In linea con l’Agenda Onu 2030 e l’ottavo Programma di Azione per l’Ambiente (PAA) dell’Unione Europea, il Pnrr italiano introduce la riforma sui criteri ambientali minimi (CAM) obbligatori previsti per il settore della cultura, una categoria non coperta fino ad ora dal Piano di Azione Nazionale per la sostenibilità ambientale sul GPP, il Green Public Procurement.
“Il GPP è una politica volta a ridurre gli impatti ambientali lungo tutto il ciclo di beni, servizi e opere, attraverso l’adozione di diversi strumenti, tra cui la definizione di criteri ambientali minimi, per la conversione ecologica dell’economia attraverso le politiche pubbliche“ spiega Silvano Falocco, esperto di criteri ambientali minimi e direttore di Fondazione Ecosistemi.
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Il primato italiano
Già da tempo l’Italia si è dotata di uno specifico Piano di Azione nazionale rivolto agli acquisti verdi nel settore pubblico, (PAN GPP), adottato con decreto 11 aprile 2008 dell’allora Ministero dell’ambiente della tutela del territorio e del mare (oggi Ministro per la transizione ecologica) e risulta finora l’unico Paese in Europa a prevedere l’obbligatorietà al 100% dell’adozione dei CAM in termini di appalti pubblici per specifiche categorie, definite merceologiche.
Attualmente gli appalti pubblici con criteri di sostenibilità ambientale trovano la loro massima espressione in ambiti strategici quali l’edilizia, l’illuminazione pubblica e la gestione dei rifiuti, ma non mancano criteri di sostenibilità energetica e ambientale appositamente pensati per arredi, ristorazione e settore tessile: a oggi sono 18 le categorie di forniture e affidamenti che contemplano l’applicazione dei CAM.
L’art. 34 del Codice dei Contratti Pubblici – Criteri di sostenibilità energetica e ambientale – stabilisce, infatti, che «le stazioni appaltanti (le pubbliche amministrazioni che pubblicano i bandi di gara, nda) contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’Azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto ministeriale».
In altre parole i criteri ambientali minimi forniscono un riferimento legale obbligatorio per le amministrazioni pubbliche con lo scopo di favorire soluzioni più vicine all’ambiente nel rapporto tra la pubblica amministrazione e i fornitori di beni e servizi.
L’iter della riforma
La Missione 1 del Pnrr, “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo”, sotto la voce Componente 3, Turismo e Cultura 4.0, estende, quindi, l’adozione di criteri ambientali minimi agli eventi culturali attraverso una riforma (3.1) che, come si legge sul portale istituzionale Italia Domani, ha come scopo «quello di migliorare l’impronta ecologica di eventi culturali (mostre, festival, eventi musicali) attraverso l’inclusione di criteri sociali e ambientali negli appalti pubblici per eventi culturali finanziati, promossi o organizzati dal pubblico autorità».
In verità, pare che la riforma fosse già nei piani del Mite da tempo ma che sia passata in capo al Ministero del Turismo e al Ministero della Cultura dopo essere stata inserita all’interno della missione Digitalizzazione Cultura e Turismo del Pnrr. Un passaggio di consegne non chiarissimo nemmeno ai funzionari del Ministero della Transizione Ecologica.
L’iter di approvazione della riforma è partito, quindi, con una prima proposta dell’Ufficio Economia Circolare del Mite, una bozza di documento tecnico elaborato studiando le buone pratiche e le tecnologie esistenti, per poi proseguire con l’istituzione di un tavolo tecnico per la redazione dei criteri ambientali minimi insieme agli operatori economici di settore, gli stakeholder e le Regioni. A differenza di criteri ambientali applicati ad altre categorie merceologiche, come i CAM per il settore rifiuti che hanno richiesto più di un anno di lavoro, ci sono volute solamente due riunioni in plenaria per la redazione del CAM cultura.
Da un lato si è trattato di un tavolo tecnico rapido e con poche opposizioni da parte degli operatori di settore durante i lavori, dall’altro l’introduzione dei CAM all’interno del Pnrr ha fatto in modo da velocizzare i tempi per la stesura del documento.
La pubblicazione prevista entro il quarto trimestre del 2022 dagli accordi con la Commissione Europea sul raggiungimento dei milestone del Pnrr, dovrebbe sbloccare, insieme a una serie di investimenti, un’ulteriore tranche dei fondi europei.
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Clausole contrattuali e criteri premianti nei CAM cultura
Secondo il testo ufficiale del Pnrr «l’applicazione sistematica e omogenea di questi criteri consentirà la diffusione di tecnologie/prodotti più sostenibili e supporterà l’evoluzione del modello operativo degli operatori di mercato, spingendoli ad adeguarsi alle nuove esigenze della pubblica amministrazione».
I CAM, infatti, si dividono in clausole contrattuali obbligatorie che fungono da base alla gara pubblica e criteri premianti, che non sono obbligatori ma vengono inseriti a discrezione di chi la redige. I criteri premianti rappresentano i criteri di aggiudicazione della gara: il punteggio maggiore se lo aggiudica chi ne presenta di più. Da un lato fungono da criteri di aggiudicazione per le imprese e dall’altra come stimolo al mercato per introdurre delle innovazioni tecnologiche. I CAM previsti dal documento sono divisi in 23 clausole contrattuali e prevedono 13 criteri premianti.
Come ci spiega Silvano Falocco, anche membro del tavolo di lavoro per la redazione dei CAM, essendo regolati dal codice dei contratti pubblici, i criteri non si applicano al settore privato. Nonostante l’attenzione per la categoria, il problema maggiore è dato dal fatto che la maggior parte degli eventi non è regolata da gara. Per questo motivo nelle premesse del documento ci sarà la raccomandazione per le amministrazioni pubbliche di adottare i criteri anche per gli eventi non soggetti a gara pubblica. L’ufficio Economia Circolare del Mite sta progettando delle linee guida per eventi non soggetti a procedure di gara pubblica sulla falsariga dei criteri ambientali minimi ma su base volontaria.
Per il direttore di Fondazione Ecosistemi l’importanza della riforma sta nel fatto che con queste premesse “il CAM in caso di attività culturali non regolamenterà solamente gli appalti pubblici ma è previsto che disciplini l’attribuzione di fondi oppure di spazi e contributi che vengono erogati a dei privati per iniziative culturali non sulla base di appalti”. Si tratta comunque di una dicitura “più debole” rispetto all’obbligatorietà dei CAM nel codice dei contratti per via del limite strutturale della riforma. Sia per eventi con gara che per eventi privati con patrocinio o contributo pubblico, la pubblica amministrazione ha difficoltà nel verificare le modalità ecologiche dell’esecuzione del contratto.
“I CAM sono obbligatori, ma bisogna comprendere la natura dell’obbligatorietà – osserva ancora Falocco – Per il mancato rispetto dei CAM non ci sono sanzioni, l’unica sanzione la può dare il mercato, cioè un fornitore che possiede i criteri può ricorrere al TAR in fase di tutela giurisdizionale se una determinata gara non li ha inclusi. A oggi, e questo vale per tutte le categorie merceologiche, quando i criteri non vengono rispettati ci sono due strade: o la tutela viene richiesta in fase di gara da parte di un offerente che ha un interesse legittimo come partecipante oppure si può segnalare all’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) che la gara non adotta i criteri. Nel primo caso l’interesse legittimo del partecipante garantisce che il TAR accolga l’istanza mentre un terzo che non sta partecipando alle gare difficilmente avrà voce in capitolo. A sua volta, l’Anac accoglie le richieste in maniera discrezionale».
Se la struttura teorica che ruota attorno ai CAM sembra consolidarsi, e anche con una certa fretta, la difficoltà nell’inserire i criteri all’interno delle gare e nel farli rispettare rischia che ci siano dei ritardi nella loro effettiva applicazione. Una strada molto battuta rimane quella del ricorso ai tribunali amministrativi regionali, come ci conferma Falocco. «Sono numerosi i ricorsi vinti dai partecipanti a gare che non vedono il riconoscimento di un loro sforzo ambientale per cui anche se i CAM non sono inseriti nelle gare per la giurisprudenza vale in principio della gerarchia delle fonti».
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