Corrieri e donazioni solidali, sostegno alla comunità e ai piccoli produttori nazionali. Storie di economia circolare e di resilienza per assicurare beni di prima necessità a chi non può muoversi da casa, ridurre le file chilometriche nei supermercati e valorizzare i prodotti delle imprese agricole escluse dalla grande distribuzione.
Da una parte noi, chiusi in casa o costretti a lunghe file per fare la spesa nei supermercati. Dall’altra, loro: tanti agricoltori che, nonostante si prodighino per far arrivare il cibo sulle nostre tavole, subiscono le conseguenze di un rallentamento, se non di uno stop delle vendite. Frutta, ortaggi e verdure freschi o trasformati, olio, pasta, miele e latticini: con le attività di ristorazione e ospitalità ferme in seguito alle misure contenitive, agricoltori e piccoli trasformatori rischiano di vedere i loro raccolti trasformati in rifiuti, proprio mentre si accentuano le difficoltà economiche di tante persone che hanno perso la loro fonte di reddito. Abbiamo chiesto ad alcuni protagonisti delle storie mappate nell’Atlante Italiano dell’Economia Circolare quali iniziative abbiano messe in atto per fronteggiare l’emergenza coronavirus.
Resilienza a domicilio
A Firenze, per far fronte alla chiusura dei ristoranti, Antonio Di Giovanni, creatore di Funghi Espresso, la startup che fa crescere i funghi dai fondi del caffè, consegna a domicilio i prodotti della sua Circular Farm. “Ora che i ristoranti sono chiusi e i mercati contadini praticamente deserti – ci dice Di Giovanni – le cose sono cambiate molto, anche gli stili di consumi. Stanno aumentando le richieste dai gruppi di acquisto solidale (GAS) e dalla rete de “L’Alveare che dice Sì”, che seguivo anche prima dell’arrivo del coronavirus e ai quali se ne stanno aggiungendo altri. Stiamo collaborando molto di più e la nostra Circular Farm al momento è diventata punto di smistamento per i prodotti dell’alveare di Scandicci.” La domanda di spesa a domicilio è aumentata e Antonio la consegna pedalando su una cargo-bike: “Stiamo collaborando con una startup di Scandicci che produce bici cargo” spiega. E racconta con aria mesta la situazione che prova alla consegna: “L’atmosfera è strana, per mantenere la distanza le persone ci dicono di lasciare la merce dietro la porta e non le vediamo più neanche in volto”. Strano per tutti, ma ancor più per chi nel suo lavoro non scinde la relazione umana da quella economica.
Anche The Circle, startup alle porte di Roma – protagonista del video vincitore della prima edizione del concorso Storie di Economia Circolare – ha implementato il servizio di delivery. “Prima i nostri clienti erano esclusivamente ristoranti e strutture alberghiere con servizio di ristorazione – spiega Thomas Marino, Fondatore e Direttore Marketing e Comunicazione di The Circle. La pandemia ci ha procurato immediatamente un calo del fatturato di oltre il 90% nel mese di marzo”. Grazie anche alla piattaforma “I prodotti dal campo alla tavola” messa in piedi dalla Confederazione italiana agricoltori (Cia), che consente di ordinare prodotti freschi di qualità e piatti della tradizione direttamente da chi li produce, l’azienda sta allargando le possibilità di vendita. “Ora abbiamo avviato una piccola campagna locale per far conoscere i nostri prodotti anche al consumatore finale – racconta Marino -. Raccogliamo gli ordini attraverso WhatsApp il giorno prima e poi effettuiamo personalmente le consegne. Il riscontro è sicuramente molto positivo e tutti quelli che hanno acquistato tendono a riacquistare. Ma con il delivery per adesso non riusciamo ancora a recuperare molto”.
Sulla pagine social di Fattoria della Piana, cooperativa agricola di allevatori calabresi, compare il messaggio “Fai la spesa in Fattoria direttamente da casa tua! Abbiamo attivato il servizio di consegna a domicilio!”. Quella guidata da Carmelo Basile, presidente della coop, è una realtà modello dell’economia circolare. Ma la pandemia ha spezzato qualcosa: “Con la ristorazione ferma, la masseria e il negozio in azienda, nostri fiori all’occhiello, che non possono essere raggiunti dalle persone dei comuni limitrofi, il cerchio si è interrotto”, afferma amareggiato Basile.
