Per reverse logistic, che in italiano possiamo tradurre con logistica di ritorno o logistica inversa, si intende il processo opposto a quello della catena di distribuzione, in cui i consumatori restituiscono i prodotti ricevuti al produttore o al rivenditore attraverso lo stesso percorso della catena di fornitura.
Ad esempio, quando i consumatori ricevono un prodotto danneggiato o difettoso, tendono a restituirlo al venditore per il rimborso o la sostituzione: così i prodotti finiti o in alcuni casi i materiali grezzi o semilavorati passano dal cliente finale sino al produttore, distributore o al soggetto terzo adibito al recupero.
L’obiettivo della logistica inversa è massimizzare il valore dei prodotti restituiti e ridurre al minimo i costi associati alla loro gestione e trattamento: permette di far guadagnare nuovo valore a prodotti che avrebbero, almeno apparentemente, esaurito il loro ciclo di vita. È necessario però che la sostenibilità sia anche economica, ma andiamo con ordine.
Il boom dell’e-commerce e i resi
Sappiamo che il settore dell’e-commerce è in un momento di espansione che oramai ci pare inarrestabile: secondo il “Global E-commerce Growth Forecast 2022” di Morgan Stanleyha, la previsione di crescita globale passerà dagli attuali 3,3 trilioni di dollari a 5,4 trilioni di dollari entro il 2026. D’altronde i canali di acquisto online offrono diversi vantaggi come la possibilità di scegliere con calma tra moltissimi prodotti, la consegna a domicilio e, per l’appunto, la facilità di restituzione e di cambio.
Con il forte aumento del numero di persone che acquistano online, è aumentato anche il volume dei resi e delle sostituzioni dei prodotti: secondo il Data Bridge Market Research, si prevede così che la logistica inversa crescerà fino a 954 milioni di dollari entro il 2029. Inoltre, stando ai dati della National Retail Federation, e come riportato da Logistics managment, i resi occupano la maggior parte dello spazio della logistica inversa e si stima che, in media, il 17% degli ordini al dettaglio venga restituito, con picchi fino al 30% durante l’alta stagione delle vacanze.
La logistica inversa comprende quindi anche attività come la corretta ispezione dei prodotti danneggiati, seguita dall’eventuale riparazione e dalla rivendita o dallo smaltimento di quel particolare prodotto e riciclo, nel caso non fosse recuperabile. Sappiamo però che, almeno in passato, a finire distrutti sono stati prodotti anche in perfette condizioni, come è stato dimostrato nell’inchiesta “Amazon, uno smaltimento al di sopra di ogni sospetto”, poi ripresa anche dal programma tv Presa Diretta.
La logistica inversa assume dunque un ruolo centrale nel tentare di abbattere le emissioni legate agli acquisti online. I consumatori manifestano una maggiore sensibilità nei confronti dell’ambiente e questo, unito alla volontà di anticipare o rispettare normative, sta lentamente spingendo le aziende verso l’adozione di pratiche più sostenibili. Le aziende che implementano programmi efficaci di logistica inversa possono infatti ridurre gli sprechi, minimizzare l’uso delle risorse e migliorare la propria impronta ambientale.
Per rendere questo processo davvero sostenibile però si dovrebbe diminuire il numero delle spedizioni. A monte dovrebbe esserci dunque un minor numero di resi, troppo spesso gratuiti e ormai una pratica consolidata per i brand di fast fashion e ultra-fast fashion: non è difficile imbattersi sui social in video di influencer che chiedono ai propri follower se tenere o restituire decine di capi appena acquistati: un altro avvilente aspetto della moda usa e getta.
Un’altra opzione è quella di ottimizzare il trasporto per ridurre le emissioni, cercando soluzioni per ridurre il volume dei prodotti, come ad esempio quella di ritirarli senza packaging.
D‘altra parte le difficoltà non mancano: come riportato dal Global Reverse Logistics Market Market di Brandessence, i produttori hanno ancora uno scarso controllo sui servizi di logistica inversa. E questo ostacolerebbe la crescita di questo mercato.
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La logistica inversa nell’economia circolare
Oltre ai resi, stanno registrando una crescita anche altri segmenti di mercato della logistica inversa come il re-commerce, il riciclo e lo smaltimento a fine vita, in quanto il concetto di economia circolare continua a maturare come un vantaggio competitivo nella logistica e nel marketing.
