fbpx
domenica, Dicembre 15, 2024

È ora di vestire circolare. L’Europa lancia la roadmap per il settore tessile

È stata pubblicata la roadmap a supporto della strategia europea in materia di prodotti tessili sostenibili. Un sistema circolare potrebbe risollevare il settore post pandemia, ancora in difficoltà. "Non è il tipo di rivoluzione che può essere guidata da pochi leader, mentre altri aspettano e vedono"

Caterina Ambrosini
Caterina Ambrosini
Laureata in Gestione dell’ambiente e delle risorse naturali presso la Vrije Universiteit di Amsterdam con specializzazione in Biodiversità e valutazione dei servizi forniti dall'ecosistema. Da inizio 2020, collabora con l’Atlante Italiano dell’Economia Circolare nel lavoro di mappatura delle realtà nazionali e nella creazione di contenuti.

Che il settore moda abbia un impatto ambientale pesantissimo non è certo una novità. La pandemia ha portato a galla e all’attenzione di un vasto pubblico uno dei suoi aspetti più problematici: la mancanza di resilienza. La cosiddetta fast fashion (a c’è chi lo declina al maschile) ha invaso il mercato da quasi due decenni, ha influenzato ampiamente l’intero comparto e le scelte stesse dei consumatori, che solamente in Europa consumano in media a persona 26 chilogrammi di tessuti ogni anno (nello stesso periodo ne vengono gettati via 11 chilogrammi).

Leggi anche: Guardare la natura e ispirarsi a lei, una nuova opportunità per la moda

I capi di abbigliamento fanno ormai delle apparizioni sempre più brevi nel nostro armadio per via delle mode in continuo cambiamento, dei prezzi stracciati e della bassa qualità dei tessuti. Questa moda usa e getta, per cui secondo un’indagine di McKinsey & Co si acquista il 60% in più di abiti per utilizzarli la metà delle volte rispetto a quanto si facesse vent’anni fa, ha portato il settore a essere il quarto per consumo di materie prime e acqua e il quinto per emissioni di gas serra nell’Unione Europea. E se non si innesta subito la retromarcia, ci sarà un aumento nei volumi di produzione di indumenti pari al 2,7% annuo fino al 2030.

Per una ripresa sostenibile

Se lo scenario che ci racconta la Ellen MacArthur Foundation è quello di un settore in cui un quarto dei capi prodotti restano invenduti, il 12% delle fibre vengono scartate nelle stesse fabbriche e solo meno dell’1% dei prodotti è riciclato in nuovi indumenti, l’Unione europea ha giustamente identificato il settore tessile come uno dei settori prioritari su cui lavorare per un futuro a emissioni zero e circolare. Con la recente roadmap presentata per dare il primo slancio alla strategia europea in materia di prodotti tessili sostenibili, la Commissione europea pone le basi per una ripresa in chiave sostenibile del comparto moda a seguito degli impatti della pandemia Covid-19, e comunque per tenere in piedi un settore che ha movimentato solo nell’Unione Europea 162 miliardi di euro nel 2019.

Incentivare la circolarità

La crisi pandemica ha messo in evidenza la “malattia” del settore tessile, un comparto che comunque dà lavoro a 1,5 milioni di persone in più di 160mila aziende sparse in tutta l’Unione, principalmente piccole e medie imprese. La roadmap pubblicata lo scorso 5 gennaio punta entro fine anno ad adottare un’iniziativa a supporto di un’economia circolare e a emissioni zero, dove i capi siano progettati per durare, essere riparati, riutilizzati, riciclati e prodotti in maniera efficiente. Questa strategia nasce come appendice di altre importanti iniziative europee come il Green Deal e il Piano d’azione per l’economia circolare, e dopo un 2020 così turbolento, è uno strumento che potrebbe indirizzare in maniera ottimale l’uso delle risorse del Next Generation EU e di tutti quegli investimenti sostenibili che si intende fare per la ripresa post Covid. La transizione circolare è uno dei punti focali dell’intera strategia:, ma come si può rendere l’ecosistema del tessile adatto a un’economia circolare?

Leggi anche: Come ridurre le tinture chimiche nell’industria tessile? Coi batteri

Dall’ecodesign alla differenziata

L’Unione punta a identificare delle azioni specifiche che possano indirizzare i temi più scottanti e problematici, dalla produzione ai consumi, passando per l’utilizzo di sostanze nocive, fino al riciclo e alla raccolta dei rifiuti tessili. Le scelte compiute sul tavolo di progettazione saranno al centro dell’iniziativa, con proposte per migliorare la fase iniziale del ciclo di vita del prodotto e mirate a dare una spinta al mercato delle materie prime seconde e a processi di produzione meno impattanti. La strategia europea in materia di prodotti tessili sostenibili viaggia parallelamente all’iniziativa per i prodotti sostenibili che punta a rivedere la direttiva sulla progettazione ecocompatibile, la cosiddetta direttiva Ecodesign misurandosi anche su questioni come quella riguardante la presenza di sostanze chimiche dannose nei prodotti tessili.

