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venerdì, Ottobre 4, 2024

L’Italia può fare di più per la finanza sostenibile, specie su pmi e trasparenza

Durante la "Settimana SRI” il Forum per la Finanza Sostenibile ha presentato una serie di ricerche che analizzano i vari attori del mercato ESG: dai risparmiatori ai fondi di investimento fino alle imprese. In Italia si investe più responsabilmente del passato, ma è ancora poco per raggiungere gli obiettivi

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

La finanza sostenibile, su impulso dell’Unione europea, prende campo anche in Italia. Sono sempre di più i risparmiatori intenzionati a investire eticamente e le banche e i fondi di investimento si adeguano alla domanda. Mentre le aziende si sono rese conto che la sostenibilità non è un costo, ma una risorsa. Così gli investimenti sostenibili e responsabili (SRI) proseguono il loro percorso di crescita all’interno del mercato.

Sebbene ci siano ancora questioni aperte: sia dal lato dei risparmiatori, perché per avere risultati tangibili sull’ambiente è necessaria una maggiore diffusione di investimenti SRI, sia dal punto di vista della aziende e degli investitori istituzionali, che incontrano alcune difficoltà ad adeguarsi alle indicazioni dell’Unione europea. È quanto emerge da una serie di studi, presentati del corso della Settimana SRI del Forum per la Finanza Sostenibile.

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L’effetto della pandemia sulle scelte di investimento

Secondo gli autori di un’indagine realizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile, il Covid-19, con i devastanti effetti sull’economia, ha influito direttamente e indirettamente sul mercato SRI perché ha modificato le abitudini finanziarie dei risparmiatori. Non si tratta solamente di una scelta etica. Da quando è iniziata la pandemia, il 35 per cento dei sottoscrittori di prodotti ESG (Enviromental, Social, Governance) ha incrementato la quota di investimenti sostenibili e il 57% pensa di farlo nei prossimi mesi.

Il timore del futuro ha spinto le persone ad accantonare somme più elevate per la propria famiglia (40% degli intervistati). Di conseguenza, è cresciuta l’attenzione all’andamento dei mercati e alla situazione economica globale (28%), ma anche al profilo di rischio degli investimenti, prediligendo quelli a basso rischio (23%). E gli investimenti ESG appartengono proprio a questa categoria: il 64% dei fondi dark green (quelli che più promuovono la sostenibilità) ha un rating compreso tra AAA e AA.

Nella percezione dei cittadini, nuovi shock esogeni, legati ad esempio al clima, potrebbero mandare in fumo risparmi indispensabili di fronte a una nuova crisi economica. Non solo. La pandemia ha mostrato con lampante evidenza quanto l’ambiente sia interconnesso alla salute e alla responsabilità sociale. E infatti, “l’attenzione dei risparmiatori, in precedenza focalizzata principalmente sulle tematiche ambientali, si è spostata anche su aspetti della sfera sociale come la salute, i diritti dei lavoratori, il welfare”, fa notare Roberto Grossi di Etica Sgr. Integrare maggiormente la sostenibilità ambientale, sociale e di governance tra i criteri che guidano le scelte strategiche delle aziende, per quasi la metà degli intervistati, è perciò una scelta che può contribuire a una ripresa più rapida.

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Risparmiatori, in quanti conoscono gli investimenti sostenibili

Nel processo di sviluppo verso una finanza sostenibile, è proprio la massa dei singoli risparmiatori a svolgere una funzione propulsiva. E non poteva essere diversamente per un’idea di finanza in cui è chi investe a valutare eticamente dove mettere il proprio denaro. Insomma, la sensibilità a queste tematiche sta aumentando e i risparmiatori si comportano coerentemente.

Sempre secondo l’indagine del Forum per la Finanza Sostenibile, oggi il 77% dei risparmiatori conosce gli investimenti sostenibili: il 20% in più rispetto al 2019. Ma sono ancora troppo pochi. Solo il 18% degli intervistati ha già scelto questo tipo di prodotti finanziari, sebbene siano il 4% in più rispetto all’indagine del 2019.

A rallentare la diffusione di investimenti ESG contribuisce soprattutto la modesta formazione finanziaria di gran parte dei risparmiatori. Appena il 30% degli intervistati dichiara di conoscere nel dettaglio le proprie attività̀ finanziarie e solo il 53% ritiene di informarsi regolarmente sull’andamento dell’economia e dei mercati. Per questo “occorre sostenere questo interesse aiutandoli a migliorare le loro conoscenze”, sostiene Simone Pizzoglio dell’azienda di ricerche di mercato BVA Doxa.

