fbpx
sabato, Dicembre 14, 2024

Costo dell’energia: una sfida per la tenuta delle imprese del riciclo

L’aumento dei costi dell’energia mette a rischio la continuità delle attività di gestione e trattamento dei rifiuti. Gli impianti di trattamento sono l’anello della filiera più esposto ai rincari dell’energia, con una incidenza del 17% dei costi totali nel 2022

Laboratorio REF ricerche
Laboratorio REF ricerchehttps://laboratorioref.it/category/pubblicazioni/
Il Laboratorio REF Ricerche è un think tank che intende riunire selezionati rappresentanti del mondo dell´impresa, delle istituzioni e della finanza al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali.

A cura di Andrea Ballabio, Donato Berardi, Filippo Galimberti, Samir Traini e Nicolò Valle

 

L’aumento dei costi energetici e delle altre materie prime che sta colpendo il nostro sistema produttivo non risparmia i servizi di pubblica utilità, compresi il servizio idrico integrato e quello dei rifiuti (per un approfondimento sul primo, si veda il Position Paper n. 223). Gli impatti di questa difficile e ormai lunga congiuntura – precipitata con l’invasione russa in Ucraina – sono molteplici, a cominciare dalla tenuta stessa del sistema dei rifiuti e, quindi, dei soggetti che si occupano della loro gestione e trattamento. Gli alti costi in bolletta che le società operanti nel settore – sia pubbliche che private – si trovano a dover sostenere rischiano di comprometterne la stabilità sul piano economico-finanziario.

Le molteplici conseguenze del caro-bolletta

Allargando un po’ lo sguardo, ci accorgiamo che l’escalation dei costi energetici frena gli obiettivi e limita gli spazi di intervento del Piano d’Azione per l’Economia Circolare e dalla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare. Se da un lato, cresce la consapevolezza delle necessità di raggiungere un’indipendenza energetica e ridurre il ricorso all’import di materie prime da Paesi a elevato rischio geo-politico, dall’altro la crisi energetica rischia di fermare le imprese che producono Materie Prime Seconde (MPS) dagli scarti: la filiera del riciclo dei rifiuti. È poi evidente che gli aumenti vanno a ripercuotersi sulle tariffe agli utenti, riducendo gli spazi per sostenere miglioramenti nella qualità del servizio e investimenti per potenziare le infrastrutture, con un corollario di impatti ambientali probabili ed evidenti.

Rifiuti urbani. Quali interventi per mitigare le conseguenze negative?

Sul fronte della gestione dei rifiuti urbani, una prima risposta alle minacce per la tenuta economico-finanziaria del sistema può giungere dall’Autorità di regolazione ARERA alla quale, com’è noto, è stato affidato dal 2018 il compito di regolare anche il ciclo integrato dei rifiuti urbani. Un’attività che ha condotto alla messa a punto del primo Metodo Tariffario Rifiuti (MTR), seguito dal MTR per il secondo periodo regolatorio (MTR-2), ispirato al principio comunitario di pieno recupero dei costi efficienti (full-cost recovery). Il MTR-2 definisce i criteri di ammissibilità dei costi di gestione dei rifiuti urbani per la pianificazione economico-finanziaria (PEF) 2022-2025: un metodo che ad oggi presenta ancora pochi elementi di flessibilità riferiti alla partita dei costi energetici visto che si basa su parametri e valori del tasso di inflazione datati e oramai del tutto superati dagli eventi di questo 2022 (fra tutti la guerra in Ucraina). In questo senso, è evidente che lo scenario attuale è ben diverso rispetto a quanto prospettato in sede di elaborazione dei PEF 2022-2025 e delle predisposizioni tariffarie 2022-2023. Ecco perché appare probabile che in alcuni contesti si renda necessaria una revisione alla luce della recente evoluzione dei costi dell’energia, a salvaguardia dell’equilibrio economico-finanziario del gestore e a tutela della continuità del servizio, potendo di buon grado queste essere considerate delle “circostanze straordinarie”.

Tuttavia, questa strada – che appare più che legittima nel caso in cui il gestore si trovi in situazione di difficoltà economico-finanziaria – sembra comunque non risolutiva per due motivi:

  • può essere intrapresa in via discrezionale sulla base della valutazione degli Enti Territorialmente Competenti (ETC), che se da un lato hanno la responsabilità del buon funzionamento della gestione del servizio, dall’altro possono trovarsi a perseguire l’obiettivo del contenimento delle tariffe “ad ogni costo”;
  • si deve confrontare con valori dei parametri di inflazione definiti in sede di pubblicazione del MTR-2 che non consentono di recuperare in tariffa gli extra-costi derivanti dall’incremento dei costi dell’energia. Infatti, nei primi 9 mesi del 2022, il tasso di inflazione di riferimento si è attestato su una media del 6,8%, ben lontano dai valori stabiliti da ARERA in sede di deliberazione del MTR-2 e riferiti alla media del periodo luglio 2020-giugno 2021.

