Il 2021 doveva essere l’anno della rinascita e della cura, ma per ora la pandemia da Covid-19 continua a limitare fortemente le nostre vite e i consumi. Sotto questo profilo diventa molto interessante la prospettiva di Conai, il consorzio privato senza fini di lucro che da più di 20 anni unisce produttori e utilizzatori di imballaggi per perseguire gli obiettivi del riciclo, recupero e valorizzazione dei rifiuti. Acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro: sono tanti i materiali contenuti negli imballaggi che possono tornare a nuova vita. Restando molto più tempo in casa, e privilegiando gli acquisti online, in tanti hanno affermato che gli imballaggi sono notevolmente aumentati. Una percezione che Luca Ruini, a luglio 2020 eletto all’unanimità presidente di Conai, smentisce nel corso dell’intervista a EconomiaCircolare.com. Tanti i temi affrontati: dal Piano Nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), al centro della nostra rubrica In Circolo di gennaio, alla chiusura delle frontiere alla plastica da parte della Cina.
Partiamo dall’attualità. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza appena approvato dal governo punta molto, nel capitolo sull’economia circolare, alla chiusura del ciclo dei rifiuti e all’apertura di nuovi impianti, istanze che già in passato Conai aveva sollevato. In questo senso vi ritenete soddisfatti? E dove si può fare di più?
La situazione impiantistica in molte aree del Mezzogiorno necessita chiaramente di un intervento: è sotto gli occhi di tutti, non solo sotto i nostri. Siamo consapevoli del fatto che non compete a Conai realizzare gli impianti che mancano, ma ci auguriamo di vedere quel deficit impiantistico ridursi in tempi rapidi, anche se fino a oggi l’Italia è riuscita a raggiungere percentuali di recupero e riciclo degli imballaggi invidiabili con la dotazione impiantistica esistente. Il nostro augurio, quindi, è soprattutto quello di un ulteriore passo avanti: veder nascere progetti in grado di dare concreta attuazione alle proposte che sono state fatte con il Pnrr. A titolo di esempio, pensiamo al Piano Industriale per lo sviluppo della raccolta differenziata di qualità che Conai ha redatto su richiesta della Provincia di Caserta. Ha coinvolto 104 Comuni per quasi un milione di abitanti: abbiamo individuato dove e come realizzare dieci impianti per il trattamento dei rifiuti sulla base di un investimento di circa 200 milioni di euro. Più di 1.800 dipendenti sono stati stabilizzati, e si sono aperte nuove posizioni lavorative per più di 200 figure professionali. Piani come questo possono davvero rappresentare un volano per lo sviluppo sostenibile su un orizzonte di lungo periodo. Soprattutto in un’area del Paese che, sotto più di un punto di vista, è ancora in ritardo nella gestione efficace dei rifiuti.
Dopo il primo sbandamento di marzo 2020, dovuto all’emergenza Covid, la raccolta rifiuti si è assestata o avete già individuato nuove tendenze nel conferimento e nella raccolta? In che modo l’esplosione degli acquisti online ha inciso sulla produzione degli imballaggi?
A marzo e ad aprile 2020 il blocco di molte attività produttive ha messo il Paese di fronte al rischio concreto di un’emergenza rifiuti: la domanda di materia prima seconda era drasticamente crollata e gli impianti di selezione e trattamento si stavano saturando. La prontezza con cui le istituzioni hanno raccolto il nostro allarme ha permesso di scongiurare il peggio, ossia l’accumulo di rifiuti non ritirati in strada, soprattutto grazie all’aumento dei limiti di stoccaggio previsti dagli impianti. Del resto, come abbiamo ricordato spesso, gli italiani non hanno smesso di differenziare i rifiuti nemmeno durante i mesi del primo lockdown: il primo quadrimestre 2020 ha visto i conferimenti al sistema Conai aumentare per tutti i materiali di imballaggio, rispetto al 2019. E voglio ricordare che in Italia, nel 2019, è stato più del 92% dei Comuni italiani a sottoscrivere accordi con il Sistema Consortile grazie all’Accordo nazionale con Anci. Un dato che il primo semestre del 2020 ha visto crescere: la percentuale di Comuni serviti è arrivata a sfiorare il 94%. Non abbiamo ancora dati precisi per valutare quanto l’e-commerce abbia inciso sul 2020 in termini di produzione di packaging. Di certo ha contribuito a far spostare nel flusso domestico parte dei quantitativi normalmente destinati al ciclo di commercio e industria. Le nostre prime stime sull’anno appena concluso, però, autorizzano ad affermare che il quantitativo di imballaggi immessi al consumo nel 2020 si è ridotto: una flessione molto vicino al milione di imballaggi in meno. Il trend negativo non ha comunque compromesso le percentuali di riciclo, che anche lo scorso anno sono rimaste solide, probabilmente in leggera crescita. Non dimentichiamo come l’Italia sia uno dei paesi leader in Europa nel campo del riciclo degli imballaggi: il nostro sistema Paese ha già superato di cinque punti percentuali quel 65% di riciclo complessivo che l’Unione Europea chiede entro il 2025.