Il caseificio è il cuore di una rete di oltre cento produttori, “non possiamo fermarci noi per non far fermare loro. Siamo un’impresa che produce latticini”, continua, “la quantità di latte in entrata è la stessa, le mucche devono essere munte, ma le vendite sono calate del 50%. Per ora stiamo facendo formaggi stagionati, e lo stocchiamo, ma non può essere l’unica soluzione, per questo abbiamo attivato il servizio di consegne a domicilio”. Nella fattoria è nato un vitellino, “lo abbiamo chiamato Speranza, ma potremo averla solo se il governo – commenta Basile – riuscirà a garantire che gli aiuti arrivino alle aziende che hanno lavorato in maniera trasparente prima della crisi, basta confrontare i fatturati. Noi stiamo facendo la nostra parte, ma lo Stato dovrà fare la sua tagliando la burocrazia e i tempi lunghi. Per molte imprese sarà una questione di vita o di morte”.
Avanzi (ancora più) solidali
Altri operatori hanno deciso di mettere a servizio della comunità ciò che sanno fare meglio. I volontari di Equoevento Onlus, impegnati dal 2013 nella raccolta e ridistribuzione del cibo ancora buono avanzato dagli eventi, continuano oggi come corrieri solidali. “In questi giorni ci stiamo muovendo anche per consegnare la spesa gli anziani impossibilitati a uscire, ma continuiamo a collaborare con le strutture ricettive, che si sono ritrovate con dispense molto grandi di cibo inutilizzato” ci racconta Carlo De Sanctis, socio fondatore e volontario dell’associazione. “Ci hanno contattati per donare questi alimenti alle realtà che supportano i più fragili” aggiunge.
In circostanze particolari come quella che stiamo vivendo, possono accadere anche cose prima inimmaginabili. “Ci siamo ritrovati a consegnare 370 chilogrammi di cibo a un circo fermo nei pressi di Tivoli, in provincia di Roma”, racconta Carlo senza nascondere un sorriso. “Il circo si era fermato per fare degli spettacoli ma è rimasto bloccato nell’attesa che la situazione si risolva, senza potersi muovere e senza le esibizioni da cui ricava la propria sussistenza. Si tratta di realtà particolari, spesso vivono alla giornata, per cui non avevano scorte e, come tutti d’altronde, non erano preparati a una situazione come questa. Dopo qualche giorno si sono rivolti al Comune, con cui collaboriamo attraverso l’assessorato alle Politiche sociali, sentinella delle situazioni di emergenza e di difficoltà, che ci ha contattato. Il caso ha voluto che una struttura ci avesse appena cercato per cedere derrate alimentari prossime alla scadenza, e allora abbiamo semplicemente unito le due esigenze: quella di ricevere cibo e quella di donarlo”.
La preoccupazione di Carlo è la stessa di tanti: “La situazione in questo momento è estrema e tutte quelle persone che erano vicino la soglia di povertà la stanno superando. Si prevede un’ondata di nuovi poveri che non avranno accesso neanche ai beni di prima necessità. E la crisi economico-sociale durerà molto più della pandemia”. L’altra faccia di questa medaglia sono le attività che vendono generi alimentari: sono tra le poche che non subiscono perdite dalla crisi e hanno molto cibo in scadenza che rischia di essere gettato. Possono giocare un ruolo importante ora e, si spera, anche dopo. “Per questo abbiamo deciso di anticipare il lancio della piattaforma YouFeed” racconta De Sanctis. “Questa web application darà la possibilità a supermercati, alimentari, ortofrutta, eccetera di aiutare creando dei pacchi regalo riempiti con prodotti deperibili in eccedenza e in scadenza, o con l’organizzazione di collette. Chi è in difficoltà potrà individuare sulla mappa l’attività donatrice più vicina, andare a ritirare la scatola e portarla a casa”.
Un proposito, quello della lotta solidale allo spreco alimentare, che guida anche i ragazzi del progetto Avanzi Popolo 2.0, ideato dall’Associazione di Promozione Sociale Onlus “Farina 080”. Prima del distanziamento sociale attraversavano le strade di Bari sui pattini per raccogliere e redistribuire il cibo avanzato dai piccoli esercizi commerciali e dagli eventi. “In un primo momento abbiamo stoppato tutto – ci dice Marco Costantino, socio della Onlus -, poi ci siamo resi conto che non ce lo potevamo permettere. Gli sportelli Caritas e altri soggetti dedicati all’assistenza alimentare con cui siamo in rete ci hanno segnalato un peggioramento della situazione e un aumento delle richieste di assistenza. Dovevamo trovare un’altra modalità, che non richiedesse il movimento di un grande numero di volontari. Così abbiamo rinunciato all’attività a cui tenevamo di più: il recupero del piccolo spreco di quartiere”.
