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venerdì, Dicembre 20, 2024

Il sottile legame tra salute delle donne, sessismo e inquinamento

Recenti ricerche suggeriscono che lo stress cronico e gli effetti dell'inquinamento ambientale possano giocare un ruolo cruciale nella salute delle donne, e in particolare nella malattie autoimmuni e nell'Alzheimer. Capiamo perché

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Redazione EconomiaCircolare.com

Il sistema immunitario e la natura delle cellule delle donne le rendono più suscettibili all’Alzheimer e alle malattie autoimmuni rispetto agli uomini. E il sessismo, lo stress cronico e ad una maggiore esposizione alle nanoparticelle inquinamenti potrebbero essere dei fattori incisivi.

Se questa asserzione ci sembra azzardata, proviamo a capire il collegamento seguendo i dati riportati dal EHN, Environemtal Health News. L’articolo, pubblicato recentemente, prova infatti ad indagare il legame che intercorre tra Alzheimer e le abitudini di vita e consumo che una società patriarcale, ognuna a suo modo, impone. Partendo da un assunto: le donne hanno da due a quattro volte più probabilità di sviluppare una delle oltre 100 malattie croniche autoimmuni rispetto agli uomini. Tra queste potrebbe esserci il morbo di Alzheimer, che alcuni ricercatori stanno iniziando a collegare al sistema immunitario.

Si tratta di una malattia che ha un impatto notevole sulla nostra società, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) questa e altre demenze rappresentano la settima causa di morte nel mondo. In Italia si stima vi siano circa 600.000 persone con demenza di Alzheimer, in base ai dati del Ministero della Salute aggiornati a settembre 2023.

Perché le donne sono più vulnerabili all’Alzheimer

Le donne rappresentano i due terzi dei pazienti con Alzheimer diagnosticato e spesso sviluppano sintomi peggiori rispetto agli uomini, come disturbi della memoria e riduzione del metabolismo cerebrale. Ma cosa le rende così vulnerabili a questa malattia?

Sarebbe la presenza di un gene (APOE4) ad aumentare significativamente la probabilità di sviluppare la malattia di Alzheimer, soprattutto nelle donne.

Più in generale, la suscettibilità autoimmune delle donne deriva probabilmente anche dal loro particolare sistema immunitario. Semplificando, le donne hanno generalmente una risposta anticorpale maggiore rispetto agli uomini, ma purtroppo gli alti livelli di anticorpi sono in questo caso correlati anche allo sviluppo di malattie autoimmuni. 

Recentemente è stato inoltre scoperto che un fattore di vulnerabilità alle malattie autoimmuni sarebbe legato ad uno dei due cromosomi X che si disattiverebbe per prevenire la sovrapproduzione di proteine utilizzate per regolare il sistema immunitario e altri sistemi.

Ci sono voluti dunque 60 anni per capire come la biologia delle donne aumenti la loro suscettibilità alle malattie autoimmuni: il ricercatore Howard Chang, professore di dermatologia e genetica all’Università di Stanford ha ipotizzato che una delle ragioni possa essere un pregiudizio di genere nella ricerca medica

“Ogni cellula del corpo di una donna produce una molecola chiamata Xist – ha dichiarato in un comunicato stampa dell’università – ma per diversi decenni abbiamo usato una linea cellulare maschile come standard di riferimento. E questa non ha prodotto Xist né complessi Xist/proteine/DNA, né altre cellule utilizzate da allora per i test. Quindi, tutti gli anticorpi anti-complesso Xist di una paziente donna (una fonte enorme della suscettibilità autoimmune delle donne) non vengono visti”.

salute donne laboratorio

Leggi anche: La salute in Italia tra inquinamento e prospettive di genere

L’influenza di fattori esterni

Tuttavia, come ricordano su EHN, non tutte le donne sviluppano malattie autoimmuni. Dunque, sebbene la particolare biologia delle donne svolga un ruolo, diverse ricerche in merito suggeriscono che anche lo stress cronico e le piccole particelle di inquinamento ambientale possano giocare un ruolo nella disparità che vede le donne più suscettibili a malattie autoimmuni e all’Alzheimer.

Spieghiamoci meglio: ogni volta che vengono rilevate strutture proteiche estranee o danni alle cellule, il sistema immunitario rilascia anticorpi, creando un’infiammazione. 

Come riportato dalla neuroscienziata Lisa Mosconi nel suo libro “The XX Brain: The Groundbreaking Science Empowering Women to Prevent Dementia”, uscito per Atlantic Books nel 2021, è dimostrato che un’infiammazione cerebrale cronica di basso grado è collegata al declino cognitivo e al morbo di Alzheimer.

Le cause dell’infiammazione possono essere molteplici: lo stile di vita, la genetica e l’invecchiamento, che comporta danni cumulativi e può far sì che il sistema immunitario si attivi erroneamente contro le proteine dell’organismo. Anche lo stress emotivo può innescare il rilascio dell’ormone dello stress, il cortisolo, che influisce sul sistema immunitario. L’esposizione al cortisolo dovuta allo stress cronico aumenta la suscettibilità a problemi quali ansia, depressione e disfunzioni cognitive, perdita di memoria o di attenzione. Lo stress cronico può quindi rendere il cervello più suscettibile alle infezioni che causano infiammazione cronica.

