Dopo 26 vertici internazionali e due accordi globali sul clima – Kyoto e Parigi – la quadra per una azione climatica globale ed efficace è ancora lontana. La 27esima Conferenza delle parti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop27), a Sharm El-Skeikh in Egitto dal 6 al 18 novembre, dovrebbe rimediare a questo ritardo.
Un ritardo la cui gravità è certificata da numerori studi internazionali: dall’UNEP, all’Agenzia internazionale per l’energia (IEA), dall’International Institute for Sustainable Development (IISD) all’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) al World Resources Institute (WRI) fino al Climate Action Tracker, solo per citare i più autorevoli.
I temi sul tavolo sono in parte gli stessi dei passati appuntamenti, in parte nuovi.
Resta l’annosa questione della riduzione delle emissioni – sempre più urgente, ci dice la larghissima maggioranza degli scienziati – e quella dei 100 miliardi di dollari l’anno promessi (ma non ancora arrivati) dai paesi ricchi e inquinatori a quelli in via di sviluppo per accompagnarli nella transizione verde.
Quest’anno, poi, si è aggiunta la questione, sempre più sentita dai Paesi che pagano il prezzo più alto per la crisi climatica, dei risarcimenti per i danni e le perdite (loss&damage) inflitti dal surriscaldamento globale.
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