Meglio concentrarsi su singole operazioni con grandi quantità di cibo gestito da un numero ristretto di persone: i quattro soci dell’associazione e gli operatori della Caritas. Nei giorni della pandemia, le iniziative di solidarietà si sono moltiplicate: “C’è tanta gente che vuole dare una mano”, conferma Marco. “Due imprese agricole hanno donato, complessivamente, 400 chili tra ortaggi vari, prodotti deperibili che sarebbero andati sprecati, e salsa di pomodoro, che invece ha una vita utile superiore e che hanno scelto di regalare comunque. Un’azienda che si occupa di rifornire le macchinette automatiche a cui erano avanzati circa 40 chili di prodotti ci ha contattati e un ente di carità in periferia ha recuperato tutto quanto”. Il lavoro fatto dalla Onlus per tenere unita la comunità attraverso la strategia di rete dà i suoi frutti anche in questa fase complicata: “Poco prima del lockdown – conclude Marco – avevamo organizzato una competizione tra cuochi, per realizzare un menù antispreco con alimenti recuperati. La serata si era conclusa con una cena aperta a tutti. Lo chef con cui l’avevamo ideata ora si è offerto di cucinare per chi è in difficoltà economiche, proposta che si è incrociata con la segnalazione della Caritas di sopperire alla chiusura delle mense dei poveri il giorno di Pasquetta”.
La spesa collettiva
Poi c’è chi ha la possibilità di scegliere. Scegliere di fare una spesa biologica, a filiera corta e solidale. Le iniziative per sostenere chi è stato escluso dal mercato della grande distribuzione, sono tante, per esempio, ci si può auto-organizzare con il vicinato: la Rete Romana di Economia Sociale e Solidale (Ress) ha lanciato una campagna per attivare “Gruppi d’Acquisto Condominiali!” e aiutare i produttori concentrando le zone di consegna. Lo stimolo è di coinvolgere i condòmini a ordinare insieme i prodotti della campagna romana scegliendo tra le piccole aziende del territorio in elenco.
Poi c’è L’Aveare che dice sì, progetto nato in Francia e arrivato nel 2015 per facilitare l’incontro tra agricoltori locali e cittadini. Oggi il progetto è una rete che in Italia conta più di 160 alveari. Lo spirito è sempre lo stesso: “Permettere ai consumatori di acquistare alimenti freschi e di qualità direttamente dalle mani degli agricoltori, rivalutando il cibo e il suo ruolo nella promozione di uno stile di vita sano”, sottolinea Teresa Ceccarelli, Gestrice dell’Alveare di Scandicci, Firenze. “I produttori locali presenti nel raggio di 250 km si iscrivono al portale e si uniscono in un “Alveare”, mettendo in vendita sul sito frutta, verdura, carne, formaggi, conserve, olio, vino, ma anche detersivi ecologici e molto altro! Gli utenti possono acquistare ciò che desiderano direttamente sulla piattaforma scegliendo l’Alveare più vicino casa, senza abbonamenti o minimi d’ordine. Il ritiro può avvenire in luoghi diversi, dal bar al ristorante, dal cinema al vivaio: una volta a settimana ci si ritrova tutti per un mercato temporaneo”. La distribuzione settimanale di ciò che era già stato scelto e pagato diventava una scusa per creare un vero network di relazione e conoscenza diretta fra produttore e consumatore, “ma con l’arrivo delle restrizioni – ci spiega Ceccarelli – la realtà dell’Alveare è stata completamente stravolta, adattandosi velocemente alle nuove necessità. Così la distribuzione è diventata consegna a domicilio. Da circa un mese, ogni giovedì, tramite corriere ecologico in bicicletta, consegniamo prodotti freschi direttamente a casa a tutta la nostra comunità. E la richiesta è in costante aumento”.
Nel momento del bisogno un’iniziativa come l’Alveare, basato sul rapporto tra le persone, per le persone risponde, rapidamente e in maniera adeguata, allargando la sua rete: “Negli ultimi giorni offriamo il nostro contributo aderendo anche alla campagna di solidarietà promossa dal Comune di Scandicci. Tramite l’Associazione Caritas, che gestisce il confezionamento e la distribuzione di pacchi alimentari, sarà possibile donare alle famiglie che hanno più bisogno di aiuto una parte della spesa acquistata sulla piattaforma”.
Riscoprire il senso di comunità e rafforzare il legame tra imprese agricole e famiglie italiane, ora è un tassello importante per rispondere alla crisi economica e sociale e per fronteggiare lo spreco di materie prime di altissima qualità. E magari anche un’opportunità da cogliere per riscoprire il valore della filiera corta e del cibo genuino a chilometro zero, e sostenere chi fa impresa seguendo un modello che si oppone a quello dell’agricoltura chimicizzata e intensiva.