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sabato, Luglio 27, 2024

COP27. La crisi climatica raccontata coi numeri

Mentre a Sharm El-Sheikh continuano i lavori della COP27, vi offriamo una carrellata dei principali dati desunti da report internazionali sul clima (UNEP, IEA, IISD, WMO, WRI, Climate Action Tracker) presentati per o in occasione dell’appuntamento

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Redazione EconomiaCircolare.com

La crisi climatica è in questi giorni al centro del dibattito internazionale grazie ai lavori della COP27 di Sharm El-Sheikh. Ad anticipare i lavori della Conferenza delle parti e, anzi, a fornire una base fattuale alle trattative, sono arrivati nelle settimane scorse e in questi giorni diversi report di centri di ricerca, istituzioni, think tank e associazioni. Se per fornire una sintesi essenziale di questi report basterebbero le parole della direttrice esecutiva dell’UNEP, Inger Andersen (“Stiamo precipitando dalla crisi climatica al disastro climatico”) oggi vi offriamo una carrellata dei dati più significativi desunti da report di UNEP, Agenzia internazionale per l’energia (IEA), International Institute for Sustainable Development (IISD), Organizzazione meteorologica mondiale (WMO), World Resources Institute (WRI), Climate Action Tracker.

Buona lettura.

8          Gli ultimi otto anni sono “sulla buona strada per essere gli otto più caldi mai registrati“, alimentati da concentrazioni di gas serra in costante aumento e dal calore accumulato. Le ondate di caldo estremo, la siccità e le inondazioni devastanti hanno colpito milioni di persone e sono costate miliardi quest’anno, secondo il rapporto Provisional State of the Global Climate nel 2022 dell’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM in italiano, WMO in inglese)

3,4       Il livello medio globale del mare è aumentato di circa 3,4 (± 0,3) millimetri all’anno negli ultimi 30 anni (1993-2022, anni nei quali il livello del mare viene misurato coi satelliti). Il tasso – spiega l’OMM – è raddoppiato tra il periodo 1993-2002 e il 2013-2022. E il livello del mare è aumentato di circa 5 mm tra gennaio 2021 e agosto 2022. “L’accelerazione – spiegano gli scienziati dell’OMM – è dovuta all’aumento dello scioglimento dei ghiacci”. Secondo l’organizzazione “gli ultimi due anni e mezzo da soli rappresentano il 10% dell’innalzamento complessivo del livello del mare da quando le misurazioni satellitari sono iniziate”. “È già troppo tardi per molti ghiacciai e lo scioglimento continuerà per centinaia se non migliaia di anni, con importanti implicazioni per la sicurezza idrica. Il tasso di innalzamento del livello del mare è raddoppiato negli ultimi 30 anni“, ha affermato Petteri Taalas, segretario generale dell’OMM.

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1,15        La temperatura media globale nel 2022 è attualmente stimata dall’Organizzazione meteorologica mondiale in circa 1,15 [tra 1,02 e 1,28] °C al di sopra della media preindustriale del 1850-1900. La media decennale per il periodo 2013-2022 è stimata – nel sesto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) – pari a 1,14 [1,02-1,27] °C al di sopra della linea di base. Dal 2011 al 2020 era 1,09°C. “Maggiore è il riscaldamento, peggiori gli impatti. Abbiamo livelli così elevati di anidride carbonica nell’atmosfera ora che il livello più basso di 1,5°C dell’accordo di Parigi è a malapena a portata di mano“, ha affermato Petteri Taalas, segretario generale dell’OMM;

