. Infine, entro il 30 giugno 2022, verrà pubblicato il decreto ministeriale per l’adozione della Strategia nazionale per l’economia circolare, un obiettivo che era già sancito nella proposta di Pnrr poi approvata dall’Unione europea.

C’era molta attesa, dunque, sul parere di Icesp, ovvero la piattaforma che dal 2018 mette insieme pubblica amministrazione (locale e centrale), mondo della formazione, imprese e società civile. Come ribadito nel corso della recente Conferenza annuale, giunta al quarto appuntamento, nel 2021 le adesioni sono cresciute del 30% con l’ingresso di 60 nuove organizzazioni, che così passano a 260; anche il numero di esperti che partecipano ai lavori è aumentato da 500 a oltre 800, il 60% in più dell’anno precedente.

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Prospettive e piani

Le pagine elaborate da Icesp hanno l’indubbio merito di fare le pulci al documento del MiTE, giudicato da più parti superficiale e incompleto. A partire dall’esigenza di un piano d’azione – che in realtà potrebbero essere diversi, ciascuno per un specifico settore

“Per dare prospettiva alla Strategia sarebbe fondamentale un piano d’azione – scrive Icesp – incluso uno scenario di prospettiva che preveda:

− indicazioni sugli obiettivi di dettaglio da raggiungere e un timing delle misure da adottare in funzione di tali obiettivi;

− un timing delle azioni di supporto da sviluppare nel tempo in funzione degli obiettivi da raggiungere e di altre politiche – ad esempio Piano del fabbisogno e disponibilità di materie prime e materie prime seconde, in maniera tale che si possa effettuare una programmazione degli approvvigionamenti e calibrare nel tempo il consumo di risorse, privilegiando il consumo di materie prime seconde”.

Se è vero, come è ampiamente noto, che il nostro Paese è povero di materie prime – un’assenza che si sta notando parecchio in questi mesi di prezzi alle stelle  – allora, suggerisce Icesp, “l’economia circolare non è solo un’opportunità, ma un percorso quasi obbligato” per dipendere meno dalle importazioni estere. Tanto per fare un esempio, “quando si cita la transizione energetica si dovrebbe menzionare la criticità dell’approvvigionamento delle materie prime (superbonus e rinnovabili dipendono fortemente dalla capacità di approvvigionamento sostenibile delle materie prime)”.

Per farlo, scrive ancora la piattaforma, è necessario individuare tra le altre cose “strumenti e azioni che inneschino processi partecipativi, in linea con le azioni descritte nella agenda europea dei consumatori (piattaforme della conoscenza e sportelli informativi per PA, imprese e cittadini sull’EC; piattaforma informativa che metta in connessione tutti gli strumenti; metodica di approccio partecipativo al procedimento amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni e il loro aggiornamento)”. Una Strategia, insomma, per dirsi tale ha bisogno di idee, prima ancora che di mezzi.

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Le criticità delle misurazioni circolari

Essendo un campo relativamente nuovo, l’economia circolare è ancora difficile da misurare. Non tanto perché si tratta di ambiti più teorici che pratici, quanto piuttosto perché le aziende preferiscono ricorrere al greenwashing. “La difficoltà dovuta a una tassonomia recente e non ancora riconosciuta e l’eccesso di indicatori eccessivamente qualitativi – riconosce Icesp – non ha ancora permesso alle aziende di approcciare l’economia circolare come modello economico”.

Ecco perché la piattaforma suggerisce di adottare “indicatori comuni per rendere efficace la misurazione della circolarità ed inserirla nelle normative, nei criteri di accesso ai fondi di finanziamento e agli incentivi. Tali indicatori dovrebbero considerare la circolarità in maniera olistica e sistemica, tenendo conto di tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto e dovrebbero essere al tempo stesso praticamente applicabili, con un impegno limitato di risorse, anche nelle realtà aziendali di piccole e medie dimensioni”.

In questo senso l’Europa può venire in aiuto, mentre a breve si attende la pubblicazione del documento UNI/TS 11820 che consentirà di “colmare il vuoto normativo esistente nell’ambito della misurazione dell’economia circolare”.

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I suggerimenti sui singoli settori

“Esistono due tipologie di prodotti – spiega Icesp – quelli a vita breve (packaging, SUP) e quelli a vita lunga (costruzioni, arredi, arredo urbano). Mentre i prodotti a breve vita sono stati realizzati sulla base delle attuali regole, quelli a lunga vita rispondono a metodologie di design di diversi decenni fa”.  Sulla base di questa fondamentale distinzione, la piattaforma Icesp entra poi nello specifico dei singoli settori in cui si applica ed è possibile applicare l’economia circolare.

Sulla plastica, ad esempio, non si può che partire dall’ecoprogettazione e si suggerisce che si dovrebbero rendere le “classi di riciclabilità visibili al consumatore (in funzione del polimero utilizzato o del tipo di prodotto commercializzato) al pari delle classi energetiche degli elettrodomestici”. Sui Raee, invece, Icesp fa notare che nel documento del governo “non viene sviluppato adeguatamente il tema dell’importanza del recupero di materie prime critiche”: per ottenere questo fondamentale obiettivo, serve aumentare il numero degli impianti di trattamento e il controllo dei dispositivi che sfuggono alle filiere esistenti.

Per quel che riguarda le costruzioni la piattaforma ribadisce “l’importanza dell’adeguamento della normativa di settore sul recupero dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione”, oltre alla “progettazione e realizzazione di configurazioni temporanee degli spazi collettivi (uffici, scuole, sanità) in ottica di reversibilità costruttiva, riusabilità e trasformabilità dei manufatti, ai fini della prevenzione della formazione di rifiuti”.

Suggerimenti importanti, infine, arrivano anche per l’agroalimentare e il tessile. Nel primo caso vale la pena citare la “digitalizzazione del sistema agroalimentare, dalla produzione primaria, all’industria di trasformazione, alla logistica e al post-vendita per favorire la tracciabilità del prodotto a vantaggio della qualità e sicurezza degli alimenti e come approccio preventivo e contenitivo dello spreco alimentare”.

Per il tessile, invece, interessante la proposta di creare “punti di incontro informativi (piattaforme, siti web) tra domanda e offerta di scarti di produzione pre e post consumo (piattaforme e reti di simbiosi industriale)” insieme all’incremento “nell’utilizzo degli strumenti per le valutazioni di sostenibilità con approccio ciclo di vita (LCA, PEF) per valutare l’efficacia delle diverse azioni intraprese e che è possibile intraprendere rispetto alla chiusura dei cicli e all’efficienza delle risorse sia a livello meso (di prodotto) che micro (di impresa)”.

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