La COP sul clima di Baku e alle viste. La crisi climatica causata dall’estrazione e combustione delle fonti fossili ha portato mezza Italia sott’acqua. Ma delle cause di questa emergenza non si parla (e spesso essa stessa viene derubricata a ordinario maltempo). Eppure c’è chi, dal basso, prova a fare la propria parte. Lo ha fatto l’associazione genovese Cittadini Sostenibili APS che ha presentato ai Comuni liguri una proposta per introdurre restrizioni o divieti sulle pubblicità relative alle fonti fossili.
Ne parliamo col presidente dell’associazione.
Andrea Sbarbaro, da dove nasce la vostra azione?
Abbiamo notato negli anni scorsi molte iniziative sul tema delle pubblicità legate alle fonti fossili, tra cui anche la petizione a livello europeo – Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) – lanciata dalla colazione “Ban fossil fuel ads” , composta da Greenpeace, Avaaz, Global Witness, ClientEarth, ActionAid, WWF, Ecologistas en Acción, Europe Beyond Coal, e molti altri. La proposta di divieto purtroppo non ha raggiunto il milione di firme necessario, ma sicuramente è stata l’ispirazione per tanti movimenti, ha piantato un po’ un seme.
Se questa è stata l’ispirazione, sicuramente un’altra parte importante sono stati gli strumenti normativi che i Comuni mettono a disposizione, e che non sempre sono conosciuti: in Italia tutti gli statuti delle città hanno una parte dedicata agli Istituti di partecipazione civica, dove si indica come i cittadini o le associazioni possono portare delle proposte. Anche se le modalità sono diverse da Comune a Comune, nonostante questo rappresentano uno strumento che, nella maggior parte dei casi, vincola l’amministrazione a dare una risposta.
La nostra iniziativa è nata un po’ da queste due anime.
A quanti Comuni avete scritto?
Alla campagna stiamo lavorando in due in questo momento, entrambi volontari, io e Marianne Romani. Individuando prima nello statuto di ciascun Comune il singolo articolo che norma la procedura partecipativa, da luglio abbiamo inviato pec, inizialmente a 15 comuni, ora siamo a 22: Genova Imperia, La Spezia, Savona, Alassio, Albenga, Arenzano, Bogliasco, Cairo Montenotte, Celle Ligure, Chiavari, Finale Ligure, Lavagna, Loano, Rapallo, Sestri Levante, Sanremo, Sarzana, Santa Margherita Ligure, Taggia, Vado Ligure, Varazze.
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E cosa avete chiesto?
Siamo partiti segnalando le iniziative delle altre città nel mondo che hanno preso provvedimenti sulla pubblicità come restrizioni o divieti. In particolare, di recente, l’Aia, che con una legge approvata a settembre e che sarà in vigore dal 2025, è stata la prima al mondo a vietare in tutti gli spazi pubblici privati, la pubblicità di prodotti ad elevata impronta di carbonio.
Tanti comuni hanno fatto una scelta più simbolica, scegliendo un divieto un po’ più soft: cioè togliere le pubblicità dalle fermate delle metropolitana, dei bus, dei treni. Insomma dagli spazi pubblicitari gestiti dal Comune.
Noi abbiamo chiesto appunto di adottare provvedimenti analoghi a quelli delle altre città. Puntiamo anche a provvedimenti light riguardanti cartelloni pubblicitari di SUV, aerei, crociere, auto con motore a combustione e carburanti fossili quali gas e metano, posti in luoghi pubblici quali fermate del bus, stazioni dei treni, fermate della metro e parchi. Speriamo di avere un timido graduale risultato anche in Italia. Non siamo talebani dei divieti, ma iniziare è opportuno e importante.
Il nostro obiettivo sarebbe riuscire ad avere un primo divieto in Italia: sarebbe sicuramente importante, non solo per noi ma anche per gli altri Comuni che potrebbero prendere spunto.
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Perché ritenete importante vietare la pubblicità delle imprese fossili e dei prodotti con un alto impatto di carbonio?
Posso rispondere un po’ da psicologo, visto che sia io che Marianne condividiamo una formazione di questo tipo: il motivo è che essere costantemente esposte ed esposti alle pubblicità fossili contribuisce a normalizzarle. Quando sei sommerso da pubblicità di turisti felici in crociera, di aerei che danno la libertà, tutto diventa normale, entra a far parte della tua vita ordinaria e non se ne percepisce la gravità. Anzi.
Andrea, faccio l’avvocato del diavolo. Mettendo al bando la pubblicità di tutti quei prodotti fossili, non si rischia di togliere denaro alle amministrazioni, che sono già abbondantemente sotto stress economico?
Il problema lo capisco bene. Ma la questione è la stessa del tabacco: sono prodotti che fanno molto male alla salute, anche se fanno profitti e portano soldi nelle casse dello Stato, Ma poi, e questo non si dice, ci sono gli enormi costi sanitari legati agli stessi prodotti.
Conosce altre associazioni che in Italia si stanno muovendo nella stessa vostra direzione?
Noi siamo in contatto con soggetti esteri, in particolare con la campagna olandese, che ci ha fornito anche le bozze dei documenti approvati dallo Stato. In Italia, che noi sappiamo, c’è stata la campagna di Greenpeace di cui parlavo. Abbiamo fatto ricerche sui media locali, ma richieste ai Comuni, per quanto ne sappiamo, non ce ne sono.
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I Comuni hanno risposto alle vostre richieste?
Non ancora. C’è da dire anche che abbiamo inviato le richieste in estate e nel 90% dei Comuni sono previsti 60 giorni per la risposta. Ora poi ci sono le elezioni regionali.
Abbiamo comunque mandato dei solleciti. Se non avremo risposta, ovviamente ne chiederemo conto, perché ogni Comune deve avere un referente per l’amministrazione trasparente: se non avremo risposta tra un mese, la forzeremo chiedendo un referente per averla.
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