40         I gradi raggiunti quest’estate, per la prima volta da quando si misurano le temperature, in Gran Bretagna. Parliamo di una delle facce dell’estremizzazione del clima prodotto dal surriscaldamento globale. L’Organizzazione meteorologica mondiale ricorda che in Africa orientale, le precipitazioni sono state al di sotto della media in quattro stagioni umide consecutive, la siccità più lunga in 40 anni. A causa della persistente siccità, prima di giugno 2022 tra 18,4 e 19,3 milioni di persone hanno dovuto affrontare una “crisi alimentare o livelli peggiori di insicurezza alimentare acuta”. All’estremo opposto le piogge record di luglio e agosto che hanno portato a estese inondazioni in Pakistan, con almeno 1 700 morti e 33 milioni di persone colpite. 7,9 milioni di persone sono state sfollate. La regione dell’Africa meridionale è stata colpita da una serie di cicloni per due mesi all’inizio dell’anno, colpendo più duramente il Madagascar con piogge torrenziali e inondazioni devastanti. L’uragano Ian ha causato ingenti danni e perdite di vite umane a Cuba e nel sud-ovest della Florida a settembre. La Cina ha avuto l’ondata di caldo più estesa e duratura dall’inizio delle misurazioni nazionali e la seconda estate più secca mai registrata. Ad agosto il fiume Yangtze a Wuhan ha raggiunto il livello più basso mai registrato. Gran parte dell’Europa quest’estate ha sofferto di ripetuti episodi di caldo estremo. Il Regno Unito ha registrato un nuovo record nazionale il 19 luglio, quando la temperatura ha superato per la prima volta i 40°C. Temperature record accompagnate da una siccità e da incendi persistenti ;

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6%           L’assottigliamento, in percentuale, dei ghiacciai in Svizzera. Nel Paaese elvetico, il 6% del volume di ghiaccio dei ghiacciai è andato perso tra il 2021 e il 2022, secondo le misurazioni dell’OMM. Per la prima volta nella storia, nessuna neve è sopravvissuta alla stagione estiva anche nei punti di misurazione più alti e quindi non si è verificato alcun accumulo di ghiaccio fresco. Tra il 2001 e il 2022 il volume del ghiaccio dei ghiacciati in Svizzera è diminuito da 77 km3 a 49 km3, con un calo di oltre un terzo. Nelle Alpi europee, i record di scioglimento dei ghiacciai sono stati infranti nel 2022. Sono state misurate perdite di spessore medie comprese tra 3 e oltre 4 metri in tutte le Alpi, sostanzialmente più che nel precedente anno record 2003;

15    Sono i miliardi di tonnellate emissioni di gas climalteranti (CO2e) da tagliare globalmente entro il 2030 (rispetto a quelle del 1990) per sperare di restare sotto 2°C di innalzamento della temperatura rispetto a quella preindustiale (accordi di Parigi). Per centrare l’obiettivo di 1,5°C, invece, il taglio dovrebbe essere di 23 GtCO2e. Ma se spuciamo i piani di riduzione nazionali (NDC) aggiornati nel 2022, la riduzione totale si ferma a 0,5 GtCO2e: meno dell’1% delle emissioni globali stimate per il 2030. Un livello definito nel rapporto Emission Gap Report 2022  dell’UNEP “completamente inadeguato”;

1,1%        L’aumento medio annuale delle emissioni tra il 2010 e il 2019, secondo l’UNEP. Nel decennio precedente la media era stata del 2,6%;

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18 GtCO2e    Le emissioni medie annuali del settore agroalimentare. Rappresentano un terzo delle emissioni di gas serra totali. Il peso maggiore è ricoperto dall’agricoltura (39%) e dall’utilizzo del suolo (32%);

2,8°C        L’aumento della temperatura globale previsto dall’UNEP per il 2100 se si manterranno le politiche attuali. Se invece si applicheranno gli impegni presi dalle nazioni alla COP 26 di Glasgow;

75%      La quota di emissioni globali di cui sono responsabili i Paesi del G20. Venti Paesi (sui 165 firmatari della Convenzione ONU sui mutamenti climatici) emettono i re quarti dei gas climalteranti totali. Cina, Ue, India, Indonesia, Brasile, Russia, Stati Uniti da soli sono responsabili, secondo l’UNEP, del 55% delle emissioni globali di gas climalteranti;

6,3        Le tonnellate di CO2e che ogni abitante della terra ha emesso, in media, nel 2020. Le differenze tra le nazioni sono enormi: gli Stati Uniti occupano il primo posto con 14 tCO2e pro capite, seguiti da Russia (13 tCO2e), Cina (9,7 tCO2e) e Unione europea (7,2 tCO2e). L’India è nettamente sotto alla media, con 2,4 tCO2e. La media tra i Paesi in via di sviluppo più poveri è di 2,3 tCO2e;

