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venerdì, Novembre 15, 2024

È l’ora dell’idrogeno? Per l’IEA servono 1.200 miliardi di dollari di investimenti

Il report Global Hydrogen Review 2021, redatto dall'Agenzia Internazionale dell'Energia, traccia un quadro della situazione sull’idrogeno, considerato il vettore energetico del futuro. Affinché il suo contribuisca a ridurre le emissioni, servono la cooperazione internazionale tra gli Stati e il sostegno alla ricerca

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Redazione EconomiaCircolare.com

La transizione ecologica dovrà necessariamente basarsi su un mix energetico. Accanto ad alcune fonti che stanno per essere abbandonate, vedi il carbone, e altre che, come il petrolio e il gas, resistono ancora nonostante gli appelli delle ong ambientaliste e della comunità scientifica, ce ne sono altre che tentano di farsi strada. Se sulle rinnovabili puntano tutti, le partite aperte sono quella sul nucleare (in Italia una sorta di ritorno) e sull’idrogeno. Su quest’ultimo elemento, il primo della tavola periodica, si concentrano da tempo le attenzioni del settore e della politica. A tal proposito è fondamentale il report Global Hydrogen Review 2021, stilato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, nota con l’acronimo inglese IEA.

Già da tempo la IEA ha cambiato rotta rispetto a un approccio che negli anni passati era molto conservatore, con la tendenza a difendere a spada tratta le fonti fossili, e recentemente aveva fatto scalpore in tal senso il report Net-Zero by 2050 che non solo poneva l’asticella delle emissioni zero al 2050 ma lo faceva chiedendo di interrompere sin da subito nuove esplorazioni di carbone, petrolio e gas. A corroborare questo quadro potrebbe giungere un uso più esteso dell’idrogeno, soprattutto quello a basse emissioni di carbonio, come lo definisce l’agenzia, che qui da noi in Italia è noto col colore verde, ovvero quello prodotto dall’uso delle rinnovabili. Sarà la volta buona per l’idrogeno, finora relegato a sperimentazioni e progetti?

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“I tempi sono maturi” (ma serve accelerare)

Nel 2019, quando l’Agenzia Internazionale dell’Energia si era occupata per la prima volta dell’idrogeno con un report ad hoc, solo tre Stati – Francia, Giappone e Corea – avevano definito strategie nazionali per l’uso dell’idrogeno. Oggi, scrive la IEA, quegli Stati sono diventati 17 mentre altri “20 governi hanno annunciato pubblicamente che stanno lavorando per sviluppare strategie”, tra cui l’Italia, e “numerose aziende stanno cercando di attingere a opportunità di business dell’idrogeno”, tra cui le nostre Eni, Enel e Snam. Per arrivare all’obiettivo di soddisfare il 10% dell’energia finale totale dei consumi entro il 2050, “l’uso dell’idrogeno dovrà estendersi a diverse parti del settore energetico e dovrà crescere di sei volte rispetto ai livelli odierni”. Serve, dunque, una decisa accelerata.

“La domanda di idrogeno si è attestata a 90 milioni di tonnellate nel 2020 – si legge ancora nel report – praticamente tutta per raffinazione e applicazioni industriali e prodotto quasi esclusivamente da combustibili fossili, con emissioni di CO2 prossime a 900 milioni di tonnellate. Ma ci sono incoraggianti segnali di progresso. La capacità globale di elettrolizzatori, necessari per produrre idrogeno dall’elettricità, sono raddoppiati negli ultimi cinque anni per raggiungere poco più di 300 megawatt entro la metà del 2021. In giro ci sono  350 progetti attualmente in fase di sviluppo che potrebbero portare la capacità globale fino a 54 gigawatt entro il 2030. Mentre altri 40 progetti per oltre 35 gw di capacità sono nelle prime fasi di sviluppo. Se tutti questi progetti fossero realizzati, la fornitura globale di idrogeno da elettrolizzatori potrebbe raggiungere più di 8 miliardi di tonnellate entro il 2030”. Sebbene si tratti di un aumento significativo, sottolinea l’Agenzia, siamo ancora ben al di sotto degli 80 miliardi di tonnellate indicati dalla stessa IEA nel precedente report sulle emissioni zero.

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Il ruolo degli Stati e la leadership dell’Europa

“L’Europa  – si legge nel report – è leader nell’implementazione della capacità degli elettrolizzatori, con il 40% di capacità installata globale, ed è destinata a rimanere il più grande mercato in a breve termine sulla scia delle ambiziose strategie sull’idrogeno dell’Unione Europea e del Regno Unito”. Dietro la leadership europea si colloca, un po’ a sorpresa, l’Australia. Anche il Medio Oriente punta molto sull’idrogeno, soprattutto per esportarlo negli Stati meno capaci di generarlo.  La Cina ha avuto un inizio lento, ma ora il numero di annunci di progetti sull’idrogeno sta aumentando notevolmente.

Mentre gli Stati Uniti hanno annunciato recentemente, attraverso il piano , ambizioni notevoli, soprattutto per quanto riguarda l’uso di idrogeno La Repubblica Popolare Cinese (“Cina”) ha avuto un inizio lento, ma il suo numero di annunci di progetto è in rapida crescita e gli Stati Uniti stanno intensificando le ambizioni con il loro Hydrogen Earthshot, recentemente annunciato. Insieme al Canada, gli Usa sono già ora leader nella produzione di idrogeno da combustibili fossili. Ma la direzione che il resto del mondo sta intraprendendo è un’altra.

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Ampliare gli usi dell’idrogeno

“L’idrogeno può essere utilizzato in molte più applicazioni di quelle comunemente usate oggi” ribadisce l’Agenzia. “Anche se questo rappresenta ancora una piccola quota del totale della domanda di idrogeno, i recenti progressi per espandere la sua portata sono stati notevoli, soprattutto nei trasporti. Il costo delle celle a combustibile per autoveicoli è diminuito del 70% dal 2008 grazie al progresso tecnologico e alla crescita delle vendite di veicoli elettrici a celle a combustibile (FCEV)”. Dove l’idrogeno può essere ancora più competitivo, più che la singola auto, è nei mezzi pesanti come autobus e camion. “Diversi progetti dimostrativi per l’uso di combustibili a base di idrogeno nel settore ferroviario, marittimo e aereo sono già in fase di sviluppo e dovrebbero aprire nuove opportunità per creare domanda di idrogeno” scrive la IEA. Inoltre l’idrogeno “è un pilastro fondamentale della decarbonizzazione per l’industria, anche se la maggior parte delle tecnologie che possono contribuire in modo significativo sono ancora in fase di sviluppo. Il primo progetto pilota al mondo per la produzione di acciaio privo di carbonio, utilizzando idrogeno a basse emissioni, ha esordito

quest’anno in Svezia. In Spagna, un progetto pilota per l’uso di idrogeno variabile a base di fonti rinnovabili per la produzione di ammoniaca dovrebbe iniziare alla fine del 2021. Altri progetti dimostrativi per l’utilizzo dell’idrogeno in applicazioni industriali come cemento, ceramica o vetro sono in fase di sviluppo”.

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Una marea di soldi per rendere competitivo l’idrogeno verde

Finora i Paesi che hanno adottato strategie nazionali sull’idrogeno si sono impegnati a investire almeno 37 miliardi, mentre il settore privato ha annunciato ulteriori somme per altri 300 miliardi di dollari. Sembrano cifre mostruose ma, a leggere le stime dell’IEA, sono largamente insufficienti. “Per raggiungere gli obiettivi delle emissioni zero entro il 2050 sono necessari 1200 miliardi di dollari di investimenti nella fornitura e nell’uso di idrogeno a basse emissioni di carbonio fino al 2030” segnala l’Agenzia, per poi aggiungere poco dopo che “la transizione verso l’energia pulita richiede un cambio di passo nella creazione della domanda”.

Solo così l’idrogeno verde può “diventare competitivo entro questo decennio”, che finora invece costa molto di più rispetto a quello prodotto attraverso l’uso di combustibili fossili – l’idrogeno marrone e l’idrogeno blu. “Allo stato attuale – conferma l’Agenzia – la produzione di idrogeno da fossili è l’opzione più economica nella maggior parte del mondo”.

Un’opzione, però, che non possiamo permetterci se vogliamo superare la crisi climatica in corso. Ecco perché la IEA suggerisce ad esempio di fornire maggiori opportunità di esportazioni di idrogeno, soprattutto verso quei Paesi che hanno un grande potenziale di energie rinnovabili (come l’Italia) o che hanno già processi avanzati di stoccaggio di anidride carbonica (come gli Usa), dai quali poi si ricava idrogeno blu. Secondo l’Agenzia, inoltre, “almeno 90 miliardi di dollari di denaro pubblico devono essere incanalati in progetti di ricerca sull’innovazione energetica” e, di questi, “circa la metà deve essere destinato a tecnologia legate all’idrogeno”. Insomma: oltre ai soldi è necessaria una cooperazione internazionale più forte. Possibilità o utopia?

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Le raccomandazioni sull’idrogeno dell’Agenzia Internazionale dell’Energia

Di fronte agli scenari problematici che apre la crisi climatica è chiaro che devono essere i governi ad assumere un ruolo guida, anche nella transizione energetica. Contributi come quello della IEA restano poi fondamentali, specie perché insieme alla parte più “tecnica” associano ormai veri e propri suggerimenti politici. Ecco perché l’ultima parte del report Global Hydrogen Review 2021 offre una serie di raccomandazioni:

  • sviluppare strategie e roadmap nazionali sull’idrogeno con obiettivi concreti per la diffusione della produzione a basse emissioni di carbonio e, in particolare, stimolare una domanda significativa sono fondamentali per costruire fiducia negli stakeholder
  • creare incentivi per l’utilizzo di idrogeno a basse emissioni di carbonio, affinché si attenui sempre più il ricorso ai combustibili fossili; la creazione della domanda è in ritardo rispetto a ciò che è necessario per aiutare il mondo a raggiungere le emissioni nette zero entro 2050
  • adottare ulteriori incentivi, come il mercato delle emissioni di carbonio o l’introduzione della richiesta di idrogeno negli appalti pubblici, per ridurre i rischi degli  investimenti e migliorare la fattibilità economica dell’idrogeno verde
  • migliorare il coordinamento tra gli enti che si occupano di idrogeno, per evitare la duplicazione degli sforzi e garantire progressi efficienti.

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