Non poteva che fare i conti con la più grave pandemia degli ultimi 100 anni l’undicesima edizione dell’Italia del riciclo, la più nota e attesa indagine che coinvolge in modo attivo le diverse filiere del riciclo dei rifiuti nel nostro Paese. Il report, realizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da Fise Unicircular (l’unione delle imprese che si occupano di economia circolare), vede il supporto di tutti gli attori in campo, che anche nel 2020 hanno partecipato alla raccolta e verifica dei dati e alla individuazione aggiornata delle difficoltà riscontrate nel proprio comparto. Se è vero che dal 2009 a oggi l’Italia del Riciclo ha registrato risultati positivi – con una crescita costante delle quantità di rifiuti riciclate, delle imprese del settore e un loro importante sviluppo tecnologico che ha consentito di raggiungere vere e proprie punte di eccellenza europea – è altrettanto vero che il Covid rischia di rimettere tutto in discussione. Diventa dunque fondamentale questa prima panoramica degli effetti della pandemia sul settore del riciclo dei rifiuti urbani e speciali , sulle misure adottate e i possibili sviluppi futuri alla luce del nuovo Piano d’azione per l’economia circolare pubblicato dalla Commissione europea a marzo 2020.
Meno rifiuti significa più tagli
“Per gli operatori della gestione e riciclo dei rifiuti – si legge nel report – la priorità nei mesi di emergenza e nei successivi è stata quella di garantire il ritiro dei rifiuti su tutto il territorio nazionale e continuare ad avviarli a riciclo cercando di evitare la saturazione degli impianti e la crisi del sistema generata dal calo della domanda di materiale riciclato e, soprattutto durante il lockdown, dalla riduzione dell’operatività dei settori applicativi a valle. Tra gli effetti a medio termine dell’epidemia ci sono sicuramente i ritardi, i rallentamenti e i tagli degli investimenti programmati nel settore dei rifiuti. Per compensare i minori quantitativi di rifiuti gestiti e/o la riduzione dei quantitativi di materie prime secondarie vendute, le imprese stanno principalmente cercando di contenere i costi diretti e individuare nuovi clienti/utilizzatori su nuovi mercati. Questo avviene attraverso la diversificazione dell’offerta e delle politiche commerciali, il ricorso alla partnership con i clienti/utilizzatori creata nel corso degli anni, la fornitura di supporto alla logistica dei clienti/utilizzatori, il monitoraggio delle giacenze e la sensibilizzazione verso i decisori politici”.
Ovviamente i dati definitivi di questo complicatissimo 2020 saranno disponibili nel report 2021. Ma il dossier di quest’anno riporta gli esiti di un’indagine, condotta dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e Fise Unicircular tra settembre e ottobre scorsi, su un campione di 50 soggetti. Il risultato, ampiamente prevedibile, testimonia che nel 2020 sono aumentate le raccolte differenziate domestiche degli imballaggi, mentre hanno registrato un brusco calo quelle presso le isole ecologiche (in particolare i rifiuti elettrici ed elettronici e alcuni imballaggi) e quelle legate alle attività industriali e commerciali. Il crollo nella produzione di rifiuti si è avuto soprattutto tra marzo e maggio, quando il primo lockdown ha sconvolto i nostri modelli di vita, per poi riprendere – seppur abbastanza timidamente – da giugno in poi. Il calo della raccolta per tutti gli operatori è stato in media di oltre il 20% nei momenti più critici, rispetto all’anno precedente. Il rifiuto organico, ad esempio, è diminuito di circa il 15% durante il lockdown, perché a fronte di un aumento del rifiuto domestico va considerata una notevole diminuzione del rifiuto da utenze collettive come mense, ristoranti, pubblici esercizi. Una sorta di equilibrio si è ristabilito a partire da maggio-giugno, con la ripresa di tutte le attività produttive, commerciali, turistiche, facendo poi registrare un successivo abbassamento con la parziale ripresa delle scuole.
