Il mondo dei rifiuti urbani è tutt’altro che semplice: nella gestione – come sa chi vive in città come Roma dove le emergenze sono all’ordine del giorno – nel riciclo, come ci dicono i dati italiani, ancora lontani dagli obiettivi europei, nella raccolta dei dati. Da quest’ultimo punto di vista, però, il Rapporto Rifiuti Urbani 2023 dell’Ispra, pubblicato ieri, è una pietra miliare da cui partire per tracciare una carta d’identità dei rifiuti urbani italiani.
Ecco sette cose che dovete sapere.
1.Nel 2022 i rifiuti urbani prodotti in Italia (29 milioni di tonnellate) sono diminuiti rispetto al 2021. Ma…
L’anno scorso la quantità di rifiuti urbani prodotta in Italia è diminuita dell’1,8% rispetto a quella del 2021. La produzione nazionale dei rifiuti urbani – poco più di 29,1 milioni di tonnellate – “non è allineata all’andamento dei principali indicatori socioeconomici: a fronte di incrementi del PIL e delle spese delle famiglie (rispettivamente, del 3,7% e 6,1%), i rifiuti urbani diminuiscono in tutte le macroaree geografiche”, spiega Ispra. Tuttavia, nei 14 comuni sopra i 200 mila abitanti, dove vive il 16% della popolazione italiana, tra 2021 e 2022 si registra invece un lieve incremento (0,4%). Venezia e Napoli mostrano aumenti del 5,7% e 3,1%, seguite da Catania e Padova, entrambe con un aumento del 2,3%; gli incrementi registrati per Messina e Milano sono inferiori, rispettivamente pari all’1,5% e all’1%.
Quali sono i motivi di questa riduzione complessiva nella produzione dei rifiuti urbani? Il calo del 2022 “sembra riflettere l’andamento tendenzialmente in calo riscontrato nel lungo periodo”, sottolinea Ispra. Tuttavia, “in relazione ad effetti dovuti a modifiche normative, il dato della produzione può essere influenzato sia dall’introduzione di differenti modalità di contabilizzazione dei dati relativi ai rifiuti urbani che dalla possibilità per le utenze non domestiche di avvalersi di modalità di raccolta alternative rispetto al tradizionale utilizzo del servizio pubblico”.
La produzione di rifiuti urbani diminuisce in tutte le aree del Paese: il Nord fa registrare il calo percentuale più consistente (-2,2%), seguono il Centro e il Sud (-1,5% per entrambe). La produzione pro capite si attesta, nel 2022, a 494 chilogrammi per abitante, facendo registrare una variazione percentuale negativa dell’1,6%, rispetto al 2021. La situazione vede: il Centro con 532 chilogrammi per abitante, mentre il valore medio del nord Italia si attesta a 506 chilogrammi per abitante; il dato del Sud è invece pari a 454 chilogrammi per abitante.
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2. Aumenta la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, che supera il 65%
Ancora dal Rapporto Ispra risulta che la raccolta differenziata nazionale è in aumento e si attesta al 65,2% della produzione totale di rifiuti. Le percentuali più alte si registrano in Veneto, con il 76,2%, e in Sardegna (75,9%). Supera per la prima volta la soglia del 50% la regione Sicilia (51,5%), che nell’ultimo quinquennio fa registrare un aumento di 22 punti percentuali.
3.Meno della metà dei rifiuti urbani viene riciclata
La percentuale di riciclaggio dei rifiuti urbani si attesta al 49,2%. Nel 2021 la percentuale di riciclo si attestava al 48,1%. Una crescita “non ancora sufficiente per raggiungere l’obiettivo del 50% previsto dalla normativa per il 2020 (al 2030 l’obiettivo è peraltro ben più ambizioso e pari al 65%)”, ricorda Ispra.
Che sottolinea: “Permane un’ampia forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e i tassi di riciclaggio, anche se nell’ultimo anno in modo meno evidente, a riprova del fatto che la raccolta, pur rappresentando uno step di primaria importanza, deve necessariamente garantire la produzione di flussi di alta qualità, e deve essere, in ogni caso, accompagnata dalla disponibilità di un adeguato sistema impiantistico di gestione”.
4.Sono oltre 600 gli impianti di gestione
Gli impianti di gestione dei rifiuti urbani, operativi nel 2022, sono 654. Oltre la metà sono dedicati al trattamento della frazione organica della raccolta differenziata anche se non tutte le Regioni ancora dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti. Il recupero di questa frazione viene effettuato, in maniera prevalente, negli impianti di trattamento integrato anaerobico/aerobico, che trattano il 50,8% dei quantitativi complessivamente avviati agli impianti di gestione della frazione organica, seguiti dagli impianti di compostaggio (44,4%); la restante quota del 4,8% è gestita negli impianti di digestione anaerobica.
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5.Quasi un quinto dei rifiuti urbani (17,8%) finisce in discarica
Circa 5,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani sono finiti in discarica nel 2022. Una quantità in calo del 7,9% rispetto al 2021 ma che si attesta ancora al 17,8% del totale. Un dato molto lontano dal 10% massimo previsto dalle norme europee per il 2035: “Occorre pertanto ridurre ancora questa forma di smaltimento per raggiungere gli obiettivi europei”, sottolinea Ispra
6.Riciclo degli imballaggi: obiettivi Ue raggiunti per tutte le frazioni tranne la plastica
Uno dei flussi più monitorati dall’Europa è quello degli imballaggi e rifiuti di imballaggio, con ambiziosi obiettivi di riciclaggio fissati al 2025 e al 2030.
Se la frazione organica rappresenta il 41% dei rifiuti riciclati, la carta e cartone il 24,9%, il vetro il 14,4%, il legno il 6,4% e la plastica il 5,4% (5,5% nel 2021 e 4,6% nel 2020). Tutte le frazioni merceologiche “hanno già ampiamente raggiunto i target fissati a livello europeo per il 2025, ad eccezione della plastica che comunque è prossima all’obiettivo (48,9% a fronte di un obiettivo del 50%)”, ricorda Ispra.
7.La gestione dei rifiuti ci costa in media quasi 200 euro a testa ogni anno
Stando al Rapporto Rifiuti Urbani Ispra, il costo medio nazionale annuo pro capite di gestione dei rifiuti urbani è pari a 192,3 euro/abitante (nel 2021 era 194,5: meno 2,2 euro/abitante). Ma il costo non è uguale in tutt’Italia. Al Centro è più elevato, pari a 228,3 euro/abitante, segue il Sud con 202,3 euro/abitante e infine il Nord con un costo pari a 170,3 euro/abitante.
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