Leggi anche: “Blocco della raccolta differenziata della carta scongiurato grazie all’export di macero”

Impianti di trattamento. Che direzione prendere?

Le medesime problematiche descritte con riferimento ai criteri di riconoscimento dei costi efficienti del ciclo integrato dei rifiuti urbani si presentano anche per la determinazione delle tariffe degli impianti di trattamento. Con la deliberazione del MTR-2, ARERA ha avviato anche la regolazione tariffaria degli impianti di trattamento, adottando un approccio regolatorio asimmetrico che preserva gli esiti di mercato laddove soddisfacenti (si veda il Position Paper n. 186). In particolare, si distingue tra impianti “integrati”, “minimi” e “aggiuntivi”. A questi, si aggiungono quelli “intermedi”, qualora siano indicati flussi in ingresso a impianti “minimi” provenienti da impianti di trattamento intermedi, meccanici o meccanico-biologici. Gli impianti “minimi” e “intermedi” si trovano dunque a confrontarsi per la prima volta con la regolazione dei costi riconosciuti definita da ARERA, in un contesto in cui il comparto è fortemente impattato dai rincari dei costi energetici e delle materie prime. Se da un lato, l’impianto regolatorio introdotto dall’Autorità presenta meccanismi tariffari molto simili a quelli del ciclo integrato, e dunque gli stessi limiti in sede di valorizzazione dei maggiori costi energetici, dall’altro, l’applicazione della regolazione dei costi per gli impianti “minimi” e “intermedi” presenta delle criticità in più, legate alla definizione del limite annuale alla crescita delle tariffe di accesso agli impianti.

Rincari energetici nel trattamento dei rifiuti

Il comparto del trattamento dei rifiuti, caratterizzato da un’elevata domanda di energia, è l’anello della filiera ad essere maggiormente impattato dai rincari energetici. Inoltre, la variabilità dei costi potrebbe trasformarsi in una costante con cui fare i conti quando si tratta di mantenere l’equilibrio economico-finanziario e dunque garantire la continuità delle attività di trattamento.

Una nostra analisi, svolta per fornire una stima dei rincari occorsi, ha voluto capire quanto incide oggi, la spesa dedicata all’approvvigionamento di prodotti energetici (elettricità e carburante) rispetto al 2020, ovvero prima degli aumenti del 2021 e soprattutto di quelli a tre cifre percentuali del 2022. È, dunque, emerso che i prodotti energetici passeranno dal 7,3% dei costi totali a consuntivo nel 2020, al 17,1% dei costi a consuntivo nel 2022. Complessivamente, rispetto al 2020 l’incremento dei costi energetici comporterà un aumento dei costi totali del +2,7% nel 2021 e di ben il +16,6% nel 2022, per un totale di costi atteso salire a 3 miliardi di euro, rispetto ai 2,62 del 2020 (+435,2 milioni di euro).

La crisi colpirà tuttavia in maniera asimmetrica i gestori degli impianti, sollevando delle criticità per la tenuta dell’equilibrio economico-finanziario dei gestori qualora le tariffe non fossero capienti, a partire dal corrispettivo applicato negli anni 2022-2023. È infatti evidente che la portata degli incrementi documentati è superiore al limite annuale di crescita della tariffa, con la conseguenza di dilazionare il recupero di questi costi in tariffa anche oltre il biennio 2024-25.

Leggi anche: Ecco il cronoprogramma della Strategia Nazionale per l’Economia Circolare: 10 punti entro il 2026

Quali sono le leve a disposizione del regolatore?

In assenza di un intervento governativo volto a calmierare i costi energetici anche per i settori di pubblica utilità, i gestori regolati si trovano a fronteggiare un aumento di costi senza disporre, almeno al momento, di percorsi regolatori in grado di contrastarne gli effetti. L’eventualità di istanze per rivedere le predisposizioni tariffarie 2022-2023 non sarà dunque un caso isolato, in ragione dei ridotti margini di manovra presenti nella metodologia tariffaria, e che difficilmente possono essere superati senza un intervento del regolatore.

