Il settore dei trasporti è considerato uno dei maggiori responsabili dell’inquinamento atmosferico. Negli ultimi tre decenni è stato l’unico a vedere un aumento delle emissioni di gas serra, facendo segnare un +33,5% tra il 1990 e il 2019.
Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di CO2 in Europa, il 71,7% delle quali viene prodotto dal trasporto stradale. Le automobili generano il 60,7% del totale delle emissioni di CO2 sulle strade europee. Nel quadro della tabella di marcia del Green Deal europeo l’UE mira a ottenere, entro il 2050, una riduzione del 90% delle emissioni di gas serra dovute ai trasporti rispetto ai livelli del 1990.
Le grandi case automobilistiche hanno già da tempo iniziato a modificare la propria catena produttiva nell’ottica di una riduzione degli sprechi e delle emissioni. Secondo uno studio del Capgemini Research Institute, l’industria automobilistica è in vantaggio rispetto ad altri comparti in merito al rispetto degli standard globali di sostenibilità.
Oltre 60 tra case produttrici, fornitori, istituti di ricerca, Ong e organizzazioni internazionali, ad esempio, si sono unite nella Circular Cars Initiative. Si tratta di un’iniziativa, in collaborazione con il World Economic Forum, il World Business Council for Sustainable Development, McKinsey e Accenture, che mira a portare l’industria nell’economia circolare nel più breve tempo possibile.
È stata stilata una roadmap per aiutare l’industria e le autorità di regolamentazione a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Tra i principali, c’è l’adozione di modelli di business innovativi per consentire il riciclo di alta qualità e l’uso di batterie di seconda vita.
Per un futuro circolare dell’industria automobilistica
Ridisegnare il modello di business in ottica circolare significa rivedere completamente ogni fase del ciclo di vita dell’auto, dalla progettazione fino alla “morte” del veicolo (e oltre). Un uso più efficiente delle risorse lungo tutta la catena del valore può risolvere il problema dell’eccessivo sfruttamento delle materie prime e del ricorso eccessivo alla rottamazione di veicoli ancora in perfette condizioni.
Per la transizione verso un modello a basso impatto ambientale, rigenerazione e riciclo sono elementi chiave. Più di un terzo dei nuovi veicoli Renault, ad esempio, è prodotto con materiali riciclati, tra cui rame, acciaio, tessuti e plastica. Negli Stati Uniti, Ford usa gli scarti dei chicchi di caffè per realizzare parti per auto in plastica rinforzata. L’utilizzo di biomateriali è sicuramente una frontiera in forte espansione: Volkswagen ha creato una struttura per la ricerca a Wolfsburg, l’Open Hybrid LabFactory (OHLF), che lavora a processi innovativi per sostituire tessuti, metalli, e plastiche ed ha anche inaugurato un impianto per il riciclo delle batterie.
Prima di arrivare al riciclaggio, però, esistono una serie di secondi impieghi, soprattutto in ambito industriale, in grado di regalare alle batterie una seconda vita. Ci sono già degli esempi anche sul territorio europeo in cui le batterie sono state utilizzate come accumulatori industriali o in gruppi di continuità, per garantire l’erogazione della corrente anche in caso di black out in uffici e ospedali.
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Lo stabilimento Renault che dona nuova vita alle auto usate
Come detto, Renault è tra le case automobilistiche più attive: tra riciclaggio dei tessuti, ricondizionamento dei ricambi, riutilizzo delle batterie dei veicoli elettrici, sviluppo di offerte di car sharing sempre più sostenibili, la casa francese è in prima linea in tema di economia circolare.
Renault sta riconvertendo interamente il suo più antico stabilimento di assemblaggio a Flins, vicino Parigi, per creare una RE-Factory incentrata interamente sull’economia circolare. L’obiettivo è ridurre l’impatto ambientale dei veicoli per l’intero ciclo di vita, dall’approvvigionamento alla manutenzione, dalla sostenibilità delle batterie alla fase di rigenerazione e riciclo. Tutto è incentrato su quattro processi: Re-Trofit, Re-Energy, Re-Cycle e Re-Start.
