E se dopo una caldissima giornata d’estate non poteste neanche concedervi una birra con gli amici? Purtroppo il rischio è reale e dipende dalle difficoltà nella catena di approvvigionamento delle bottiglie di vetro e dall’aumento dei costi di produzione e trasporto. Birra, vino e spumante sono le bevande che più fanno le spese di questa crisi. La causa, però, non è soltanto la guerra in Ucraina: la carenza di vetro che da mesi mette in seria difficoltà diversi Paesi europei dipende da diversi fattori. Ma andiamo con ordine.
In Belgio e in Germania i birrifici sono carenti di bottiglie
Quello della birra e del beverage è un settore che, segnato anche dalle restrizioni della pandemia, si ritrova oggi a fare i conti con gravi difficoltà sia per quel che riguarda il vetro che, come sappiamo, per il grano.
Come riportato da Euronews, aziende come la Huyghe Brewery nelle Fiandre stanno terminando le bottiglie: i prezzi della vetreria sono saliti alle stelle a causa dell’aumento dei costi energetici mentre si cerca di aumentarne la produzione. Una delle possibilità per soddisfare la domanda, fanno sapere, – ma di certo non quella più etica in questo momento storico – è fare affidamento su riserve limitate che provengono dalla Russia.
Anche i birrifici tedeschi avvertono che quest’estate potrebbe verificarsi una carenza di bottiglie di birra. La situazione è “estremamente tesa”, ha dichiarato l’amministratore delegato della Federazione tedesca dei produttori di birra al quotidiano tedesco Bild. Anche in questo caso, una delle cause è l’aumento dei prezzi dell’energia, che fa lievitare il prezzo di produzione delle bottiglie di vetro, insieme alla carenza di camionisti, come ha spiegato Holger Eichele della Federazione tedesca dei produttori di birra.
Secondo un esperto del settore, la carenza di bottiglie di vetro colpirà soprattutto i birrifici di piccole e medie dimensioni: in Germania il costo che i produttori devono pagare per le nuove bottiglie in vetro per la birra è aumentato dell’80% rispetto allo scorso anno. Questo fa seguito agli avvertimenti secondo cui il costo della birra tedesca potrebbe aumentare fino al 30%.
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Scioperi in Scozia
Anche in Scozia la situazione non è semplice. Qui la fornitura di bottiglie per aziende del beverage del Regno Unito potrebbe essere compromessa dallo sciopero dello scorso mese dei lavoratori della Owens-Illinois Glass in Scozia.
La vertenza riguarda un’offerta salariale del 4%, che secondo il sindacato è simile a un taglio di stipendio, dato che il tasso di inflazione reale è dell’11,1%. Uno sciopero che rischia di creare disagi nella filiera produttiva: l’azienda fornisce marchi come Carlsberg e Bacardi o il marchio di whisky scozzese Chivas Regal.
Tuttavia, Dave Dalton, amministratore delegato di British Glass, ha dichiarato che non c’è alcuna preoccupazione per la fornitura di bottiglie di birra nel Regno Unito. Pur riconoscendo un’elevata domanda di bottiglie di birra in Europa, che potrebbe portare a un effetto a catena, non ritiene ci sarà una carenza sulla base della domanda attuale.
“Uno dei nostri membri – ha detto Dalton – ha confermato che la loro capacità produttiva è aumentata negli ultimi anni, arrivando a produrre oltre tre miliardi di bottiglie per il mercato britannico e irlandese”.
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Problemi per la nuova vendemmia in Francia e in Italia
Non arrivano buone notizie neppure per il settore vitivinicolo. In Francia si teme che il prezzo del vino sia destinato a salire, sempre a causa della carenza di bottiglie.
I prezzi del vetro sono ora più alti del 20% rispetto a un anno fa. Ciò è dovuto anche all’aumento del prezzo del carburante e del gas, da cui i produttori di vetro dipendono per riscaldare i loro forni. Anche il prezzo degli imballaggi in cartone, dei tappi e delle etichette è aumentato. E il rischio è che a pagarne le spese, quando l’azienda non è in grado di farsi carico dei nuovi costi, sia il consumatore finale.
Inoltre, sia in Francia che in Italia si registrano difficoltà ad imbottigliare la vendemmia del 2021 il che significa, oltre a perdite economiche nell’immediato, non avere a disposizione serbatoi per accogliere la vendemmia del 2022.
Già lo scorso marzo l’Unione italiana vini (Uiv) aveva lanciato l’allarme dopo il tavolo commerciale internazionale con oltre 70 aziende del settore, denunciando la crisi delle forniture e l’aumento dei prezzi. Le imprese del vetro, in particolare, si erano ritrovate a non garantire più la certezza della fornitura annunciando modifiche unilaterali ai contratti in essere e in scadenza a fine anno, e comunicando ulteriori aumenti nell’ordine del 15% in aggiunta al +15% di fine 2021.
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Le soluzioni? Il sistema di deposito su cauzione ed il vuoto a rendere
Passare ad altri materiali non è semplice e per alcuni impossibile: molti birrifici utilizzano oltretutto delle bottiglie personalizzate, che risultano difficili da sostituire, ad esempio, con delle lattine che, sebbene utilizzate per la birra in altre parti del mondo, in Germania non sono molto comuni.