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Il mercato SRI in Italia: gli operatori finanziari

E qui diventa fondamentale il contributo degli operatori finanziari. È proprio questa figura professionale, data la scarsa propensione dei risparmiatori a investire autonomamente a causa delle scarse conoscenze in materia, l’altro attore indispensabile nella crescita del mercato SRI, perché può riorientare i flussi finanziari nella direzione della sostenibilità. Gli stessi risparmiatori intervistati hanno dichiarato di notare ultimamente una maggiore prontezza degli operatori finanziari nell’offrire investimenti sostenibili, sia per quanto riguarda le informazioni fornite, sia nelle competenze.

Del resto, sono le stesse norme europee a stabilirlo. L’articolo 4 del Regolamento SFRD richiede agli operatori e ai consulenti finanziari (compreso il settore bancario) di pubblicare sui propri siti web una dichiarazione su come individuano e si impegnano a ridurre i principali impatti negativi delle politiche di investimento sui fattori di sostenibilità, ad esempio l’emissione di gas nocivi, la perdita di biodiversità, l’economia circolare.

E l’offerta di mercato si sta adeguando in fretta: tra il 2015 e il 2020 si parla di un incremento dell’80% di investimenti in prodotti ESG. I dati citati in un’altra ricerca elaborata dal Forum per la Finanza Sostenibile confermano la crescita delle masse finanziarie gestite in Italia secondo strategie di investimento sostenibile e del numero di operatori che integrano i criteri ESG nelle scelte d’investimento. Per un patrimonio complessivo di 1.168.900 milioni di euro, quasi il 30% del totale, amministrato da 5471 fondi, dei quali il 40% sono italiani.

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Il mercato SRI in Italia: il lato delle imprese

C’è, infine, da considerare l’ultimo attore chiave coinvolto nella finanza sostenibile, il mondo delle aziende. Nel percorso di decarbonizzazione “gli operatori finanziari possono dare un contributo rilevante”, premette Francesco Bicciato, segretario generale del Forum per la Finanza Sostenibile. Ma non basta. “È necessario che le imprese si impegnino sempre di più nel rendere pubbliche informazioni su pratiche e risultati di sostenibilità – spiega Bicciato – per permettere agli investitori di allineare le proprie decisioni a quelle delle imprese nell’ottica dello sviluppo sostenibile”.

E non si parla solo dei grandi colossi. Come si legge nell’indagine “pmi italiane e rendicontazione di sostenibilità”, presentata durante la Settimana SRI, le piccole e medie imprese rappresentano, infatti, il 99% delle aziende in Europa, per cui supportarle nella trasformazione sostenibile significa supportare l’Europa nella creazione di un’economia più verde e inclusiva.

Da quanto emerge dallo studio, le pmi impegnate da più tempo in percorsi di rendicontazione di sostenibilità (il 55% del totale), hanno osservato effetti positivi per questa scelta. Non si tratta solo di un vantaggio reputazionale. Le ricadute sono anche di carattere strategico e competitivo perché migliorano la capacità di attrarre nuovi clienti, l’accesso a nuove linee di credito e migliorano i processi di pianificazione, proprio grazie alle informazioni raccolte per rispondere ai criteri della rendicontazione.

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Le questioni ancora aperte: il ruolo delle istituzioni e l’importanza dei dati

Il processo va però incoraggiato. E qui si torna alla comunità finanziaria, che può svolgere un ruolo propulsivo nell’incentivare la disclosure (trasparenza) con il lancio di prodotti finanziari rivolti alle pmi attente ai temi ESG. Ma anche ai governi nazionali e alle istituzioni europee. Non tutte le misure, infatti, sono ancora operative e i Paesi dell’Unione europea devono trovare in fretta un accordo politico per individuare tempi certi di attuazione. E non sembra stia sempre accadendo.

Dal punto di vista tecnico, conclude lo studio promosso dal Forum per la Finanza Sostenibile, l’obiettivo deve essere soprattutto il progressivo miglioramento della granularità e della qualità dei dati disponibili per gli investitori. La quasi totalità delle aziende che ha scelto di posticipare la rendicontazione lo ha motivato con la difficoltà di reperire dati sufficienti, prontamente disponibili e affidabili, anche facendo ricorso ad analisti e fornitori terzi. Particolarmente complessa, secondo gli intervistati, è la raccolta di informazioni sulla catena di fornitura.

Qualità della raccolta dei dati da un lato e potenziamento del monitoraggio dall’altro sono imprescindibili per combattere e prevenire fenomeni di greenwashing. È evidente che senza una mole sostanziosa di dati seri e affidabili, diventa difficile fare valutazioni di questo tipo. E la finanza sostenibile, più che una scelta etica, diventerebbe una mera formalità. Mettendo in pericolo l’intera impalcatura del progetto.

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