Per ridurre i rifiuti, spesso basta un po’ di buon senso nonché l’adozione di comportamenti corretti. In altri casi, invece, ci si trova di fronte a beni che non risultano più adatti a soddisfare le nostre esigenze: oggetti e dispositivi perfettamente funzionanti divengono semplicemente obsoleti. Capita infine che, per garantire condizioni di sicurezza, mettiamo da parte tutti i buoni propositi e le best practices acquisite riguardanti la riduzione degli sprechi e, in generale, dei rifiuti.
Tuttavia, per affrontare tali situazioni, iniziano ad essere disponibili soluzioni frutto di tecnologie IoT (Internet of Things ovverosia internet delle cose) e dell’intelligenza artificiale che, in piena ottica di economia circolare, contribuiscono a conferire nuove funzionalità a macchinari ed apparecchi che, altrimenti, verrebbero dismessi per poi essere, con tutta probabilità, smaltiti. Al contempo occhi “elettronici” riescono ad aiutare le aziende a monitorare anomalie, imperfezioni ed impurità per poter intervenire in tempo e quindi ridurre il rischio di dover buttare diversi stock di prodotti.
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“Obsoleto a chi?”. Macchinari considerati superati tornano ad essere utilizzabili grazie alla digitalizzazione
Sarà capitato a tutti di avere un prodotto ancora perfettamente funzionante ma con caratteristiche non più rispondenti a soddisfare le nostre necessità. A volte è solo una questione di percezione (in questi casi parliamo di obsolescenza percepita) mentre, in altri casi, mettiamo via o gettiamo qualcosa che riteniamo oggettivamente obsoleto.
Cosa accade se il bene non più al passo coi tempi è un macchinario industriale? Smaltire enormi apparecchiature ha un costo elevato sia in termini ambientali che economici considerando, tra l’altro, che l’azienda dovrà acquistare nuove apparecchiature per continuare la propria attività.
Tra i diversi motivi che spingono un’azienda a dismettere un bene strumentale, si annovera anche che, spesso, il vecchio impianto risulti troppo dispendioso in termini di consumi o non risponda alle esigenze di digitalizzazione e ai parametri dell’industria 4.0. A raccontare un finale diverso per queste macchine ci pensa Zerynth – azienda italiana con sede a Pisa – che affianca le aziende nella digitalizzazione dei processi industriali e nello sviluppo di prodotti connessi e innovativi.
L’impresa toscana ha infatti lanciato una “sfida” ai processi produttivi nei diversi settori industriali per ridurre gli sprechi ed aumentare le efficienze, in perfetta attuazione dei principi di economia circolare.
Grazie, ad esempio, ai sistemi di monitoraggio IoT di macchinari e processi produttivi, la ditta toscana consente ai propri clienti di tagliare drasticamente i consumi energetici e di ridurre i tempi di fermo dei macchinari. Con interventi di retrofit sulle apparecchiature si possono riammodernare impianti con alle spalle diversi anni di utilizzo, raddoppiandone il tempo di attività, come è accaduto all’Armal il cui parco macchine aveva una anzianità di 15-20 anni. Pur se perfettamente funzionanti, le attrezzature erano oramai ritenute non più idonee perché non consentivano di monitorare lo stato di efficienza delle macchine stesse e della produzione. Invece di cambiarle, sono state integrate con un sistema IoT che permette all’azienda di monitorare tutto il flusso di produzione. Oltre ad aver “salvato” i macchinari è stata registrata una riduzione del 60% delle spese energetiche.
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Quell’occhio high tech che scopre difetti e corpi estranei
“Richiamo precauzionale per possibili corpi estranei”, “allerta alimentare: non consumare questo prodotto”, “richiamo prodotto”: quante volte vi è capitato di leggere o ascoltare annunci simili a questi? Se fate una veloce ricerca su Google, probabilmente, vi accorgerete che ne è stato pubblicato uno proprio questa settimana. Quando viene individuato un contenitore alimentare al cui interno è presente un elemento estraneo, per sicurezza viene ritirato tutto il lotto del quale fa parte. In concreto centinaia, se non migliaia, di pacchi (ad esempio di pasta o biscotti) dovranno essere ritirati dal mercato e, se già distribuiti, verranno riconsegnati alla ditta produttrice per essere distrutti. Ciò comporta sicuramente un danno dal punto di vista economico per l’azienda ma anche problemi di sicurezza, di immagine e di rispetto di standard di qualità. Tutti i responsabili della linea di produzione vorrebbero avere un occhio bionico per poter scansionare ogni fase della produzione e del confezionamento.
Questa, però, non è fantascienza: negli ultimi anni il settore alimentare sta adottando tecnologie sempre più avanzate – basate sui raggi X e sui metal detector – che assicurano una maggior sicurezza e un miglioramento nella tracciabilità degli alimenti, ma che, a volte, possono non essere sufficienti.
Il problema si pone in particolar modo per quei tipi di alimenti che nelle confezioni si posizionano in maniera “disordinata” e casuale – come i biscotti o la pasta corta – e ciò può rendere più difficile l’intercettazione di eventuali contaminanti.
A dare man forte – o meglio “un occhio bionico” – ci pensa un’altra azienda high tech italiana – la Xnext – che ha messo a punto XSpectra, un sistema che consente controlli di qualità in tempo reale nei processi industriali, realizzato anche grazie alla collaborazione di prestigiose Università ed enti di ricerca come il Politecnico di Milano, l’Università Bicocca, l’ Università Cattolica del Sacro Cuore e il CNR e che ha ottenuto anche i fondi del programma europeo Horizon2020.
In pratica questo strumento combina tre tecnologie – fotonica, microelettronica nucleare e intelligenza artificiale – consentendo di intervenire, in tempo reale, nel caso in cui venga registrato un singolo difetto. Questi tipi di controlli non distruttivi consentono di ridurre la possibilità di distribuire prodotti che contengono vizi e, quindi, evitano la necessità di ritirare e distruggere interi lotti.
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Vecchi smartphone e tablet diventano potenti gateway
Che fine hanno fatto gli smartphone e i tablet che non usate più? Languono in qualche cassetto? E la smart tv sostituita per far spazio al nuovo modello? In garage in attesa di ipotetici tempi migliori? Una soluzione per dare loro una seconda vita arriva dalla startup Domethics che ha creato ADRIANO il dispositivo che riesce a trasformare i device in potenti ed economici smart-home gateway. In pratica ADRIANO “aggiorna” questi apparecchi elettronici fornendo loro i protocolli wireless e quindi trasformandoli in mini-dispositivi utili per comandare a distanza gli apparecchi “smart” delle nostre case. Grazie all’app associata potreste impiegarli per una gestione più efficiente dei consumi energetici domestici – ad esempio regolando la temperatura e impostando i termostati – o per l’assistenza a distanza di persone con disabilità o anziani.
Un esempio di riuso sicuramente originale ed ecosostenibile che viene incontro alle crescenti esigenze di domotica delle nostre case.
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