fbpx
martedì, Maggio 21, 2024

Città inquinate al rientro dalle ferie? 10 cose da sapere sul particolato fine

Il famigerato particolato fine, PM 2,5, rappresenta una minaccia per la salute umana. Alcuni dati che ci consentono di saperne di più

Raffaele Lupoli
Raffaele Lupoli
Direttore editoriale di EconomiaCircolare.com. Giornalista professionista, saggista e formatore, è docente a contratto di Economia delle organizzazioni complesse presso ISIA Roma Design. Ha diretto diverse testate, tra cui il settimanale Left e LaNuovaEcologia.it. Ha lavorato con Legambiente collaborando tra l’altro alla redazione del Rapporto Ecomafie, ha coordinato la redazione del periodico Rifiuti Oggi e il mensile La Nuova Ecologia. Si è occupato di comunicazione politica e nel 2020 ha collaborato con il ministero dell’Istruzione sui temi della sostenibilità ambientale e dell'innovazione sociale.

1. Particolato fine e rischi per la salute

Il particolato fine PM 2,5 è l’inquinante atmosferico che causa i più significativi problemi di salute e mortalità prematura: secondo l’Agenzia Ambientale Europea, nell’UE a 27 sono state 238mila nel solo 2020, quando si è registrato un -45% rispetto al 2005. Questa miscela di solidi e aerosol (airborne particulate matter, in sigla PM) una volta inalata può penetrare in profondità nei polmoni e nel flusso sanguigno, contribuendo all’insorgere di diverse patologie, tra cui quelle respiratorie, quelle cardiovascolari e alcune forme di cancro. Non esiste alcuna prova di un livello sicuro o di una soglia di esposizione al PM 2,5 al di sotto della quale non si verificano effetti negativi sulla salute.

2. Come si genera il particolato fine 

A generare il particolato fine sono i diversi tipi di combustione, inclusi quelli dei motori di auto e motoveicoli, degli impianti per la produzione di energia, della legna per il riscaldamento domestico, degli incendi boschivi e di molti altri processi industriali. Nel grafico sottostante è riportata la “distribuzione” tra settori nel nostro Paese (fonte ISPRA).

Emissioni nazionali di particolato fine (PM2,5) per settore di provenienza dal 1990 al 2019 – Fonte: ISPRA

 

3. PM 2,5 e PM 10: differenze

Le particelle di PM 2,5 hanno diametro pari o inferiore a 2,5 micrometri (quello di un capello è di circa 70 micrometri), mentre il PM10 è composto da particelle fino a 10 micrometri e in parte diverse: polvere di cantieri, discariche e agricoltura, incendi e incenerimento di sterpaglie o rifiuti, fonti industriali, polvere portata dal vento proveniente da terreni aperti, pollini e frammenti di batteri.

Leggi anche: Quanto è efficace lo standard Euro 7 per i veicoli?

4. Esposta quasi tutta la popolazione globale

Secondo uno studio pubblicato su The Lancet Planetary Healt, solo lo 0,18% della superficie terrestre globale e lo 0,001% della popolazione mondiale (circa 80mila persone) sono esposti a livelli di PM 2,5 al di sotto dei livelli di sicurezza raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Le concentrazioni medie annuali di PM2,5 non dovrebbero superare i 5 µg/mc (microgrammi per metro cubo), mentre le esposizioni medie nelle 24 ore non dovrebbero superare i 15 µg/m3 per più di 3-4 giorni l’anno.

5. Il 97% degli europei esposti a concentrazioni elevate

Nel 2021 il 97% della popolazione urbana europea è stata esposta a concentrazioni di particolato fine superiori al livello delle linee guida Oms. L’Europa centro-orientale e l’Italia registrano le maggiori concentrazioni di polveri sottili, dovute principalmente ai combustibili solidi per il riscaldamento domestico e al loro utilizzo nell’industria (Fonte: Agenza Ambientale Europea).

6. Pm 2,5 e antibiotico-resistenza 

Un recente studio pubblicato The Lancet descrive per la prima volta l’associazione tra PM 2,5 e antibiotico-resistenza a livello globale. Un altro studio, finanziato dal National Institutes of Health statunitense e pubblicato su JAMA Internal Medicine ha analizzato tra i diversi fattori l’esposizione a particolato fine in relazione a casi di demenza: i risultati suggeriscono che interventi che riducono l’inquinamento atmosferico potrebbero diminuire anche il rischio di sviluppare demenza.

7. Pianura Padana con le concentrazioni più elevate

L’aspettativa di vita dei residenti della Pianura Padana, dove nel 2021 e 2022 si sono osservate le concentrazioni più elevate di PM 2,5 in Europa, potrebbe migliorare di 1,6 anni se i livelli di inquinamento rispettassero le linee guida Oms.

8. Dove cala e dove aumenta l’esposizione 

La concentrazione annuale di PM 2,5 e i giorni di elevata esposizione a PM 2,5 in Europa e Nord America sono diminuiti negli ultimi 20 anni, mentre le esposizioni sono aumentate in Asia meridionale, Australia e Nuova Zelanda, America Latina e Caraibi.

9. Esposizione a lungo termine in Italia

L’Istituto Superiore di Sanità, si legge nel Rapporto annuale 2023 dell’ISTAT, ha stimato che in media, nel periodo 2016-2019, l’esposizione a lungo termine al PM2,5 è stata di 20,5 μg/mc (microgrammi per metro cubo) al Nord, 14,5 al Centro e 12,6 al Sud. L’impatto stimato è di 50.856 decessi prematuri all’anno, con una media dell’8,3% dei decessi per cause naturali attribuibili all’esposizione a lungo termine al PM2,5, quota che al Nord sale al 10,9%.

10. Dalla riduzione decessi dimezzati e risparmi

L’Italia ha ridotto i livelli di particolato fine del 42% (contro un obiettivo al 2020 del -10% rispetto ai livelli del 2005) e secondo uno studio ENEA il raggiungimento degli obiettivi di riduzione fissati per il 2030 consentirà, rispetto al 2010, di dimezzare i decessi e di risparmiare 33 miliardi di euro.

Leggi anche: Spazio per respirare, dalla Spagna la campagna per chiedere aria pulita in città

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie