Una nuova tendenza in senso ecologista sta fortunatamente conquistando il mercato dell’automobile. Negli ultimi anni la tendenza è quella di produrre nuovi mezzi di trasporto a emissioni zero, o quasi, sostituendo gradualmente le autovetture diesel e alimentate a benzina. Negli Stati Uniti, per esempio, la necessaria decarbonizzazione ha portato stati come quello di New York e della California a vietare la vendita di auto alimentate a gas entro il 2035 e l’Inflation Reduction Act del 2022 ha effettuato importanti investimenti federali nell’elettrificazione dei trasporti. La previsione è che entro il 2030 il traffico sarà formato da veicoli elettrici almeno per la metà delle auto in circolazione.
Ma c’è un rovescio della medaglia: se non si interviene immediatamente, dando delle regole certe per l’approvvigionamento dei materiali utili a questa trasformazione, il trasporto a emissioni zero potrebbe incidere in maniera devastante sulle risorse e il saccheggio delle terre rare con implicazioni per il clima, l’ambiente e le popolazioni che vivono attorno ai preziosi giacimenti.
La trasformazione passa, principalmente, attraverso un materiale insostituibile per la produzione di batterie: il litio. Rimanendo nel solo mercato statunitense, volendo fare una proiezione che arriva fino al 2050 per la produzione di auto elettriche, il fabbisogno di litio sarebbe il triplo della quantità attualmente prodotta per l’intero mercato globale. Immaginate quanto, un dato simile, possa incidere sull’attività mineraria. Il costo in termini sociali e ambientali causati dall’estrazioni mineraria su larga scala è uno dei drammi già in corso da anni. Una attività produttiva che non ne tenga conto sarebbe devastante.
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Domande e (possibili) risposte sul litio
La prima domanda da porsi è sulla reale necessità di un sistema di trasporto che preveda una produzione così massiva di automobili e non solo. La quantità di estrazione di litio potrebbe essere per esempio ridotta: riducendo la dipendenza dall’auto del sistema di trasporto, diminuendo le dimensioni delle batterie dei veicoli elettrici e massimizzando il riciclaggio del litio. Quest’ultimo punto, quello del riciclo dei materiali, dovrebbe essere il punto di partenza e forse l’unica vera e vincente strategia politica dei governi: imporre produzioni in senso circolare usando materiali ancora efficienti.
Incrementare e migliorare il trasporto pubblico è fondamentale, ma provare a imporre una limitazione dei consumi senza una informazione reale sulle conseguenze che l’eccessiva produzione comporta, non basta. La logica va modificata anche nei sistemi produttivi, oltre che in quelli sociali: singoli e aziende devono avere di fronte una soluzione alle proprie esigenze, tenendo conto dei limiti all’utilizzo delle risorse. Anche imponendo delle regole.
Alcuni dati certi da cui partire: limitando le dimensioni delle sole batterie dei veicoli elettrici si può ridurre la domanda di litio fino al 42%. Alimentando e investendo su trasporti di massa, pubblici ed efficienti, porterebbe alla produzione di veicoli di dimensioni più contenute, quindi con batterie più piccole e meno impattanti.
Prendendo in esame i casi di Argentina, Cile, Stati Uniti e Portogallo, quattro Paesi in cui l’estrazione del litio è in crescita, si notano subito alcune conseguenze molto simili tra loro. In tutti e quattro, l’estrazione del litio prevista o già in corso, ha implicazioni preoccupanti per l’intensità della siccità, la biodiversità dell’ecosistema e la sovranità indigena. Senza contare l’assoluta assenza di partecipazione della comunità a progetti che minacciano il loro territorio che spesso è anche il loro mezzo di sussistenza.
Oltre ai danni locali, l’assalto alle terre rare alimenta anche tensioni geopolitiche. Le catene di approvvigionamento del litio si estendono in tutto il mondo, dall’America Latina alla Cina, all’Australia, con nuove estrazioni pianificate in Europa, Canada, Stati Uniti e oltre. Il massiccio aumento della domanda sta già producendo una riduzione nell’offerta e una corsa all’accaparramento delle risorse.
I danni legati all’estrazione mineraria e i limitati giacimenti a disposizione, vedono nel riciclo e nell’investimento sul trasporto pubblico le uniche soluzioni praticabili. Una combinazione di elettrificazione dei veicoli, calo dell’uso e della proprietà delle auto e riduzione delle dimensioni e del peso dei veicoli personali (per aumentare la loro efficienza energetica) sono passi necessari che devono essere perseguiti. Piccole auto e maggior numero di mezzi pubblici ed efficienti renderebbero, tra l’altro, anche molto più sicuro il movimento interno alle città.
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Le terre rare sempre più necessarie
Nel 2021 il mondo ha estratto 280mila tonnellate di terre rare, circa 32 volte di più rispetto alla metà degli anni ’50. E la domanda non farà che aumentare. Entro il 2040, stimano gli esperti, avremo bisogno di sette volte più terre rare rispetto a oggi.
Parliamo di 17 elementi metallici, fondamentali non solo per le batterie, ma anche per schermi di computer, telefoni cellulari, dispositivi elettronici, lampade, macchinari per uso medico, laser, fibre ottiche, pigmenti, polveri lucidanti, catalizzatori industriali: l’elenco potrebbe continuare all’infinito.
I minatori devono scavare enormi quantità di minerale, sottoporlo a processi fisici e chimici per concentrare le terre rare e quindi separarle. La trasformazione è ad alta intensità energetica e sporca, richiede sostanze chimiche tossiche e spesso genera una piccola quantità di scorie radioattive che devono essere smaltite in sicurezza. Un’altra preoccupazione è l’accesso: la Cina ha quasi il monopolio sia dell’estrazione mineraria che della lavorazione
Per la maggior parte dei lavori svolti dalle terre rare, non ci sono buoni sostituti e i ricercatori lavorano ad alternative all’estrazione convenzionale. Le proposte includono di tutto: dall’estrazione dei metalli dai rifiuti di carbone a idee davvero fuori dal comune come l’estrazione nella luna. “Il riciclaggio giocherà un ruolo molto importante e centrale”, afferma invece Ikenna Nlebedim, scienziato dei materiali presso l’Ames National Laboratory in Iowa e il Critical Materials Institute del Dipartimento dell’Energia. “Questo non vuol dire che ricicleremo la nostra via d’uscita dalla sfida dei materiali critici”.
Secondo alcune stime, nel mercato dei magneti in terre rare, tra circa 10 anni, il riciclaggio potrebbe soddisfare fino a un quarto della domanda. Ma prima che le terre rare in un vecchio laptop possano essere riciclate regolarmente come l’alluminio in una lattina vuota, ci sono ostacoli tecnologici, economici e logistici da superare.
Il riciclaggio sembra un modo ovvio per ottenere più terre rare. È pratica standard negli Stati Uniti e in Europa riciclare dal 15 al 70 percento di altri metalli, come ferro, rame, alluminio, nichel e stagno. Eppure oggi, solo l’1% circa degli elementi di terre rare nei vecchi prodotti viene riciclato, afferma Simon Jowitt, geologo economico presso l’Università del Nevada, a Las Vegas. “Il cablaggio in rame può essere riciclato in altro cablaggio in rame. L’acciaio può semplicemente essere riciclato in altro acciaio”, afferma Jowitt. Ma molti prodotti di terre rare sono “intrinsecamente poco riciclabili”.
Le terre rare sono spesso mescolate con altri metalli dei prodotti hi-tech e la rimozione è una operazione complicata. I tradizionali metodi di riciclaggio richiedono l’uso di sostanze chimiche pericolose, come l’acido cloridrico, e necessitano di molto calore e quindi molta energia. Oltre all’impronta ambientale, il costo del recupero potrebbe non valere lo sforzo dato il piccolo rendimento. Un disco rigido, ad esempio, potrebbe contenerne solo pochi grammi, alcuni prodotti addirittura milligrammi.
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Le più interessanti tecniche di riciclaggio del litio
I chimici e gli scienziati dei materiali, tuttavia, stanno cercando di sviluppare approcci di riciclaggio più intelligenti. Le loro tecniche mettono al lavoro i microbi, eliminano gli acidi dei metodi tradizionali o tentano di aggirare l’estrazione e la separazione.
Da un articolo di sciencenews.org si apprende ad esempio che un approccio si basa su partner microscopici. I batteri gluconobacter producono naturalmente acidi organici che possono estrarre terre rare, come lantanio e cerio, dai catalizzatori esausti utilizzati nella raffinazione del petrolio o dai fosfori fluorescenti utilizzati nell’illuminazione. Gli acidi batterici sono meno dannosi per l’ambiente dell’acido cloridrico o di altri acidi tradizionali per la lisciviazione dei metalli, afferma Yoshiko Fujita, biogeochimico presso l’Idaho National Laboratory di Idaho Falls. Fujita guida la ricerca sul riutilizzo e il riciclaggio presso il Critical Materials Institute. “Possono anche essere degradati naturalmente“, dice ancora Fujita.
Un altro sistema economicamente vantaggioso utilizza i sali di rame per estrarre le terre rare dai magneti scartati. I magneti al neodimio-ferro-boro sono circa il 30% di terre rare. Una proiezione suggerisce che il recupero del neodimio nei magneti dai soli dischi rigidi statunitensi potrebbe soddisfare circa il 5% della domanda mondiale al di fuori della Cina prima della fine del decennio.
Secondo uno studio pubblicato da Nlebedim nel 2021, in ACS Sustainable Chemistry & Engineering, l’utilizzo di questo metodo per riciclare 100 tonnellate di materiale magnetico residuo potrebbe produrre 32 tonnellate di ossidi di terre rare e ottenere profitti per oltre un milione di dollari.
Lo studio ha anche valutato gli impatti ambientali: rispetto alla produzione di un chilogrammo di ossido di terre rare attraverso uno dei principali tipi di estrazione e lavorazione attualmente utilizzati in Cina, il metodo del sale di rame ha meno della metà dell’impronta di carbonio. Vene prodotta una media di circa 50 chilogrammi di anidride carbonica per chilogrammo di ossido di terre rare, contro circa 110.
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