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mercoledì, Maggio 15, 2024

Comunità energetiche, ok UE a 5,7 miliardi di incentivi del governo. “Ora non ci sono più scuse”

Per la Commissione Europea i contributi del PNRR e l'incentivo in tariffa, previsti dal governo Meloni per diffondere le comunità energetiche rinnovabili (CER) in tutta Italia, sono aiuti di Stato che migliorano l'ambiente. A breve il decreto da parte del MASE. "Finora 5,25 miliardi di investimenti al palo"

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista freelance. Ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane - I Quaderni de L’Ora, radio100passi, Palermo Repubblica, MeridioNews - e nazionali. Nel 2014 ha pubblicato il libro inchiesta “Fate il loro gioco, la Sicilia dell’azzardo” e nel 2018 l'ibrido narrativo “La città a sei zampe”, che racconta la chiusura della raffineria di Gela da parte dell’Eni. Si occupa prevalentemente di ambiente e temi sociali.

Nuovo passo in avanti sulle comunità energetiche in Italia. Non l’ultimo ma forse quello decisivo. La Commissione europea ha dato il via libera all’atteso decreto da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetiche (MASE) che dovrà definire la cornice normativa delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER).

Lo stallo, durato mesi, era incentrato sulle norme dell’UE in materia di aiuti di Stato. La strategia italiana prevede infatti un piano di aiuti alle comunità energetiche da parte del governo di 5,7 miliardi di euro: uno, di 3,5 miliardi di euro, è un incentivo in tariffa e sarà finanziato con un prelievo sulle bollette elettriche di tutti gli utenti, per garantire per 20 anni alle comunità una tariffa elettrica vantaggiosa; il secondo stanziamento, di 2,2 miliardi, arriva dal Pnrr, è un contributo a fondo perduto e servirà a finanziare fino al 40% i progetti per la costruzione degli impianti di CER in Comuni con meno di 5mila abitanti. La potenza dei singoli impianti non può superare 1 megawatt.

“Il regime – scrive la Commissione europea – sarà parzialmente finanziato tramite il dispositivo per la ripresa e la resilienza, in seguito alla valutazione positiva del piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia effettuata dalla Commissione e adottata dal Consiglio. La parte del regime finanziata da tale dispositivo resterà in vigore fino al 31 dicembre 2025, mentre la rimanente parte del regime fino al 31 dicembre 2027. Il regime sostiene la costruzione di impianti per la produzione di energia rinnovabile e l’espansione di quelli esistenti”. Se per l’incentivo in tariffa la potenza massima finanziata sarà di 5 gw, per quella destinata ai piccoli Comuni la potenza complessiva è di almeno 2 gw, e il contributo a fondo perduto del PNRR sarà cumulabile con l’incentivo in tariffa.

“Bene, adesso non ci sono più scuse per incentivare davvero le rinnovabili” è il commento di Gianluca Ruggieri, ricercatore all’Università dell’Insubria, attivista energetico e socio fondatore della cooperativa ènostra. “Come cooperativa ci siamo spesi per promuovere il modello delle CER fin dagli albori. Delle 30 CER della fase sperimentale (ex. Art 42-bis Milleproroghe) operative in tutta Italia, 2 sono progetti accompagnati da ènostra. Attualmente stiamo seguendo oltre 50 progetti CER in tutto il paese. Abbiamo contribuito a costituire giuridicamente diverse comunità energetiche, che stiamo affiancando anche nella richiesta di riconoscimento da parte del GSE. Tra queste, condizionate dalla eterna imminente pubblicazione del decreto attuativo, numerose iniziative stanno seguendo le orme del decreto legislativo 199/2021, che le dovrebbe condurre ad attivare CER di nuova generazione. Per dare un’idea, solo per i progetti affiancati da ènostra, già oggi contiamo circa 16 milioni di euro di investimenti bloccati, che determinano il conseguente mancato gettito IVA di 1,6 milioni di euro, per relativi 14 MW di potenza rinnovabile in attesa di installazione”.

