“Sui principali quotidiani e telegiornali italiani diminuisce ulteriormente l’attenzione per la crisi climatica, mentre aumenta la dipendenza economica della stampa dalle pubblicità delle aziende inquinanti”. L’allarme arriva da un nuovo rapporto che Greenpeace Italia ha commissionato all’Osservatorio di Pavia: viene esaminato, nel periodo fra maggio e agosto 2024, come la crisi climatica è stata raccontata dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa) e dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7.
“Tra maggio e agosto i media italiani si sono interessati della crisi climatica solo in occasione delle elezioni europee e quando le ondate di calore e la siccità hanno ricordato che gli eventi meteorologici estremi non risparmiano il nostro Paese”, ha detto Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia. “Lo scarso interesse mediatico è tale che ormai sui giornali esaminati ci sono più pubblicità di aziende inquinanti che articoli dedicati al riscaldamento globale. E per non dispiacere gli sponsor da cui dipendono per sopravvivere molti quotidiani e televisioni, non si parla quasi mai di cause e responsabili, a partire dalle aziende fossili come ENI, campione di pubblicità e greenwashing”.
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I combustibili fossili scompaiono dall’informazione
La ricerca – che rientra nel monitoraggio periodico di Greenpeace sull’informazione relativa ai cambiamenti climatici in Italia avviato nel 2022 – ci spiega che nel secondo quadrimestre del 2024 sui telegiornali si è parlato del clima e della transizione energetica in media una volta ogni due giorni, “ma le notizie realmente dedicate alla crisi climatica sono state in media appena una ogni dieci giorni”. Il TG5 si conferma il telegiornale che ha dato più spazio al riscaldamento del pianeta, mentre all’estremo opposto il TG La7 di Enrico Mentana ha parlato della crisi climatica appena una volta al mese.
Nello stesso periodo, i principali quotidiani italiani hanno pubblicato mediamente un articolo centrato sulla crisi climatica ogni due giorni.
Ma quello che colpisce di più è che le cause degli eventi climatici estremi e della crisi climatica sono quasi scomparsi dall’informazione. Spiga infatti Greenpeace che “ancora meno si è parlato di combustibili fossili come causa della crisi climatica: considerando tutti i TG esaminati, è accaduto appena quattro volte in quattro mesi”. Le cause della crisi climatica citate solo nel 14,5% degli articoli di quotidiani (poco più di un articolo ogni 10) e nel 7% delle notizie dei TG (meno di un servizio su 10).
Tra gli argomenti più frequentemente citati negli articoli dei quotidiani: transizione ecologica/energetica (24,6%), riduzione delle emissioni (15,7%), fossili/decarbonizzazione (12,4%). Quelli citati più spesso dai TG riguardano invece soprattutto le manifestazioni del cambiamento climatico: ondate di calore (23,7%), temperature di mari e oceani (18,9%), siccità (16,7%).
Altro elemento preoccupante è lo spazio che la stampa lascia alle imprese quando si parla di clima, a scapito dell’informazione scientifica. “Aziende e rappresentanti del mondo economico e finanziario – spiega il rapporto – costituiscono circa il 40% dei soggetti che trovano spazio nel racconto giornalistico del riscaldamento globale (e di questi, oltre un terzo sono aziende inquinanti), staccando di gran lunga politici, esperti e scienziati, e ambientalisti”.
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Fossil addiction
Alla faccia della decarbonizzazione, “si accentua la dipendenza della stampa dalle pubblicità delle aziende più inquinanti (compagnie del gas e del petrolio, dell’automotive, aeree e crocieristiche)”, avverte Greenpeace. Secondo l’analisi dell’Osservatorio di Pavia, che dedica un focus proprio all’advertisement, con l’eccezione di Avvenire, sugli altri quotidiani si arriva a “una media di oltre cinque inserzioni pubblicitarie a settimana, più degli articoli dedicati alla crisi climatica, addirittura più di una al giorno su la Repubblica”.
A quanto risulta dell’analisi, poi, le pubblicità osservate sui quotidiani, “pur essendo di aziende inquinanti, riguardano spesso prodotti, servizi, aree di business green accompagnandole con messaggi che parlano al pubblico di impegno verso sostenibilità e transizione”. Una delle strategie del più classico dei greenwashing.
Tra i messaggi all’insegna della sostenibilità e dell’impegno verso la transizione trovati sulla stampa italiana, Greenpeace e l’Osservatorio di Pavia segnalano, ad esempio:
a2a: “Lavoriamo…per guidare la transizione ecologica con un piano concreto per raggiungere l’impatto zero”;
BMW: “Piacere di guidare, 100% electric”;
MSC Crociere: “Scopri la bellezza di una crociera più responsabile. … la bellezza delle nostre nuove navi che raggiungono destinazioni meravigliose con un carburante più pulito, la bellezza di un uso più responsabile dell’acqua…”;
Plenitude (ENI): “Con Plenitude l’energia eolica fa parte della vita di tutti i giorni”;
Snam: “Muoviamo l’energia con un’infrastruttura capace di trasportare sempre più molecole verdi e favorire la transizione, verso un futuro davvero sostenibile”.
L’invadenza delle imprese che fanno affari sulle fonti fossili e la permeabilità dell’informazione sono il motivo per cui EconomiaCircolare.com non solo ha aderito alla coalizione “Stampa libera per il clima”, ma ha lanciato la campagna Clean the Cop!, promossa con A Sud e Fondazione Openpolis, per chiedere al governo italiano di non accreditare lobbisti del gas e del petrolio alle Cop sul clima.
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Ai margini del dibattito politico
Lo studia esamina anche le dichiarazioni sul clima e sulla transizione energetica rilasciate dai principali leader politici italiani su Facebook, sui quotidiani e sui telegiornali: Bonelli, Calenda, Conte, Fratoianni, Giorgetti, Lollobrigida, Magi, Meloni, Pichetto Fratin, Renzi, Salvini, Schlein e Tajani sono le figure politiche analizzate. I risultati del secondo quadrimestre confermano che la crisi climatica resta marginale nel dibattito politico nazionale, nonostante il periodo esaminato coincidesse con le elezioni europee. Il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin è il politico che più parla di clima, seguito da Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra e dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini, che si conferma la voce che più apertamente osteggia le azioni per il clima.
La classifica di Greenpeace
In base ai risultati dello studio, Greenpeace ha aggiornato la classifica dei principali quotidiani italiani: “ancora una volta si avvicina alla sufficienza solo Avvenire (con 5,4 punti su 10), seguito con punteggi molto bassi da la Repubblica (3,0), Corriere della Sera (2,8) La Stampa (2,8) e Il Sole 24 Ore (2,6)”.
I giornali sono stati valutati mediante cinque parametri: 1) quanto parlano della crisi climatica; 2) se citano i combustibili fossili tra le cause; 3) quanta voce hanno le aziende inquinanti e 4) quanto spazio è concesso alle loro pubblicità; 5) se le redazioni sono trasparenti rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti.
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