Come riportato in un articolo del New York Times, per far fronte all’insufficienza di vetro i produttori di birra tedeschi stanno invitando i consumatori a rendere velocemente le bottiglie vuote. Il sistema di deposito cauzionale in Germania, come spiegato anche dalla campagna “A buon rendere”, è infatti molto diffuso e in espansione: a partire dal primo gennaio 2022 è stato ampliato così da includere diverse tipologie di bevande, tra cui anche quelle alcoliche.
Ci sono due tipologie di bottiglie che vengono gestite dal sistema di deposito in Germania. Una è rappresentata dalle bottiglie ricaricabili in vetro o in plastica (PET) che possono essere riutilizzate più volte e che hanno un importo cauzionale stabilito dal produttore che varia da 0,08 a 0,25 euro. La seconda è quella rappresentata dai contenitori monouso per i quali il governo ha fissato un deposito paria 0,25 euro, che si applica a tutti gli imballaggi.
Le bottiglie ricaricabili una volta riconsegnate dai consumatori seguono un percorso diverso rispetto ai contenitori monouso, passando da impianti di smistamento e di lavaggio prima di essere nuovamente riempite dai produttori di bevande e tornare sullo scaffale: una bottiglia di vetro destinata al riuso può essere ricaricata fino a 50 volte senza perdere le sue qualità.
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E in Italia stiamo scegliendo la circolarità?
Nonostante la grossa produzione di vetro – 5 miliardi di tonnellate di vetro cavo, cioè 10 miliardi di contenitori annui – e l’ottimo tasso di riciclo, l’Italia è tra i primi Paesi europei per importazioni di vetro, per lo più dalla Turchia, dalla Germania, dal Portogallo e dai Paesi dell’est, tra cui l’Ucraina, dove i blocchi russi dei porti hanno ostacolato le esportazioni dal Paese e due grandi vetrerie che operavano in Ucraina si sono fermate. Dunque, subisce le conseguenze di una situazione internazionale così delicata, dei rincari dell’energia e del costo dei trasporti.
Inoltre, la grande ripresa delle vendite di vino nel 2021, dopo un 2020 che per ovvie ragioni non ha permesso una produzione adeguata, ha esaurito tutte le scorte che erano presenti nei magazzini mettendo sotto pressione non solo le piccole aziende.
Eppure, la soluzione del riuso sarebbe auspicabile: una bottiglia in vetro riutilizzabile produce l’85% in meno di emissioni rispetto a una bottiglia in vetro usa e getta. In questa senso, fa ben sperare l’iniziativa di Sibeg, la società catanese che produce e distribuisce le bevande a marchio The Coca-Cola Company in Sicilia, che ha introdotto il vuoto a rendere per le bottiglie in vetro di Coca-Cola. Il modello di business circolare messo a punto da Sibeg, come riportato da La Repubblica, in collaborazione con i grossisti siciliani si basa sulla vendita delle bevande con cauzione e coinvolge già 177 i distributori che fanno parte del circuito del vuoto a rendere su tutto il territorio siciliano, 1.500 punti di vendita e somministrazione che diventano 2.500 in alta stagione.
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Una richiesta crescente di materia prima seconda
Per quel che attiene al riciclo, utilizzare rottami di vetro permette anche un notevole risparmio energetico e di emissioni di CO2: non sono solo perché il rottame di vetro fonde a delle temperature più basse rispetto alla materia prima vergine ma nella reazione chimica di produzione del vetro a partire dalla materia vergine si sprigiona una grande quantità di CO2 che è possibile ridurre, appunto, partendo dalla materia prima seconda.
“Non c’è un riscontro diretto del fatto che sia aumentato il riciclo in concomitanza con questa situazione – fa sapere ad Economiacircolare.com, Coreve, Consorzio per il Recupero del Vetro – però c’è sempre una maggiore richiesta di rottame di vetro per fare nuove bottiglie”.
In questo caso sono diversi i fattori che avrebbero portato ad una maggiore richiesta, tra cui un’aumento del made in Italy: tutti i prodotti alimentari per cui siamo conosciuti nel mondo, vino, olio e conserve, richiedono infatti il vetro. Inoltre è aumentata anche la capacità produttiva di materia prima seconda.
Se nel 2019 esportavamo rottame di vetro, cioè quello che raccoglievamo in Italia veniva portato in Turchia perché non c’era abbastanza richiesta, con i relativi costi di trasporto, nel 2021 la richiesta in Italia è stata così notevole da averlo importato dall’estero.
Le stesse meccanismo delle aste attraverso cui Coreve vende il rottame di vetro alle vetrerie o ai trattatori – tramite un sistema di selezione automatica della migliore offerta – dimostrano un cambio drastico della situazione. Se in passato sono arrivate ad andare in negativo, oggi in linea con l’aumento delle materie prime vergini, vedono dei costi superiori.
Per far fronte alla crescente richiesta, lo scorso 9 maggio, Coreve, insieme ad ANCI, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, ha lanciato dei bandi da dieci milioni di euro mirati al miglioramento della raccolta con degli interventi strutturali, con l’intento di superare le disparità tra nord e sud del Paese e, stimano, recuperare 300mila tonnellate di rottami di vetro, soprattutto al sud.
La situazione è complessa ed in divenire ma di certo va attenzionata e puntare su sistemi di riuso e sul riciclo potrebbe davvero rappresentare una via d’uscita.
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