“Questo si traduce – continua Ruggieri – in mancata produzione di 15.700 MWh/annui rinnovabili, che eviterebbe l’emissione di 6.850 ton/annue di CO2. Tutte queste comunità energetiche in stand by coinvolgerebbero oltre 20.000 famiglie in tutta Italia (in molti casi famiglie in povertà energetica) ma anche imprese che potrebbero beneficiare di oltre 1 milione di euro/anno di incentivi grazie alla condivisione dell’energia a livello locale. Queste cifre riguardano solo i progetti seguiti da ènostra: se dovessimo stimare la perdita per i progetti bloccati in tutta Italia, sulla base della potenza rinnovabile incentivabile secondo la bozza di decreto ministeriale di febbraio, si calcolano 5,25 miliardi di investimenti al palo – corrispondenti a 525 milioni di mancato gettito iva – con i quali si raggiungerebbe l’obiettivo al 2027 di 5 GW di potenza rinnovabile”.

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Le caratteristiche tecniche delle comunità energetiche

In attesa del decreto vero e proprio sulle comunità energetiche, che presumibilmente arriverà a inizio 2024, sul proprio sito il MASE comincia a diffondere alcune info generali di ciò che in maniera più specifica sarà poi contenuto nel testo normativo. “I benefici previsti riguardano tutte le tecnologie rinnovabili – scrive il ministero – quali ad esempio il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse. Per le CER, i destinatari del provvedimento possono essere gruppi di cittadini, condomìni, piccole e medie imprese, ma anche enti locali, cooperative, associazioni ed enti religiosi. La potenza dei singoli impianti non può superare il megawatt. Passaggio iniziale per la realizzazione di una CER, dopo l’individuazione dell’area interessata alla costruzione dell’impianto e della cabina primaria, è l’atto costitutivo del sodalizio, che dovrà avere come oggetto sociale prevalente i benefici ambientali, economici e sociali. Il soggetto gestore della misura è il GSE, che valuterà i requisiti di accesso ai benefici ed erogherà gli incentivi e che, su istanza dei soggetti interessati, potrà eventualmente verificare l’ammissibilità in via preliminare”.

Accanto a tali definizioni il MASE ha allegato un documento, intitolato “presentazione decreto”, in cui vengono spiegate in maniera semplice le caratteristiche tecniche che dovranno possedere le nuove CER per ottenere un finanziamento da parte del governo.

info comunità energetiche

Attualmente, secondo un recente studio dell’Energy e Strategy Group del Politecnico di Milano, sono poco più di un centinaio le configurazioni in autoconsumo collettivo. Ma quelle effettivamente operative restano molte di meno rispetto a quelle in progetto o che stanno muovendo i primi passi verso la costituzione (e difficili da conteggiare).

Leggi anche: Perché le imprese vogliono favorire le comunità energetiche? Il ruolo di Enel

Sulle comunità energetiche gli aiuti di Stato sono concessi

Il provvedimento del MASE era stato inoltrato alla Commissione a febbraio, dopo l’ultimo atto di ARERA, e la risposta sarebbe dovuta arrivare entro 60 giorni dall’invio. I tecnici UE, però, soltanto il 28 luglio hanno inoltrato al governo italiano una formale richiesta di informazioni aggiuntive rispetto alla bozza inviata. Come riporta ItaliaOggi, l’incontro chiarificatore è avvenuto lo scorso 15 settembre e lì si è fugato ogni dubbio sulla possibile violazione in merito alla normativa europea sugli aiuti di Stato. La Commissione ha valutato soprattutto l’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (“TFUE”), che consente agli Stati membri di sostenere lo sviluppo di talune attività economiche a determinate condizioni, e della disciplina in materia di aiuti di Stato a favore del clima, della tutela dell’ambiente e dell’energia 2022.