“Dato che il morbo di Alzheimer è fondamentalmente un processo infiammatorio cerebrale letale, – scrive la biologa e autrice dell’articolo Mary Ellen Harte – il ruolo svolto dallo stress emotivo femminile derivante dagli abusi è chiaro: i partner violenti, per lo più uomini, possono letteralmente contribuire a portare molte donne suscettibili alla demenza. Gli abusanti possono farlo inconsapevolmente e in modo progressivo nel corso di decenni di contatto con le loro vittime, inducendo livelli di stress cronico”.

Inoltre, come sostenuto da Lisa Mosconi, anche livelli subliminali di sessismo possono causare stress cronico, sia attraverso le aspettative delle donne su se stesse sia attraverso le aspettative degli altri: colleghi di lavoro, membri della famiglia o della cerchia sociale che perpetuano comportamenti sessisti possono contribuire allo stress cronico.

D’altronde, come scrive ancora la neuroscienziata, le donne hanno molte più probabilità degli uomini di soffrire di ansia, depressione, emicrania, lesioni cerebrali, ictus e morbo di Alzheimer. Ma, fino a poco tempo fa, la ricerca scientifica si è concentrata sulla medicina del bikini, partendo dal presupposto che le donne sono essenzialmente uomini con organi riproduttivi diversi”.

Il ruolo dell’inquinamento da nanoparticelle 

Tornando alla questione dell’infiammazione, una fonte esterna che può causare danni infiammatori alle cellule, soprattutto per le donne, sarebbe l’inquinamento da nanoparticelle, derivante dai combustibili fossili o utilizzati nelle materie plastiche. Si tratta di un campo ancora poco esplorato ma sembra che le nanoparticelle, – sostanze in cui almeno una delle tre dimensioni fisiche richiede di essere misurata in poche decine di nanometri, ovvero nella scala dei miliardesimi di metro (o milionesimi di un millimetro) – possono addirittura penetrare nel cervello e siano in grado di farlo meglio nelle persone anziane e in quelle affette da Alzheimer

Le donne statunitensi hanno quasi il doppio delle probabilità di vivere in povertà rispetto agli uomini – e tra queste maggiormente le donne nere, latine e indigene – e le loro comunità a basso reddito tendono a essere più esposte ai danni dell’inquinamento. L’inquinamento atmosferico colpisce, infatti, soprattutto i gruppi a basso reddito, che tendono a essere più esposti e vulnerabili, come dimostra uno studio che documenta la relazione tra esposizione all’inquinamento atmosferico e povertà in 211 Paesi e territori.  

salute donne inquinamento grafico
I dieci Paesi con la maggiore esposizione della popolazione a livelli di PM2,5 non sicuri. Le categorie di rischio sono definite in base ai livelli medi annui stimati di concentrazione di PM2,5. “Non sicuro” si riferisce a concentrazioni di PM2,5 superiori a 5 μg/m3. “Pericoloso” si riferisce a concentrazioni di PM2,5 superiori a 35 μg/m3

Di conseguenza, le donne appartenenti a queste fasce di popolazione hanno maggiori probabilità di sperimentare livelli pericolosi di nanoparticelle derivanti dall’inquinamento dell’aria.

Inoltre, un recente studio ha messo in relazione il morbo di Alzheimer con l’esposizione alle polveri sottili.

Leggi anche: (Micro)plastiche e salute: una questione (solo) femminile?

Esposizione alla plastica

Su EconomiaCircolare.com abbiamo già affrontato i rischi dell’esposizione alla plastica per la salute umana: in ultimo, Maria Grazia Petronio, vicepresidentessa ISDE, ha spiegato la complessità della materia e fornito alcuni consigli e accorgimenti che la Campagna nazionale per la prevenzione dei rischi per la salute da esposizione alla plastica offre a cittadine e cittadini.

È ormai noto che le microplastiche riescano ad attraversare il nostro corpo e raggiungere tanti organi, tra cui polmoni, fegato, milza, cuore, cervello e reni ma possono anche attivare il sistema immunitario.

L’articolo di ENH accende poi l’attenzione su una serie di danni collaterali legati alla plastica che diversi studi hanno approfondito: “Le microplastiche e le nanoplastiche – scrivono – sono collegate a un aumento degli ictus e degli attacchi cardiaci e possono anche contenere sostanze chimiche che imitano gli ormoni, con conseguente alterazione dei livelli ormonali e della risposta immunitaria. Infine, studi recenti sugli animali indicano che le nanoplastiche possono causare danni cellulari al cervello, con conseguenti disturbi nervosi e cambiamenti comportamentali”.

Sebbene l’esposizione personale alla plastica, dal cibo, ai vestiti all’igiene personale, sia purtroppo trasversale e universale, senza generalizzare, è probabile che le donne siano molto più esposte rispetto agli uomini attraverso prodotti per l’igiene come assorbenti e cosmetici.

Leggi anche: Maria Grazia Petronio (Medici per l’ambiente): “Ecco i rischi dell’esposizione alla plastica”

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