Leggi anche: Acquisti on line post pandemia: ecco i nuovi trend negli Usa
È possibile che di fronte a una situazione ancora poco definita, possano essere rimodulati i termini dell’accordo quadro con l’Anci?
La normativa che recepisce le nuove direttive europee sull’economia circolare dice che i termini dell’accordo devono essere rimodulati. Il nostro obiettivo è quindi quello di arrivare in tempi rapidi alla sottoscrizione del nuovo Accordo di programma quadro che coinvolga tutti i soggetti previsti dalla legge: i primi incontri in proposito sono iniziati a dicembre dello scorso anno, prima delle feste. In attesa di chiuderlo, per continuare a garantire i servizi di raccolta differenziata rimane in vigore l’attuale accordo generale con Anci sottoscritto all’inizio del 2020, poco prima dell’esplosione dell’emergenza sanitaria, e degli allegati tecnici che ne fanno parte, chiusi nei mesi successivi.
Sono tanti gli operatori che sottolineano come la recente chiusura delle frontiere alla plastica da parte della Cina rischia di mettere in seria difficoltà il mercato del riciclo e del riutilizzo: qual è la posizione di Conai a tal proposito? E quali potrebbero essere degli aiuti legislativi in tal senso?
La chiusura delle frontiere decisa dalla Cina ha essenzialmente portato a una sovra-produzione di rifiuti che devono essere riciclati e, a cascata, a una seria diminuzione del valore della materia ottenuta dal riciclo. Non ne è crollata la domanda, ma si è abbassato il suo valore di mercato. Anche per questo siamo convinti che una serie di incentivi fiscali per chi sceglie materia prima seconda sia sempre più urgente. Pensare alla plastica, in questo senso, è naturale per più di un motivo: ne ricicliamo ogni anno quantitativi in crescita, ma c’è ancora ritrosia nell’utilizzo di plastica riciclata. Fatica a trovare applicazioni nobili, ha un appeal estetico decisamente inferiore rispetto alla plastica vergine. Una concreta attuazione del Green Public Procurement sarebbe altrettanto auspicabile.
Riscontrate una maggiore attenzione da parte dei vostri soci sul tema dell’ecodesign? E in che modo i prossimi decreti End of Waste, annunciati dal ministero dell’Ambiente, potrebbero ulteriormente supportare la filiera?
Da anni promuoviamo un bando per l’ecodesign, che premia le soluzioni di packaging riviste in chiave sostenibile dalle aziende italiane. I numeri dei casi presentati sono cresciuti costantemente, anche nel 2020, nonostante il lockdown ci avesse fatto prevedere un’adesione decisamente ridotta. È stata una grande soddisfazione, ma anche la prova più evidente di quanto le aziende siano sensibili al tema della prevenzione e dell’ecodesign. Non dobbiamo mai dimenticare come, una volta immesso sul mercato, un imballaggio ci lasci margini di manovra piuttosto ridotti per una gestione “green” del suo fine vita. La maggior parte degli impatti che un pack avrà sull’ambiente si definiscono invece nella fase della sua progettazione. Prevenire, insomma, si rivela anche in questo caso la strada più efficace. Passando invece all’End of Waste, posso solo dire che un cambio di approccio ai materiali di imballaggio, perché siano considerati risorsa e non rifiuto, è essenziale: eliminando la necessità di un’autorizzazione alla gestione dei rifiuti, i provvedimenti End of Waste semplificano decisamente il commercio delle materie prime seconde. Attendiamo ora quelli sul plasmix e sul combustibile solido secondario, che speriamo arrivino in tempi brevi.
Col decreto Milleproroghe è stato sospeso l’obbligo dell’etichettatura ambientale degli imballaggi. Conai in questo senso aveva elaborato precise linee guida. Come interpretate la sospensione? E più in generale qual è la posizione di Conai sull’etichettatura?
Abbiamo accolto con ovvia soddisfazione questa parziale sospensione: lascia altro tempo ad alcune aziende per riorganizzarsi in vista dei nuovi obblighi in materia di etichettatura ambientale. L’oggetto della sospensione riguarda solo l’indicazione sul conferimento dell’imballaggio in raccolta differenziata, non la codifica alfa-numerica del materiale. Per questo, le aziende che già riportavano sui pack le istruzioni utili alla corretta differenziazione del materiale ora hanno un anno di tempo per assolvere all’obbligo di codifica alfa-numerica. Resta invece un numero, pur ridotto, di aziende che si trovano ancora di fronte l’obbligo di un’etichettatura che possiamo definire parziale. Il consiglio che stiamo dando a queste ultime è sempre quello di fare uno sforzo unico e di realizzare da subito etichette coerenti con il totale dell’articolato di legge che entrerà in vigore a gennaio 2022. In questo modo, ovviamente, eviteranno nuovi costi di impianto e di realizzazione. Il 17 febbraio la Conai Academy proporrà un terzo webinar dedicato all’etichettatura ambientale degli imballaggi: sarà visibile anche attraverso il nostro canale YouTube. Una nuova occasione per fare chiarezza e continuare a dimostrare vicinanza ai consorziati che si trovano a fare i conti con un nuovo obbligo di legge, decisamente impegnativo.
© Riproduzione riservata