Con il Re-Trofit la casa francese ha creato un polo per il ricondizionamento delle auto usate, come quelle appartenenti alle flotte del car sharing. Nella fase di Re-Energy si interviene invece sui componenti non riutilizzabili, soprattutto batterie al litio, che vengono completamente smantellate. In questo modo le parti riutilizzabili vengono girate ai reparti dei progetti di recupero, il resto finisce ai partner che recuperano le sostanze chimiche per produrre nuove batterie.
Concetto simile a quello del Re-Cycle, procedura attraverso la quale si cerca di riciclare e recuperare quante più parti possibili, per abbassare l’impatto ambientale e i costi. L’ultimo punto, Re-Start, consiste nello studio, nella ricerca e la progettazione per modificare i modelli di produzione e rimanere competitivi. A Flins si studia, ad esempio, come produrre parti con la stampa 3D e si lavora alla formazione dei dipendenti, anche tramite collaborazione con partner esterni.
“Di fronte alla sfida della transizione energetica, le industrie svolgono un ruolo di primaria importanza per far evolvere le loro modalità di produzione e ridurre l’impatto ambientale”, ha spiegato Jean-Philippe Hermine, Direttore strategia e Piano ambientale del Gruppo Renault. “Con il sostegno dei nostri partner Filatures du Parc ed Adient Fabrics France – prosegue – dimostriamo che è possibile realizzare modelli di sviluppo circolari incentrati sulle risorse, dotandosi al tempo stesso di un vantaggio competitivo prezioso in un momento in cui la disponibilità e il costo delle materie prime diventa una vera e propria sfida strategica”.
La Renault è molto attiva da tempo anche sul versante del remanufacturing. A questo scopo, ha realizzato una fabbrica specializzata a Choisy-le-Roi, nella periferia di Parigi, dove offre una seconda vita ai componenti fuori uso e a fine vita. Renault controlla una rete di società specializzate nel settore come Indra, che gestisce 400 demolitori in Francia che trattano il 25% delle auto fuori uso di tutte le marche, di cui viene garantito il 95% del riciclaggio sulla massa totale dei veicoli.
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Volkswagen lavora sul riciclo multiplo delle batterie
Sul riciclo delle batterie usate sta viaggiando a grande velocità anche Volkswagen Group che, dopo aver lanciato nel 2009 il progetto di ricerca LithoRec per il riciclo delle batterie agli ioni di litio, ha aperto a Salzgitter, nella Germania del sud, un impianto pilota per il recupero industrializzato di preziose materie prime dalle batterie. L’obiettivo annunciato è quello di arrivare a riciclare il 90% dei materiali di ogni batteria prodotta, recuperando così materie prime critiche come litio, nickel, manganese e cobalto, insieme ad alluminio, rame e plastica, per reimmetterli direttamente nel ciclo produttivo.
“La caratteristica unica dell’impianto di Salzgitter è che ricicla solo batterie che non possono più essere utilizzate per altri scopi”, si legge sul sito del Gruppo Volkswagen. Le componenti di ogni batteria vengono infatti controllate per capire se è ancora sufficientemente potente da avere un secondo impiego – e dunque una seconda vita – in ambiti alternativi, come ad esempio in grandi sistemi di accumulo. La stessa Volkswagen sta portando avanti vari progetti di grandi sistemi di accumulo, nei quali numerose batterie usate vengono unite per dare energia, sia negli stabilimenti Volkswagen che in progetti di collaborazione con altre società di distribuzione.
L’impianto di Salzgitter è stato progettato per riciclare inizialmente fino a 3600 sistemi di batterie all’anno durante la fase pilota, l’equivalente di circa 1500 tonnellate. Il risparmio di CO2 è calcolato in circa 1,3 tonnellate per batteria da 62 kWh prodotta utilizzando catodi realizzati con materiale riciclato e utilizzando elettricità verde.
Oltre al Re-Use, ovvero il riutilizzo in ambiti esterni ai veicoli, Volkswagen punta anche sul Remanufacturing. È prevista la sostituzione di singoli componenti delle batterie usate per prepararle al riutilizzo sui veicoli elettrici. In alternativa, anche in questo caso le batterie possono essere disassemblate in singoli moduli per essere poi reimpiegate in stazioni di accumulo.
Audi: lavori in corso
Anche il Marchio Audi – sempre di proprietà del gruppo Volkswagen – sta portando avanti la sua rivoluzione verde e mira a ridurre le proprie emissioni del 30% nei prossimi cinque anni e portarle a zero entro il 2050. Uno degli aspetti principali su cui sta lavorando, oltre all’elettrificazione della gamma, è la creazione di un sistema di riciclo completo. Il brand costruisce le auto in modo che possano essere disassemblate facilmente alla fine del proprio ciclo di vita. Inoltre, sta lavorando al recupero delle batterie esauste, che trovano una seconda vita nel progetto pilota avviato con il fornitore di energia tedesco RWE.
Insieme al provider tedesco ha realizzato un impianto di stoccaggio dell’energia a Herdecke, in Germania, che utilizza 60 moduli agli ioni di litio smontati dalle Audi e-tron, per una capacità complessiva di 4,5 megawattora. Le batterie che hanno conservato una capacità residua superiore all’80% possono essere utilizzate per altri 10 anni, a un costo sensibilmente inferiore rispetto a quello delle celle nuove.
“Grazie a questo progetto con Audi stiamo testando come gli accumulatori provenienti dalle auto elettriche, una volta collegati in serie, siano estremamente efficaci ed efficienti, proponendosi come un’ottima alternativa alle batterie nuove”, ha spiegato Roger Miesen, CEO di RWE. “L’esperienza acquisita con il progetto pilota ci aiuterà a individuare ulteriori applicazioni per la seconda vita delle batterie esauste”.
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BMW
Il brand tedesco mira ad avere più di sette milioni di veicoli elettrificati sulle strade entro il 2030, due terzi dei quali completamente elettrici. “Obiettivo principale di BMW è la riduzione delle emissioni di CO2 lungo tutto il ciclo di vita del veicolo”, si legge sul sito ufficiale. Per farlo, si è posta l’obiettivo di aumentare in modo significativo la percentuale di materie prime riciclate utilizzate entro il 2030 e di utilizzarle più volte in un’ottica circolare. Inoltre, per la stessa data, si vogliono ridurre le emissioni di CO2 della catena di fornitura del 20% per veicolo rispetto ai livelli del 2019.
Senza misure correttive, le emissioni di CO2 della catena di fornitura aumenterebbero di oltre un terzo: attraverso l’utilizzo di energie rinnovabili nella produzione delle celle della batteria della BMW iX c’è stata invece significativa riduzione delle emissioni.
“Al momento le batterie ad alta tensione sono riciclabili al 90%, le auto del BMW Group al 95%”, fa sapere la multinazionale tedesca. “In questo modo, tramite il riciclo del materiale smaltito, si possono ottenere alluminio o acciaio secondari da riutilizzare, come nel caso della BMW i Vision Circular presentata all’IAA 2021”. Al momento i veicoli di BMW Group vengono prodotti con una media del 30% di materiali riutilizzati e riciclati, ma l’obiettivo è quello di arrivare velocemente al 50%.
Toyota
Il colosso nipponico pioniere dell’ibrido, con milioni di vetture vendute nel mondo, ha stretto un accordo con Panasonic per dare una seconda vita alle sue batterie. Per favorire la transizione elettrica e potenziare le infrastrutture di ricarica poi, ha sottoscritto una partnership in Italia con Edison, per installare oltre 300 colonnine di ricarica ad accesso pubblico e alimentate da energia rinnovabile. Le sfide ambientali di Toyota per il 2050 comprendono anche l’azzeramento delle emissioni di CO2 nel ciclo di vita delle auto, il raggiungimento delle zero emissioni di CO2 negli impianti di produzione e una gestione efficiente delle acque di scarico e dei consumi idrici durante la produzione.
Nissan
Chiudiamo questa carrellata con la multinazionale giapponese, che ha presentato un nuovo prototipo di impianto in Giappone per la produzione di batterie allo stato solido. Queste batterie cambieranno il mercato delle auto elettriche, rendendole più competitive grazie a maggiore autonomia e minori costi. Hanno una densità di energia circa doppia rispetto alle tradizionali batterie agli ioni di Litio, un tempo di ricarica significativamente più breve e un costo inferiore per l’impiego di materiali meno costosi. Il marchio giapponese ritiene che il costo delle batterie allo stato solido possa scendere a 75 dollari per kWh entro il 2028 e a 65 dollari per kWh in seguito, portando alla parità di costo tra veicoli elettrici e veicoli a benzina. Nissan prevede di lanciare un veicolo elettrico con batterie allo stato solido sviluppate internamente entro il 2028.
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