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venerdì, Ottobre 4, 2024

Capannori, 15 anni di Rifiuti zero e una nuova certificazione europea

A 15 anni dalla prima delibera “zero waste” in Europa e a due giorni dalla certificazione “Zero Waste Cities” di Capannori, ne parliamo con Rossano Ercolini, una delle anime di questo percorso: “Rifiuti zero? Un modello che parla di empowerment e democrazia”

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, un passato nell’associazionismo e nella ricerca non profit, collabora con diverse testate

Quindici anni fa Capannori (Lucca), dopo aver scongiurato la costruzione di un inceneritore, approvava la prima delibera “Zero waste” in Europa, spianando una strada sulla quale si sono incamminati altri 330 comuni italiani (e molti altri in Europa). Nel 15 anniversario di quella scelta, il Comune guidato oggi da Luca Menesini diventa il primo in Italia certificato ‘Rifiuti zero’, secondo la Zero Waste Cities (ZWC) Certification di Mission zero academy (MizA).

“Il miglior modo di celebrare il quindicesimo anniversario della strategia Rifiuti zero a Capannori è stato proprio quello di essere stati certificati con la nuova certificazione europea. Un grande riconoscimento per l’intera comunità giusto coronamento di 15 anni di impegno a cui il Centro ricerca Rifiuti zero ha dato impulso ed inspirazione”. Così ha commentato la notizia Rossano Ercolini, responsabile del Centro ricerca rifiuti zero di Capannori e coordinatore di Zero Waste Italy, oltre che uno dei protagonisti di quella rivoluzione avviata 15 anni fa con una delibera ispirata al modello di Oakland. Una rivoluzione che ha portato i rifiuti urbani residui a 75 chilogrammi per abitante e il riciclo attorno all’88%: “E con il progetto dell’impianto per il riciclo di pannoloni e pannolini abbiamo l’obiettivo di superare il 90%”. Una rivoluzione che che ha proiettato il Comune in provincia di Lucca nel mondo come realtà cui ispirarsi: giusto la scorsa settimana a Capannori c’è stata una delegazione della penisola arabica ed esponenti del direttivo della Plastic Solution Fund (Rockefeller Philanthropy).

Capannori
Rossano Ercolini

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Inceneritore VS modello Oakland

Ercolini ci racconta come nel 2007 venne approvata, in sede consiliare, la delibera “rifiuti zero”. Un documento ”mutuato dalla zero waste law di Oakland, adattata al contesto capannorese”. L’esempio californiano si innestava sulla lotta contro l’inceneritore. “Alla fine del 1995 la Regione Toscana voleva realizzare due inceneritori in provincia di Lucca di cui proprio uno a Capannori. Ci fu una forte opposizione, costruita in modo provvidenziale: non dicevamo solo ‘no’, dicevano no all’inceneritore ma ‘sì’ alle alternative, senza proposte opportunistiche o ideologiche. Questo nel tempo ci ha premiato in termini di credibilità, di rigore, serietà delle proposte”. Ci sono voluti 10 anni prima che le alternative proposte prendessero corpo. “Nel 2007 col professor Paul Connet, che ci aveva aiutato sul piano scientifico, chiediamo al sindaco (a quel tempo era Giorgio Del Ghingaro, oggi primo cittadino di Viareggio, ndr) se ha il coraggio di adottare una strategia rifiuti zero come stavano facendo nella baia di San Francisco. Il sindaco ci sorprese”. La risposta delle istituzioni locali fu essenziale, ma altrettanto lo è stata, sottolinea Ercolini, quella della comunità: “L’amministrazione non ci ha mai fatto mancare la sua sponda, c’è stata sempre sinergia, tanto che il Centro rifiuti zero è una emanazione del Comune. Ma agli amministratori va riconosciuto l’aver capito che Rifiuti zero è progetto bottom up, che parte dal basso. Rifiuti zero non parla solo di rifiuti ma di empowerment, di democrazia, del peso sempre più rilevante di associazioni, società civile, stakeholders”.

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“Una narrazione travolgente”

Quando cita Connet, uno dei padri della strategia Rifiuti zero, Ercolini ricorda l’importanza della rete internazionale nella quale Capannori ha saputo collocarsi: “Se guardo indietro, la capacità di connettere locale e globale ha pagato, hanno pagato I contatti che abbiamo coltivato a livello globale. Abbiamo dato vita ad una cellula locale e globale spingendo sempre più in là le buone pratiche”.