65%       La riduzione nell’estrazione di fonti fossili necessaria per non ostacolare gli obiettivi climatici degli accordi di Parigi. Secondo il report “Navigating Energy Transitions: Mapping the road to 1.5°C” dell’International Institute for Sustainable Development (IISD), la produzione globale di petrolio e gas deve diminuire di almeno il 65% entro il 2050. Questa cifra arriva dal confronto di diversi scenari energetici (quelli dell’IPCC, quelli prodotti da organizzazioni intergovernative come l’Agenzia internazionale per l’energia e l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, e “scenari di rilievo” disegnati da società di consulenza del settore privato) compatibili con l’obiettivo di mantenere l’innalzamento delle temperature globali entro gli 1,5°C rispetto a quelle preindustriali. D’altra parte, ricorda IISD, l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) ha dimostrato che non ci possono essere nuovi progetti di combustibili fossili se il mondo vuole rimanere entro il limite di 1,5°C;

570        I miliardi di dollari di investimenti sulle fossili programmati per ogni anno su scala globale da qui al 2030. “Gli investimenti programmati per lo sviluppo e l’esplorazione di nuovo petrolio e gas entro il 2030 – sottolinea IISD –, pari a 570 miliardi di dollari l’anno, impedirebbe al mondo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C”. La stessa cifra “potrebbe finanziare completamente l’aumento dell’energia eolica e solare necessaria”;

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2             Gli anni entro i quali, secondo L’International Institute for Sustainable Development (IISD), l’Europa potrebbe soddisfare la sua domanda di energia senza gas russo. “La corsa dell’Europa per il gas per sostituire le forniture russe è in contrasto con i suoi impegni per combattere il cambiamento climatico”, sostengono gli autori del rapporto “Navigating Energy Transitions: Mapping the road to 1.5°C”. Anche senza il gas russo, le capacità di importazione di gas esistenti in Europa sarebbero, secondo IISD, sufficienti per soddisfare la domanda di energia del continente compatibile con 1,5°C dal 2024 in poi. Per questo “l’aggiunta di nuove infrastrutture del gas in Europa è una falsa soluzione per affrontare la crisi dell’offerta a breve termine, perché non sarà operativa in tempo per aiutare i cittadini europei a superare i prossimi due inverni. Al contrario, rischierebbe di mettere ancora più fuori portata l’obiettivo di 1,5°C o di bloccare risorse per le infrastrutture di nuova costruzione in Europa e nei Paesi esportatori di gas, come l’Africa”. Ha spiegato Angela Picciariello, ricercatrice IISD e coautrice del rapporto: “Oltre il 2024, l’Europa non solo può soddisfare il proprio fabbisogno energetico senza l’approvvigionamento di gas russo, ma deve farlo per allinearsi ai percorsi di 1,5°C. La recente spinta verso nuovi petrolio e gas – nel Regno Unito, in Italia, in Germania e altrove – è esattamente l’opposto di ciò che i paesi dovrebbero fare per costruire un sistema di approvvigionamento energetico resiliente che protegga i consumatori dai rischi geopolitici e dalle fluttuazioni del mercato energetico a lungo termine”;

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1,9          I miliardi di tonnellate di gas climalteranti che arriveranno in atmosfera ogni anno se tutte le nuove infrastrutture per il gas fossile programmare andranno in porto. Secondo il Climate Action Tracker, i piani di espansione legati al Gas Naturale Liquefatto (GNL) comprometteranno seriamente il rispetto del limite di 1,5°C. La capacità di GNL attualmente in costruzione, insieme ai piani di espansione, potrebbe aumentare le emissioni di oltre 1,9 gigatonnellate di CO2 equivalente all’anno;

28           I Paesi che hanno aggiornato i pianti nazionali per la riduzione delle emissioni. L’accordo di Parigi prevedeva che ogni Paese, al momento dell’adesione, comunicasse il proprio “contributo determinato a livello nazionale” (in inglese Nationally Determined Contribution, NDC) con l’obbligo di perseguire le conseguenti misure per la sua attuazione. Secondo Climate Action Tracker, nel 2022, solo 28 Paesi hanno presentato gli aggiornamenti degli NDC, contrariamente a quanto stabilito dal Patto per il clima di Glasgow, secondo cui tutti i Paesi avrebbero dovuto rivedere e rafforzare gli obiettivi già appunto da questo anno, invece che aspettare, come stabilito a Parigi, cinque anni per il loro rinnovo. Climate Action Tracker evidenzia, purtroppo, che molto spesso anche NDC aggiornati non comportino un vero passo in avanti o un aumento delle ambizioni;

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