“Aggiornare le linee strategiche individuate nel 2017 per renderle coerenti alle nuove sfide globali”, questo l’obiettivo che il Ministero della Transizione Ecologica (MiTE) intende raggiungere attraverso la versione della Strategia nazionale per l’economia circolare messa in consultazione dal 30.09.2021 al 30.11.2021: 92 i contributi arrivati al Ministero.
La Strategia include le linee programmatiche di aggiornamento di quelle individuate nel 2017. Un passaggio, per certi versi, obbligato alla luce dei cambiamenti intercorsi negli ultimi anni, a partire ad esempio dal Piano d’Azione Europeo per l’Economia Circolare, dal Regolamento sulla Tassonomia, dal PNRR e dal Piano per la Transizione Ecologica.
Cosa prevede la proposta di Strategia nazionale per l’economia circolare
Nelle intenzioni del Ministero, la Strategia, costruita attorno ai pilastri dell’ecoprogettazione e dell’ecoefficienza, punta a delineare “i nuovi strumenti amministrativi e fiscali per potenziare il mercato delle materie prime seconde, la responsabilità estesa del produttore e del consumatore, la diffusione di pratiche di condivisione e di ‘prodotto come servizio’, supportare il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica, definire una roadmap di azioni e di target misurabili di qui al 2040”.
Il documento messo in consultazione dal MiTE va ad individuare cinque aree di intervento:
- L’ecodesign dei prodotti;
- L’ecoprogettazione;
- La bioeconomia15;
- La blue economy;
- Le materie prime critiche.
Relativamente, invece, alle misure che la nuova Strategia intende annoverare al suo interno, vengono indicati i seguenti elementi:
- Un nuovo sistema digitale di tracciabilità dei rifiuti che sosterrà, da un lato, lo sviluppo del mercato secondario delle materie prime e, dall’altro, le autorità di controllo nella prevenzione e nella lotta alla gestione illegale dei rifiuti;
- Incentivi fiscali a sostegno delle attività di riciclaggio e di utilizzo di materie prime secondarie (MPS);
- Una revisione del sistema di tassazione ambientale dei rifiuti al fine di rendere il riciclaggio più conveniente dello smaltimento in discarica;
- La promozione del diritto al riuso e alla riparazione;
- La riforma dei sistemi di EPR (Extended Producer Responsibility) e dei Consorzi per supportare il raggiungimento degli obiettivi comunitari;
- Il sostegno agli strumenti normativi esistenti: l’attuazione della normativa sulla cessazione della qualifica dei rifiuti (End of waste nazionale e caso per caso), i criteri ambientali minimi (CAM) nell’ambito degli appalti pubblici verdi;
- Il supporto allo sviluppo di progetti di simbiosi industriale, anche attraverso strumenti normativi e finanziari.
La tabella di marcia dei prossimi mesi prevede la predisposizione del documento definitivo entro il 30.04.2022, con la pubblicazione del decreto ministeriale di adozione della Strategia entro il 30.06.2022.
Un buon punto di partenza
Nel complesso, le linee programmatiche poste in consultazione rappresentano un buon punto di partenza.
A loro favore depongono, indubbiamente, diversi fattori. Innanzitutto, rileva la trasversalità delle tematiche considerate, che abbracciano le aree più rilevanti in materia di economia circolare. In secondo luogo, appare positiva l’apertura al coinvolgimento dei vari stakeholder, dagli operatori del settore alle associazioni di categoria e al mondo della ricerca.
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Regole chiare e tempi certi
Il settore dei rifiuti convive da tempo con l’incertezza e l’eccessiva lungaggine delle tempistiche previste, siano esse riferite all’attuazione delle politiche o all’autorizzazione alla realizzazione di un nuovo impianto. Motivi, questi, per cui sarebbe auspicabile che la Strategia, nella sua versione definitiva, contenesse dei riferimenti temporali puntuali circa l’adozione dei diversi provvedimenti e/o strumenti.
In tal senso, si potrebbe mutuare quanto già previsto per il PNRR, andando a delineare con precisione una calendarizzazione dei diversi interventi, accompagnando il processo di implementazione con delle fasi di verifica sull’effettivo stato dei lavori.
Nimby e Nimto
Sempre con riferimento alle tempistiche di implementazione della Strategia, un aspetto cruciale è quello di affrontare e dirimere le annose questioni legate alle sindromi NIMBY (“Not In My Back Yard”) e NIMTO (“Not In My Terms of Office”), che interessano da vicino anche il mondo dei rifiuti. In questo senso occorrono iniziative di (in)formazione e sensibilizzazione capillari, rivolte sia ai cittadini sia alle Istituzioni pubbliche, così che possa maturare una consapevolezza oggettiva e scientifica nei confronti dell’economia circolare. Si tratta di un passaggio cruciale, indispensabile per dare certezza alle tempistiche, evitando sul nascere conflitti che porterebbero ad un’eccessiva dilazione nell’implementazione delle soluzioni prospettate.
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Coordinamento con il PNRR
Un altro elemento meritevole di attenzione è l’allineamento dei tempi della Strategia con gli altri strumenti previsti dal PNRR per i rifiuti. In particolare, essendo tale riforma deputata a delineare gli orientamenti strategici e il framework generale con cui aggiornare le politiche del settore, è questo il primo intervento da approvarsi, prima ancora del Piano nazionale gestione rifiuti (PNGR) e delle altre riforme, ma anche della definizione dei progetti di investimento. È implicito, infatti, che in linea di principio occorre prima definire la strategia da perseguire, con le sue indicazioni generali. Successivamente, dovrebbe venire l’approvazione di un programma dei lavori e, infine, la scelta degli investimenti da attuare.