Altro su cui vorrà insistere la strategia sui prodotti tessili riguarderà la responsabilità estesa del produttore (al quale sarà richiesto di rispettare in maniera rigorosa le modalità di trattamento dei rifiuti secondo la gerarchia definita dalla Direttiva 2008/98/CE e di promuovere prodotti sostenibili) e l’obbligo al 2025 di mettere in piedi in tutti i Paesi membri la raccolta differenziata della frazione tessile dei rifiuti urbani. L’Unione vuole inoltre incentivare soluzioni alternative al modello ‘compro-uso-getto’, spingendo verso la servitizzazione (il cosiddetto product as a service) e altre modalità sostenibili, come lo scambio e l’acquisto di usato.

Ce lo chiedono i consumatori

Nella roadmap si sottolinea l’importanza di definire linee guida comuni che possano favorire una protezione ambientale efficace in tutti gli Stati membri, e allo stesso tempo permettere il funzionamento e la competitività delle imprese europee sia all’interno che all’esterno del mercato europeo.

Non è più possibile rimandare una strategia comunitaria: l’Europa non può far finta di nulla di fronte alle continue richieste di soluzioni sostenibili da parte di stakeholder e consumatori, o ignorare le imprese nel settore che autonomamente hanno deciso di intraprendere la strada della circolarità. Insomma: un rovesciamento del diktat “ce lo chiede l’Europa”.

Sarà dunque importante coinvolgere il comparto industriale e tutti gli attori interessati nella definizione di una strategia efficiente. Intanto, informandoci sulle sue intenzioni attraverso la roadmap, la Commissione lascia spazio a commenti e proposte da presentare nella successiva fase di consultazione pubblica in programma entro il primo quadrimestre di quest’anno.

Circolarità, la moda del prossimo decennio

Che la circolarità sia un tema ormai ricorrente nei palazzi della moda è certo. Ma è altrettanto chiaro che sempre più consumatori siano interessati a fare scelte di consumo consapevoli: secondo una recente indagine McKinsey & Co., tre consumatori su cinque considerano la tematica ambientale quando decidono di acquistare un capo di abbigliamento.

Nel suo ultimo report “The State of Fashion 2021”, la società internazionale di consulenza e il magazine Business of Fashion (BoF) riflettono sui trend più interessanti del comparto moda e esaminano le possibili soluzioni e risposte allo shock inaspettato della pandemia. L’economia circolare trova spazio in questo contesto: il settore non è resiliente e ha dimostrato il suo lato più fragile legato a un consumismo sfrenato, mentre è risultata più chiara l’importanza della sostenibilità nella produzione e nelle scelte di consumo, e l’ascesa di un modello di business circolare. Per gli autori non c’è dubbio: per una transizione verso la circolarità ognuno dovrà fare la sua parte, consumatori, attori della catena del valore e decisori politici.

Le difficoltà da superare per un salto così drastico, da un modello lineare a uno circolare, saranno numerose. Per il settore della moda, che viaggia in gran parte sul binario ‘produco-uso-getto’, la perdita di valore da parte del prodotto è qualcosa che accade sempre più spesso e che potrebbe essere superato progettando prodotti più durevoli e facilmente riciclabili. Allo stesso tempo, affinché la circolarità sia efficiente, efficace e conveniente economicamente, il comparto tessile necessiterà di una scala di produzione grande e di una complessa rete logistica che favorisca modelli come quello della reverse logistic.

 

Altra barriera su cui il report insiste riguarda la concezione di circolarità da parte dei consumatori: è importante che si superi la connotazione negativa di strategie circolari come la rigenerazione, o di scelte di acquisto di prodotti usati o con materiali riciclati. Insomma, usato o riciclato non è affatto “out” e deve diventare sempre più “cool”. E la comunicazione, in primis sui social, gioca un ruolo fondamentale nello spingere verso una nuova concezione di consumo che guardi alla qualità e alla durevolezza, non al prezzo.

Le strategie da mettere in campo sono tante, ma secondo McKinsey & Co. e BoF sono tre gli aspetti principali su cui far leva: pensare circolare sin dalla fase di progettazione, spingere per l’allungamento della vita dei capi e per il loro recupero a fine vita e, infine, accompagnare i consumatori al nuovo modello di consumo. Tutti gli attori sono invitati a partecipare alla transizione. “La circolarità sarà probabilmente una delle principali tendenze aziendali del prossimo decennio – scrivono gli autori – Tuttavia, non è il tipo di rivoluzione che può essere guidata da pochi leader, mentre altri aspettano e vedono”.

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie

La Community di EconomiaCircolare.com