Quando si tratta di passare da un sistema economico lineare (estrai-produci-consuma-scarta) ad uno circolare in cui i rifiuti tornano nel circolo dell’economia come materie prime riciclate, quasi sempre entrano in gioco i regimi EPR, Extended Producer Responsibility: la responsabilità estesa del produttore. In soldoni, chi produce diventa responsabile di tutto il ciclo di vita di un prodotto, non più solo di produzione e immissione sul mercato, ma fino a quando il prodotto uscirà dalle nostre case come rifiuto. Protagonisti dei regimi EPR sono quelli che chiamiamo “consorzi” o “sistemi collettivi”: le Producer Responsibility Organization (PRO).
Quanto i sistemi EPR e le PRO potranno e sapranno contribuire alla transizione ecologica? E come andranno progettati in futuro per favorire l’affermazione di modelli economici circolari? Ci aiuta a capirlo il saggio “Guida Strategica alla progettazione dei Sistemi EPR” di Danilo Bonato, General manager di ERION Compliance Organization. Volume che inaugura la collana de I quaderni di EconomiaCircolare.com: una serie di saggi e report che affianca il lavoro della redazione per comprendere, approfondire, ove possibile contribuire a migliorare la transizione verso modelli di produzione e consumo circolari e più sostenibili.
Presentato questa mattina ad Ecomondo, alla presenza dell’autore e di Marica Di Pierri, direttrice responsabile della nostra rivista; Claudia Brunori, vicedirettrice per l’economia circolare del Dipartimento sostenibilità̀ dei sistemi produttivi territoriali di ENEA; Andrea Fluttero, presidente Erion Compliance Organization; Andrea Fari, avvocato e docente di Diritto dell’Ambiente all’Università RomaTre; e con la moderazione di Nicola Saldutti, caporedattore Economia del Corriere della Sera.
Ci facciamo guidare dallo stesso autore tra i temi affrontati nel volume.
Dottor Bonato, perché la scelta di fare un saggio sulla responsabilità estesa del produttore proprio in questo momento storico?
La sfida della transizione ecologica è contemporaneamente una necessità e un’opportunità che non possiamo lasciarci sfuggire. Servono capacità di esecuzione e strumenti incisivi per realizzare con successo tale transizione, come ad esempio regimi di responsabilità estesa del produttore capaci di abilitare processi circolari nelle nostre economie e nelle nostre società. Ecco perché ritengo importante mettere a disposizione degli stakeholder, proprio nella fase di transizione che ci apprestiamo ad affrontare, una guida alla progettazione di questi importanti strumenti.
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La prospettiva della diffusione dei sistemi EPR nel nostro Paese si può considerare ormai consolidata?
In Italia esiste un contesto consolidato di consorzi che si occupano della conformità normativa di produttori e filiere industriali rispetto alla gestione di alcune tipologie di rifiuti. Prevale però un approccio tradizionale al servizio offerto, non sempre concretamente calato in un contesto di economia circolare. Inoltre, i flussi di prodotti a fine vita che non rientrano in un regime EPR sono ancora piuttosto numerosi.
Quali sono a suo avviso gli ambiti e filiere ai quali ha più senso estendere in tempi brevi i sistemi EPR e perché?
Gli assetti dei regimi EPR possono essere molto diversi tra loro e devono tenere in considerazione le specificità delle diverse catene di valore. Sono però convinto che le condizioni sono mature per avviare anche in Italia regimi EPR in filiere quali il tessile, le costruzioni, le capsule del caffè, i prodotti in vetroresina e i mozziconi delle sigarette, i mobili e i materassi. Allo stesso tempo, non va però trascurato il fatto che esistono importanti spazi di miglioramento anche rispetto ai regimi EPR esistenti, come ad esempio quelli relativi alle batterie e agli imballaggi.
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Parlare di EPR significa parlare di gestione del fine vita dei prodotti o ci sono i margini per ampliare il concetto di “responsabilità”? In che direzione nel caso?
Un regime EPR si fa certamente carico della gestione del fine vita dei prodotti ma non si limita ad essa. I produttori che realizzano un sistema EPR dovrebbero adottare un approccio sistemico, che mira a coinvolgere tutti i processi aziendali, in una prospettiva di economia circolare. Si guarderà dunque anche alla componente “upstream” del business, come ad esempio la progettazione eco-sostenibile, la trasformazione del prodotto in servizio, l’utilizzo di materia riciclata nella fase di produzione.
Qual è l’atteggiamento degli imprenditori nei confronti dei sistemi EPR nel nostro Paese? È diverso a suo avviso da quello dei Paesi in cui questi sistemi sono più “consolidati”?
In Italia ci sono alcune eccellenze, i cosiddetti “first mover” che hanno compreso l’importanza dell’economia circolare come leva competitiva per stare sui mercati internazionali e che si sono attrezzati per essere credibili in questo campo. Per loro il sistema EPR è un braccio operativo strategico, integrato nelle strategie di sostenibilità dell’impresa. Anche se questo approccio si sta diffondendo tra le aziende, sono purtroppo ancora molti gli imprenditori che considerano il sistema EPR come un mero “costo”, da sostenere per poter commercializzare i propri prodotti.
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Si può ipotizzare uno scenario di medio termine in cui i sistemi EPR diventino nel nostro Paese degli hub in grado di accelerare e gestire una catena del valore effettivamente e completamente circolare?
Molto dipenderà dalla effettiva capacità dei sistemi EPR di evolvere in questo ruolo. Le potenzialità ci sono ma serve la capacità di abbandonare i vecchi schemi e di sviluppare adeguate economie di scala per sostenere gli investimenti in innovazione, digitalizzazione e acquisizione di nuove competenze. In questo percorso, sono proprio i produttori a svolgere un ruolo essenziale, sostenendo e incoraggiando i propri sistemi di responsabilità estesa (le PRO) ad agire con maturità, coraggio e determinazione nella direzione auspicata.
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