Per contribuire a ridurre il loro impatto ambientale, alcuni marchi di moda si sono impegnati in programmi a ciclo chiuso per l’abbigliamento, consentendo agli acquirenti di inviare i loro capi usati per il riciclo: ad esempio, in Italia il brand di abbigliamento Rifò Lab che ritira con corriere maglie di lana o cashmere, anche se bucati o tarmati a fronte di uno sconto. Ma anche i servizi di noleggio di cui vi abbiamo parlato spesso su questo magazine, implicano un’accurata gestione della logistica inversa, così come tutti quei servizi di restituzione del packaging che prevedono l’utilizzo di imballaggi riutilizzabili che ritornano al venditore.
Ne deriva che comprendere le problematiche e sfruttare i vantaggi della logistica inversa sia un punto fondamentale per un’azienda che vuole inserirsi davvero in un sistema circolare. E questo implica, ovviamente, una comprensione dei costi, dei processi e del modello operativo che può e deve avere un impatto sulla progettazione dei processi della supply chain. Nelle situazioni in cui le attività di logistica inversa sono in crescita, vengono sempre più spesso istituite, soprattutto per i resi, partnership con fornitori di logistica di terze parti (3PL).
Il re-commerce che fa risparmiare sui resi
Si sta iniziando ad investire anche nei magazzini dove il prodotto viene ricevuto, trattato e reso disponibile per la rivendita o lo smaltimento.
Questo fenomeno è guidato dal re-commerce, ovvero il riutilizzo e la rivendita di prodotti, un settore che si prevede crescerà da 178 miliardi di dollari nel 2022 a 289 miliardi di dollari entro il 2027. Tra le altre cose, il re-commerce fornisce alle aziende uno strumento per evitare i costi dei resi transfrontalieri, cioè quando la restituzione di un prodotto acquistato in un paese e spedito in un altro. Questo processo può rivelarsi costoso a causa della distanza e della conformità alle normative, e il re-commerce offre un’alternativa, consentendo di vendere o riciclare il prodotto a livello locale anziché rispedirlo al Paese di origine.
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I robot della logistica inversa
Le crescenti attività di ricerca e sviluppo in questo ambito, e una maggiore integrazione delle tecnologie di automazione e digitalizzazione stanno aumentando le prospettive di questo tipo di business e le opportunità per il mercato. La logistica inversa e la gestione dei resi sono stati finora e per lo più un processo manuale. Ora stiamo assistendo però ad un aumento dell’automazione attraverso l’uso della robotica nei centri di distribuzione, come i robot mobili autonomi (in inglese autonomous mobile robots, AMRs), i veicoli a guida automatica (automatic guided vehicles, AGVs) e i sistemi di stoccaggio e prelievo automatizzati (storage and retrieval systems, ASRS).
Anche se siamo ancora lontani dalla completa automazione dei resi, l’innovazione degli AMR e il loro utilizzo stanno dimostrando un aumento dell’efficienza e dell’accuratezza del processo di gestione dei resi, riducendo al contempo i costi e la necessità di manodopera di magazzino. Inoltre, quando sono completamente integrati nei sistemi di gestione del magazzino e dell’inventario, questi offrono dati quasi in tempo reale sui resi e sull’inventario dei prodotti.
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Una logistica davvero sostenibile
La logistica inversa crea quindi delle opportunità ma anche un nuovo livello di complessità per l’intera catena di fornitura.
Dopo che i prodotti vengono raccolti, ispezionati e ricondizionati o rimessi in magazzino, sono rispediti al punto vendita o rivenduti in base al mercato o alla piattaforma. Nel caso dei dispositivi digitali, sono previsti una serie di passaggi, normativi e di garanzia della qualità, che comportano costi aggiuntivi. Ci sono poi alcune categorie di prodotti che non sono redditizie o attraenti come prodotti già posseduti.
Dunque, prima di trasformare i processi di logistica inversa, è fondamentale prevedere un modello di costi-servizi sostenibile: le iniziative di logistica inversa potrebbero fallire se le aziende non si allineano agli obiettivi generali di sostenibilità. Un processo di logistica inversa efficace non è quindi di esclusiva responsabilità del team delle operazioni logistiche, ma richiede uno sforzo collettivo tra i gruppi esterni alla supply chain per garantire la collaborazione, l’ottimizzazione della proposta di valore della logistica inversa e il supporto per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Insomma, bisognerebbe mettere in campo tutte le forze possibili per far sì che non sia più conveniente e semplice smaltire i resi e le merci danneggiate in discarica.
Le aziende devono rivalutare gli usi secondari dei loro prodotti e considerare le opportunità di riutilizzare, rimettere a nuovo, rigenerare o riciclare le risorse, attraverso tutta la catena di fornitura, in un ciclo chiuso.
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