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mercoledì, Dicembre 4, 2024

Ma quale decarbonizzazione, è record di autorizzazioni per nuovi giacimenti di petrolio e gas

Uno studio dell’International Institute for Sustainable Development (IISD) punta il dito contro i Paesi ricchi come Usa, Gran Bretagna, Canada, Australia e Norvegia. “I Paesi ricchi dovrebbero essere i primi a smettere di rilasciare licenze”

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Redazione EconomiaCircolare.com

Se non fosse una questione serissima potremmo dire che ci stanno prendendo per i fondelli. Soprattutto a pochi giorni dalla COP29 sul clima di Baku. Voi cosa direste di governi che con una mano firmano impegni a combattere la crisi climatica e ad avviare un processo di transizione che ci allontani dalle fonti fossili (“transition away” come recita il Global stocktake della COP28) e con l’altra autorizzano le imprese Oil&Gas a nuove perforazioni? Questa è la triste realtà. Lo ha rivelato una ricerca, anticipata dal Guardian, dell’International Institute for Sustainable Development (IISD).

Una realtà che conferma l’allarme lanciato dall’UNEP nel recentissimo Emissions Gap Report intitolato, appunto “No more hot air … please!” (“Basta aria calda, per favore”, gioco di parole tra il surriscaldamento globale e l’aria fritta cui si riducono gli impegni dei governi).

“Il primo passo logico di una ‘transizione’ dal petrolio e dal gas è smettere di aprire nuovi giacimenti”, ha dichiarato al giornale britannico il coautore dello studio, Olivier Bois von Kursk, consulente politico dell’IISD. “È quindi molto preoccupante che l’attività di esplorazione non solo sia continuata dopo l’accordo Cop28, ma sia aumentata”.

Si pone anche una rilevante questione di giustizia climatica, visto che stando al’IISD, sono soprattutto i Paesi ricchi e industrializzati (come Usa, Gran Bretagna, Canada, Australia e Norvegia) ad alimentare questa espansione fossile: “I Paesi ricchi con una dipendenza relativamente bassa dai proventi dei combustibili fossili dovrebbero essere i primi a smettere di rilasciare licenze”, ha detto ancora Olivier Bois von Kursk: “I dati non lo dimostrano”.

Vi raccontiamo, in cifre, questa espansione fossile.

 

825                        Sono le nuove licenze di coltivazione di idrocarburi rilasciate nel 2023 da Paesi ricchi i cui bilanci non dipendono dalle estrazioni di fonti fossili, come Usa, Gran Bretagna, Canada, Australia e Norvegia. “Il numero più alto da quando sono iniziate le registrazioni”, secondo il rapporto IISD. Questi Paesi stanno guidando un’espansione senza precedenti nell’industria del petrolio e del gas, malgrado i loro impegni (a parole) per ridurre le emissioni;

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Fonte: Guardian

 

67%                       La quota di autorizzazioni rilasciate da questi Paesi sul totale delle nuove licenze per petrolio e gas rilasciate a livello globale dal 2020;

 

11,9 miliardi di tonnellate          Le nuove autorizzazioni per l’estrazione di petrolio e gas assegnate e in fase di assegnazione nel 2024 rischiano di sommergerci con quasi 12 miliardi di tonnellate di CO2, calcola IISD, “pari all’incirca all’inquinamento annuale da carbonio della Cina”. La cifra più alta dal 2018. Una cifra che tiene conto delle emissioni derivanti nel corso della loro vita da tutti i nuovi giacimenti di petrolio e gas.

Di conseguenza, le aziende produttrici di combustibili fossili stanno investendo più denaro per gestire questi nuovi giacimenti che in qualsiasi altro momento dall’accordo sul clima di Parigi del 2015, quando tutti i Paesi hanno deciso di fare tutto il possibile per contenere il surriscaldamento globale entro il grado e mezzo rispetto all’era preindustriale;

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Leggi anche: Ingiustizie e clima, due crisi che si alimentano

 

5 volte gli altri Paesi                      Nell’ultimo decennio, quindi grosso modo dagli accordi di Parigi, IISD si stima che le nuove licenze rilasciate da Paesi ad alta capacità e bassa dipendenza abbiano contribuito alle emissioni di gas serra in misura cinque volte maggiore rispetto a tutti gli altri Paesi produttori di petrolio e gas messi insieme. Scrive il Gurdian: “I dati rivelano una profonda iniquità – e una questione chiave di giustizia climatica – che i Paesi in via di sviluppo hanno cercato per anni di sollevare ai colloqui annuali sul clima delle Nazioni Unite. Per onorare gli obblighi giuridicamente vincolanti previsti dall’Accordo di Parigi, i Paesi sviluppati devono essere i primi a eliminare gradualmente i combustibili fossili, a partire da subito, e a fermare i piani di espansione”.

 

+2,4%                   L’aumento annuale di estrazioni nei Paesi Ocse. Altri dati a conferma dell’atteggiamento drammaticamente schizofrenico dei Paesi ricchi arrivano dall’Agenzia internazionale per l’energia. Nelle IEA’s Monthly Oil Statistics, che in includono dati fino a giugno di quest’anno, si legge: “La produzione totale OCSE di petrolio greggio, gas naturale liquefatto e materie prime di raffineria è aumentata del 2,4% nel luglio 2024 rispetto al luglio 2023”;

 

+5,4%                   Se nel 2022 i Paesi OCSE producevano 1,29 miliardi di tonnellate di petrolio greggio, gas naturale liquefatto e materie prime di raffineria, l’anno scorso la produzione è salita a 1,36 miliardi: +5,4%.

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Fonte: OCSE

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