Senza turisti rifiuti al minimo
“Si continuano invece a registrare raccolte inferiori rispetto allo stesso periodo del 2019 – si legge poi nel report – per gli oli e grassi animali e vegetali, in lieve riduzione per gli imballaggi in alluminio e per i solventi. Questi ultimi settori sembrano quindi tornare ai valori pre-epidemia più lentamente. Oltre alle modifiche quantitative, nei mesi di lockdown si sono verificate anche differenze territoriali nella raccolta per il 52% del campione”. Non solo differenze tra Nord e Sud: le riduzioni maggiori si sono registrate nei Comuni ad elevata vocazione turistica, per esempio a Venezia tra marzo e maggio la diminuzione della raccolta differenziata è arrivata a -20% su tutto il territorio comunale, con oltre -52% nel solo centro storico della città. Un altro aspetto che fa riflettere è quello relativo agli imballaggi in vetro: nel periodo marzo-maggio 2020 il Sud Italia ha rilevato il calo più consistente della raccolta (di poco superiore al 5%), in controtendenza rispetto all’andamento degli ultimi tre anni, in cui le Regioni meridionali avevano evidenziato le migliori performance. Segno, forse, che di fronte alla crisi chi abita nel Meridione ha preferito rifugiarsi nelle vecchie e cattive abitudini.
“Gli impianti di selezione, riciclo e termovalorizzazione – continua il dossier – sono rimasti tutti operativi a pieno regime anche durante il lockdown, superando le criticità connesse con la movimentazione dei materiali per limitare il rischio di contagio tra gli operatori. Molti impianti per ovviare a tali problematiche hanno aumentato il numero dei turni di lavoro diminuendo la durata degli stessi. Questa necessaria modifica gestionale ha però avuto riflessi anche sulla qualità dei prodotti selezionati, in particolar modo nella filiera degli imballaggi in plastica. Nei mesi di maggio e giugno, a seguito di un parziale ripristino delle condizioni operative standard, tale problematica è rientrata, con un netto miglioramento degli standard qualitativi e un aumento dei quantitativi di prodotti selezionati avviati a riciclo”.
Prospettive circolari cercasi
Per uscire migliori da questo disgraziato 2020, e guardare con fiducia al futuro, abbiamo sottolineato più volte che bisogna assumere l’economia circolare come scelta strategica. E concordano anche i curatori dell’Italia del riciclo. “Per sviluppare l’economia circolare, favorire innovazione e nuovi investimenti – ha dichiarato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – sarebbe molto utile ridurre i tempi troppo lunghi , a volte di anni, per le autorizzazioni di attività di riciclo di rifiuti che generano prodotti (End of waste) affidate, caso per caso, alle Regioni e oggi sottoposte ad un doppio regime di controllo a campione, non previsto dalle direttive europee e non richiesto in nessun altro Paese europeo. Nell’uso delle risorse europee del Recovery fund è inoltre necessario finanziare la ricerca e l’innovazione delle tecniche di riciclo in settori critici che hanno importanti potenzialità ambientali e di sviluppo (per esempio il riciclo delle plastiche miste e di alcuni Raee) nonché finanziare l’innovazione per migliorare la riciclabilità di alcuni prodotti e per aumentare l’impiego di materiale riciclato in sostituzione di materie prime vergini”.
L’anno che verrà, infatti, sarà l’anno dell’arrivo della prima tranche del Recovery Fund e quello dell’avvio del Green Deal. L’Europa ha scelto di mettersi in prima linea nella sfida alla sostenibilità ambientale. E l’Italia, in questo senso, ha l’assoluta necessità di farsi trovare pronta. “È necessaria in particolare – evidenzia Paolo Barberi, presidente di Fise Unicircular – la rapida definizione dei decreti nazionali per le diverse filiere End of waste e la semplificazione delle procedure di controllo sulle autorizzazioni End of waste, caso per caso. L’emergenza ha evidenziato inoltre alcune carenze di dotazione impiantistica (soprattutto per la frazione organica e la frazione residuale non riciclabile) e la necessità di nuove tecnologie di riciclo per alcune tipologie di rifiuti (plastiche miste e alcuni Raee). Il sistema italiano del riciclo è in grado di affrontare i nuovi e più ambiziosi target europei per l’economia circolare purché si facciano ulteriori sforzi per migliorare la qualità delle raccolte e di conseguenza dei materiali da riciclo, venga promosso l’uso dei prodotti circolari e siano recuperati i ritardi e le carenze impiantistiche ancora presenti in alcune zone del Paese”.
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