Le risorse
Strettamente legato al punto precedente, è il fatto che nella Strategia messa in consultazione appare mancare una quantificazione delle risorse necessarie a declinare, nel concreto, le indicazioni di policy proposte, così come un’indicazione dei destinatari dei fondi. Un bacino di risorse pubbliche con cui finanziare la transizione, come auspicata dal documento del MiTE, è quello delle imposte ambientali, di cui solo una parte minoritaria del gettito (il 23% di 50,2 miliardi totali) è destinato a finalità ambientali.
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I rifiuti speciali
Pur essendo richiamati nel documento del MiTE, giova ribadire l’impellenza di porre al centro della Strategia i rifiuti speciali, e non soltanto i rifiuti urbani. Come riportano i dati ISPRA, gli speciali costituiscono la quota prevalente del mondo dei rifiuti, pari a oltre l’80% nel 2019. Senza una gestione integrata dei due flussi (urbani/speciali) destinata alla migliore sintesi impiantistica risulta difficile persino ipotizzare la chiusura dei cicli in una dimensione industriale di recupero.
Un’attenzione particolare andrebbe posta sui rifiuti speciali delle filiere: dagli olii industriali, alle apparecchiature, ai rifiuti inerti, ai veicoli, gli pneumatici, le batterie, ecc.
Gli istituti giuridici da potenziare
Come tutti i settori dell’economia, anche quello dei rifiuti basa il suo funzionamento su taluni istituti giuridici fondamentali. Pertanto, come già richiamato nel documento messo in consultazione, occorre rimuovere gli ostacoli che ancora frenano il pieno sviluppo dell’End of Waste (EoW), del sottoprodotto, con cui si favorisce il reimpiego di sostanze o scarti altrimenti (spesso erroneamente) considerati rifiuti, del Green Public Procurement (GPP) e dei Criteri Ambientali Minimi (CAM).
Per quanto concerne l’EoW, è necessario accelerare l’approvazione dei nuovi decreti, alcuni già in fase avanzata di iter, garantendo così in tempi certi e più celeri nuova vita a ingenti quantitativi di rifiuti, come i rifiuti da C&D (“Costruzione e Demolizione”) e quelli plastici. A fronte della semplificazione delle procedure autorizzative occorre accrescere l’efficacia del sistema di controllo, evolvendo dalla logica dei controlli a campione verso un’attività ispettiva e repressiva orientata da analisi di rischio.
La definizione di linee guida specifiche può essere un’opzione per semplificare il framework anche con riferimento ai sottoprodotti, che si scontrano con gravi problemi di indeterminatezza regolamentare e dubbi interpretativi.
Per quanto afferisce al sistema del GPP e dei CAM, è necessario agire per renderlo automaticamente applicabile, oltre che efficace. Al riguardo, con la Strategia si potrebbe statuire l’obbligatorietà dell’applicazione dei CAM esistenti nelle gare pubbliche, rendendo finalmente effettivo il Piano d’azione nazionale per il GPP (PAN-GPP), che rimane al momento uno dei casi più eclatanti di provvedimento a favore della transizione ecologica rimasto sostanzialmente “lettera morta”. Così facendo, il GPP potrebbe assurgere realmente al ruolo di volano della domanda per i materiali riciclati e i prodotti che contengono materie da riciclo.
EPR, Certificati del riciclo e riforma dell’ecotassa
Ancorché vi siano dei riferimenti generici alla gerarchia dei rifiuti, nella versione definitiva della Strategia occorrerebbe rinforzare il riferimento: esso rappresenta in maniera semplificata tutto l’insieme di politiche sottese alla prevenzione e alla gestione dei rifiuti.
La Strategia dovrebbe partire affermando la centralità del ruolo dei sistemi EPR nel campo della prevenzione, dal momento che la loro istituzione avviene, come recita l’articolo 178-bis del Testo unico ambientale, “al fine di rafforzare il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti”. Inoltre, i regimi EPR dovrebbero prevedere misure che incoraggiano “lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti e componenti dei prodotti adatti all’uso multiplo, contenenti materiali riciclati, tecnicamente durevoli e facilmente riparabili e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti a essere preparati per il riutilizzo e riciclati per favorire la corretta attuazione della gerarchia dei rifiuti”.
Infine, la Strategia sarebbe la cornice più adatta per l’introduzione di due strumenti economici che sostanzino il principio della gerarchia dei rifiuti:
- L’indicazione di uno strumento concreto, come quello dei Certificati del Riciclo (CdR), per sostanziare la creazione di un mercato robusto per le MPS;
- La previsione di una riforma dell’ecotassa (il cosiddetto “tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti”), per rendere lo smaltimento in discarica sconveniente: urge attuare un progressivo innalzamento del tributo che passi, in primo luogo, dall’allineamento delle aliquote vigenti al tetto massimo di 25,82 euro/tonnellata e, successivamente, per la chiusura dei divari che ci separano dalle migliori esperienze europee.
Leggi il documento integrale del Position Paper.
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A cura di Andrea Ballabio, Donato Berardi, Antonio Pergolizzi, Nicolò Valle – Laboratorio REF Ricerche