La Commissione, si legge su uno dei siti ufficiali dell’Unione europea, “ha rilevato

  • il regime favorisce lo sviluppo di talune attività economiche, in particolare la produzione di energia rinnovabile;
  • la misura è necessaria e adeguata affinché l’Italia consegua gli obiettivi ambientali europei e nazionali. Inoltre, la misura è proporzionata, in quanto è limitata al minimo necessario. In particolare, l’aiuto è concesso a piccoli impianti e non supera il deficit di finanziamento;
  • l’aiuto ha un effetto di incentivazione, in quanto gli impianti di energia rinnovabile sovvenzionati non sarebbero finanziariamente sostenibili senza il sostegno pubblico;
  • l’aiuto produce effetti positivi, in particolare sull’ambiente, in linea con il Green Deal europeo, che superano eventuali effetti negativi in termini di distorsioni della concorrenza”.

Insomma: è giusto che gli Stati membri dell’Unione finanzino gli impianti di energia rinnovabile. Anche se qualche sopracciglio può farlo alzare la tesi secondo la quale “non sarebbero finanziariamente sostenibili senza il sostegno pubblico”. La tesi del governo Meloni è che in nome di una maggiore autonomia le fonti energetiche vanno finanziate tutte: dal nucleare alle rinnovabili, dalle biomasse alle “care e vecchie” fossili.

Basta spulciare il portale del MASE: accanto alla notizia del “Fondo nazionale reddito energetico”, che intende “agevolare i nuclei familiari in condizione di disagio economico, per l’installazione di impianti fotovoltaici realizzati in assetto di autoconsumo” c’è anche il racconto della partecipazione del ministro Gilberto Pichetto Fratin all’assemblea annuale di Proxigas, l’associazione confindustriale di riferimento per il settore gas, in cui l’esponente del governo Meloni ha rinnovato l’idea dell’Italia come “hub del gas” per fornire energia a territori come “Austria, Baviera e Svizzera”, con l’idea di “diversificare al massimo e avere più rigassificatori”. Ma la crisi climatica in atto impone delle scelte.

Leggi anche: L’approccio circolare delle comunità energetiche, il contributo di ENEA

Le reazioni al via libera sulle comunità energetiche

A quanto pare, dunque, le rinnovabili non dovranno sostituire le fossili ma accompagnarsi ad esse. È la lettura in filigrana che emerge nel commento del ministro Fratin dopo l’ok della Commissione europea al decreto sulle comunità energetiche in cui, al di là dei trionfalismi, le energie fossili non vengono mai nominate. “Siamo di fronte a una svolta, a una nuova fase storica nel rapporto tra cittadini ed energia. Ora le comunità energetiche rinnovabili – spiega – potranno diventare una realtà diffusa nel Paese, sviluppando le fonti rinnovabili e rendendo finalmente il territorio protagonista del futuro energetico nazionale. Grazie alle comunità energetiche, infatti, ciascun cittadino potrà contribuire alla produzione di energia rinnovabile, e averne i benefici economici derivanti dall’autoconsumo, pur non disponendo direttamente degli spazi necessari alla realizzazione degli impianti FER”.

Soddisfazione anche da parte di Attilio Piattelli, presidente del coordinamento FREE, (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica). “Un suggerimento che ci sentiamo di offrire è quello di monitorare lo sviluppo delle CER nelle aree metropolitane – aggiunge Piattelli – Infatti, per quel che riguarda il criterio geografico limitato all’appartenenza della stessa cabina primaria di consumatori facenti parte della CER e degli impianti di produzione, si segnala che, pur riconoscendone una logica di ottimizzazione del carico sulle reti, l’applicazione nelle grandi città potrebbe trovare qualche difficoltà per le poche superfici a disposizione per la realizzazione degli impianti di produzione. – prosegue Piattelli – In tal caso, in futuro potrebbe valere la pena, solo per le aree metropolitane e dopo un primo periodo di attuazione del decreto, ipotizzare di estendere il perimetro delle cabine primarie anche ad aree limitrofe alle città per inglobare zone industriali e artigianali con maggiori superfici a disposizione. Le aree metropolitane hanno bisogno delle CER perché queste faciliterebbero certamente l’elettrificazione dei consumi domestici e della mobilità ma anche perché potrebbero svolgere un ruolo rilevante a favore delle fasce più vulnerabili della popolazione, che spesso si trovano nelle periferie dei grandi centri abitati”.

Leggi anche: lo Speciale sulle comunità energetiche

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