Tutto questo – le ampie relazioni internazionali di una piccola realtà locale, la caparbietà di Ercolini, l’alzare sempre un po’ l’asticella, il fato che “le battaglie si vincono insieme” – ha dato vita ad una narrazione che, ammette lo stesso coordinatore di Zero Waste Italy, è stata la fortuna del modello Capannori: “Una narrazione travolgente del progetto Capannori. Nell’immaginario è passata la mitologia di Capannori, ha sicuramente inciso il fatto di essere stato il primo Comune, quella che chiamo la sindrome dei numeri primi. C’era già una cultura dei comuni ricicloni, complice il premio di Legambiente, però basata solo sul riciclo. Il Centro ricerca rifiuti zero invece ha lanciato il messaggio ‘Ok, il riciclo è importante, ma c’è anche il riuso, la riparazione, e poi la riprogettazione’”.

Eppure prima della notorietà “non è stato facile”, racconta ancora Ercolini: “Molti gufavano. Mi prendevano per in fondelli: ‘Rifiuti zero? Facciamo allora rifiuti -10…’ Poteva sembrare qualcosa di avventato, episodico e invece ha aperto un percorso. Ho sempre descritto la vicenda di Capannori con la metafora del sassolino. Un piccolo Comune che ne ha mossi altri 330 solo in Italia, e indirettamente ha spinto anche tante municipalità europee. Penso a Lubiana o Zagabria: loro stessi riconoscono che tutto è partito da Capannori, un’esperienza vincente che ha attratto altri sassolini per diventare una montagna”.

Un sassolino che secondo Ercolini ha a che fare non solo coi rifiuti. “Rifiuti zero può e deve essere l’inizio della rivoluzione ecologica. Credo che sia il trampolino di lancio della rivoluzione ecologica”.

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L’incenerimento? “È old fashion”

Domandiamo allora se, ad esempio, il Pnrr italiano ha tenuto conto di politiche Rifiuti zero. “No. Il Piano non è certo tutto è da buttare, ma c’è poca economia circolare nel Pnrr: è stato detto non solo da me ma anche da persone più autorevoli ad anche in Parlamento. Ma non abbiamo di questi problemi, a noi interessano i risultati, e la cultura Rifiuti zero sta diventando una cultura trasversale. Che in Italia sta muovendo, anche formalmente con l’adozione di delibere, oltre 7 milioni di persone. Se guardiamo all’Europa sono 11 milioni gli abitanti che vanno nella direzione di rifiuti zero in modo consapevole formalizzato con delibere. La stessa Bruxelles ha chiesto la certificazione Città rifiuti zero, prevedendo anche la graduale dismissione dell’inceneritori. In una certa misura tutto queto è partito da Capannori, anche se si è irradiato ben oltre i meriti di Capannori”.

Sarà vero, obiettiamo, eppure quando ci sono situazioni difficili – vedi Roma –, quelle in cui nei fumetti arriva il supereroe, si torna sempre a parlare di inceneritori. “Ma nella società è nettamente maggioritario il modello Rifiuti zero. Certo la società non è fatta solo cittadinanza attiva. Le multiutilities ad esempio sono imponenti, e su questo fronte non ci sarà una resa”. Nonostante questo Ercolini è convinto non solo che puntare sull’incenerimento “è comodo perché è pigro, perché risponde a quello che gli anglosassoni chiamano business-as-usual”, ma che alla fine, l’inceneritore a Roma “non si farà mai, l’opinione pubblica non si faccia illudere”. E ricorda, ad esempio, che “l’Europa recentemente ha aumentato la tassazione per i rifiuti che vanno ad incenerimento. La narrazione dell’incenerimento in Europa è palesemente in contrasto con l’economia circolare. Fa sorridere il tentativo di sdoganare l’inceneritore utilizzando una retorica vetusta come la pista sull’inceneritore di Copenaghen, mentre Copenaghen è nei guai economici e la ‘verde’ Danimarca che brucia il 65% dei suoi rifiuti urbani esportava le ceneri dell’inceneritore in Norvegia perché non aveva spazio nelle proprie discariche”. Insomma secondo Ercolini, “la narrazione degli inceneritori è morta, anche se non possiamo escludere colpi di coda”.

Soprattutto, riflette, “l’Europa è costretta per motivi economici – e non ecologici – a trasformare i rifiuti da problema in opportunità. L’incenerimento è old fashion, l’economia circolare ci mette sopra una pietra tombale”.

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