Al fine di ovviare a queste conseguenze, ARERA potrebbe intervenire in due modi:

  • rivedendo anticipatamente i valori dell’inflazione fissati nel MTR-2, in particolare i parametri per l’aggiornamento dei costi operativi dell’anno a-2, allineando il limite alla crescita annuale delle tariffe al valore del tasso di inflazione programmata per gli anni 2022 e 2023;
  • introducendo una componente di costo operativo ad hoc per ricomprendere gli extracosti energetici, da riportare anche nel limite di crescita delle entrate tariffarie.

Con riferimento al secondo punto, si tratterebbe di mutuare quanto già previsto dall’Autorità nel 2020 con l’introduzione della componente di costo di natura previsionale COV, destinata alla copertura degli scostamenti di costo attesi e riconducibili all’emergenza legata all’epidemia da COVID-19 (Delibera 238/2020/R/Rif). L’introduzione di una componente di costo operativo energetico (COE) consentirebbe sia sul versante del ciclo integrato sia su quello impiantistico di isolare l’effetto prezzo dei costi energetici ed eventualmente di conguagliare ex post qualora si verificasse uno scostamento tra il prezzo atteso e quello a regime. Parallelamente, come la componente di costo COV era stata accompagnata dal coefficiente C19 ai fini della determinazione del limite di crescita, alla componente COE si dovrebbe affiancare il coefficiente CE, in modo da disporre di uno strumento che consenta di ricomprendere nel PEF gli extra-costi valorizzati nella componente COE. Il coefficiente CE dovrebbe essere valorizzato in un intervallo coerente con l’incidenza media dell’aumento dei costi energetici, distinguendo tra ciclo integrato e impianti di trattamento (CEint e CEimp), in ragione della diversa struttura di costo e del relativo limite annuale di prezzo.

Leggi anche: L’allarme degli operatori sul caro energia: “A rischio i servizi di raccolta e trattamento rifiuti”

È il momento di dare ancora maggior impulso al riciclo

In assenza di adeguati interventi di sostegno, l’impatto dei rincari energetici sul settore rischia di essere ancora più intenso sulle attività non regolate e soggette al rischio di mercato sia in termini di prezzi, sia di quantità come nel caso delle attività di riciclo. La richiesta di interventi di sostegno da parte del mondo del riciclo è giunta in maniera trasversale dalle varie associazioni di categoria e rappresentanze e chiama l’esigenza di agire quanto prima, per evitare che i rincari energetici possano generare dei blocchi nelle attività e dei “colli di bottiglia” per l’intera gestione dei rifiuti.

Nel breve periodo, così come per gli altri settori produttivi, ci si attende un rafforzamento delle misure di sostegno da parte del Governo, accanto a riforme più strutturali e incisive sui mercati energetici che dovrebbero essere definite a livello comunitario (si veda il Position Paper n. 219). Nel medio-lungo periodo, una tutela della continuità delle attività di riciclo potrà arrivare dal rafforzamento della strumentazione economica e dal processo più ampio di revisione della tassazione ambientale che il cronoprogramma della Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, diffuso di recente dal MiTE, sembrerebbe lasciare intravedere. In tal senso, l’adozione dei Certificati del Riciclo (CdR) assicurerebbe l’equilibrio economico delle attività di riciclo, mediante un andamento dei prezzi dei titoli coerente con i costi sopportati dai riciclatori (in proposito si rimanda ai Position Paper n. 192 e 171). Nel valore dei CdR, infatti, verrebbe ricompreso l’extracosto – avente qualsivoglia matrice, inclusa quindi quella energetica – che gli operatori che effettuano l’attività di End of Waste (EoW) sono tenuti a sostenere per poter eseguire il processo di trattamento. Accanto all’implementazione dei CdR, potrebbero contribuire: un allargamento della platea dei Certificati Bianchi, per comprovare l’efficienza energetico-ambientale originatasi dall’impiego di MPS in sostituzione delle MPV (Materie Prime Vergini) e l’applicazione compiuta – su larga scala – del Green Public Procurement (GPP) e dei Criteri Ambientali Minimi (CAM), e un rafforzamento della normativa EoW. Misure, queste, volte a promuovere il riciclo in generale, ma che consentirebbero di fare fronte nel breve periodo a picchi emergenziali come quello in corso, fornendo una garanzia per il funzionamento dei mercati anche nelle fasi congiunturali più sfavorevoli come l’attuale.

Per approfondire: “Costi dell’energia e rifiuti: occorre un intervento straordinario”, Position Paper n. 224, Laboratorio REF Ricerche – novembre 2022

© Riproduzione riservata

 

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI