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giovedì, Novembre 14, 2024

Le potenzialità circolari e occupazionali del riciclo delle pale eoliche. Ma in Italia…

Secondo uno studio commissionato dalla Coalition for Wind Industry Circularity il riciclo delle parti danneggiate delle pale eoliche non porterebbe soltanto notevoli benefici ambientali ma anche occupazionali. Mentre in Italia non riusciamo neanche a installare i parchi eolici, sia offshore che onshore

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Redazione EconomiaCircolare.com

Al netto delle opposizioni e degli annunci, i progetti di impianti rinnovabili – soprattutto impianti fotovoltaici e pale eoliche – si fanno sempre più numerosi, in Italia come nel resto del mondo. Del resto la transizione verso un’energia a zero emissioni è sempre più urgente, come ci mostrano la crisi climatica in atto e i numerosissimi report scientifici che vengono elaborati sul tema. D’altra parte virare verso altri tipi di impianti rispetto a quelli fossili implica ulteriori questioni, che a EconomiaCircolare.com abbiamo già analizzato, come quella relativa alla ripresa delle estrazioni minerarie e alle forniture di materie prime.

Si tratta però di processi che vanno gestiti e non imposti. Ecco perché diventa fondamentale guardare alle esperienze di altri Paesi. Dalla Gran Bretagna, ad esempio, arriva uno studio che incrocia transizione energetica, economia circolare e risvolti occupazionali. Possibile?

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Le pale eoliche? Una risorsa sotto tutti i punti di vista

Negli scorsi giorni sul Daily Business è stato pubblicato un articolo che sintetizza uno studio realizzato dalla Coalition for Wind Industry Circularity, che mette insieme aziende (SSE Renewables e Renewable Parts), mondo accademico (University of Strathclyde) e istituti scientifici (National Manufacturing Institute Scotland).

Secondo la coalizione, costruire una filiera in grado di recuperare e riparare le parti danneggiate delle pale eoliche porterebbe alla creazione di 20mila posti di lavoro nella sola Gran Bretagna da qui al 2035. Inoltre, oltre a generare una mole considerevole di posti di lavoro, il riciclo delle pale eoliche eviterebbe la produzione di 800mila tonnellate di “rottami eolici” che andrebbero comunque smaltiti in qualche modo.

L’analisi, commissionata dalla coalizione e intrapresa da BVG Associates, ha rilevato che si prevede che nei prossimi 12 anni si prevede che saranno realizzate circa 120mila turbine eoliche, con una capacità di 584 gigawatt, nel Regno Unito, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna e Svezia.

Ancora, secondo lo studio, se si riuscisse a creare una filiera in grado di rifornire soltanto dieci componenti tra le migliaia che costituiscono una pala eolica comporterebbe un beneficio per l’economia inglese di ben 10 miliardi di sterline (circa 11,5 miliardi di euro) in un arco temporale di soli dieci anni, tra il 2025 e il 2035. Insomma: a un impatto economico e occupazionale significativo si accompagnerebbe un indubbio beneficio a livello ambientale.

Anche perché, come ha ricordato Nick Sharpe, direttore delle comunicazioni e della strategia di Scottish Renewables, “un numero significativo dei nostri parchi eolici raggiungerà la fine della loro durata di 20-25 anni. Sappiamo che l’80% di una moderna turbina eolica è riciclabile, quindi ci sono chiare opportunità per gli operatori di parchi eolici di sfruttare i principi dell’economia circolare aumentando il riutilizzo di componenti da progetti dismessi”.

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In Italia invece le pale eoliche … 

Altro che riciclo di pale eoliche: in Italia si fa fatica persino a installarle, figurarsi a riusarle. “Nel 2022 solo l’1% degli impianti fotovoltaici ha ricevuto l’autorizzazione. Va peggio per l’eolico on-shore fermo allo 0%”: l’ultimo quadro allarmante sulle energie rinnovabili in Italia lo dà l’osservatorio di Legambiente, aggiornato a marzo 2023. “Ad oggi nella Penisola – si legge ancora nella nota dell’associazione ambientalista – sono 1364 gli impianti in lista d’attesa, ossia in fase di VIA, di verifica di Assoggettabilità a VIA, di valutazione preliminare e di Provvedimento Unico in Materia Ambientale a livello statale. Il 76% distribuito tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. A fronte di questo elevato numero di progetti in valutazione – e nonostante le semplificazioni avviate dall’ex Governo Draghi e l’istituzione e il potenziamento appena stabilito delle due Commissioni VIA-VAS che hanno il compito di rilasciare un parere sui grandi impianti strategici per il futuro energetico del Paese – sono pochissime le autorizzazioni rilasciate dalle Regioni negli ultimi 4 anni”.

Alcune storie più di altre sono particolarmente significative. Come quella relativa al progetto Agnes, che intende installare nella costa di fronte la città di Ravenna un parco eolico offshore da 600 megawatt di potenza con impianto fotovoltaico galleggiante annesso da 100 megawatt A opporsi al progetto Agnes è … Rimini! Proprio così: la città romagnola ha presentato una serie di osservazioni critiche al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, dato che il progetto Agnes è nella fase della valutazione di impatto ambientale.

Anche perché, come scrive Il Resto del Carlino, “Rimini verrà interessata dalla parte più a sud dell’impianto eolico che si prevede di realizzare ponendo 50 aerogeneratori per una potenza di 400 megawatt a nord della costa regionale, mentre altri 25 aerogeneratori saranno collocati più a sud andando a interessare lo specchio di mare all’altezza di Cervia, Cesenatico e anche Rimini, nella parte nord fino ad avvicinarsi a Torre Pedrera”. I motivi dell’opposizione sono simili a quelli che riscontrano altri progetti di impianti eolici: impatto visivo, interdizione delle zone di pesca e limitazioni nelle navigazioni.

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