Oltre duecento tra associazioni e cittadini fanno causa allo Stato italiano per “inazione climatica” e per l’assenza di politiche ambientali efficaci nella lotta alla riduzione delle emissioni climalteranti.
L’azione legale è stata presentata con un evento stampa lo scorso 5 giugno all’Hotel Nazionale di Piazza Montecitorio ed è stata lanciata con la campagna di sensibilizzazione intitolata evocativamente “Giudizio Universale”, per sottolineare l’urgenza di mettere in campo azioni concrete di contrasto al cambiamento climatico.
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La causa per inazione climatica contro lo Stato:
Il primo ricorrente dell’azione è l’Associazione A Sud, da anni attiva nel campo della giustizia ambientale e nella difesa dei diritti umani che l’emergenza climatica rischia di compromettere.
“Oggi scriviamo la pagina italiana della storia del movimento globale per la giustizia climatica. Dopo decenni di dichiarazioni pubbliche che non hanno dato seguito ad alcuna azione all’altezza delle sfide imposte dall’emergenza ambientale, la via legale è uno strumento formidabile per fare pressione sullo Stato affinché moltiplichi i suoi sforzi nella lotta al cambiamento climatico. Come società civile abbiamo il compito di fare tutto il possibile per scongiurare la catastrofe alle porte, per questo abbiamo deciso di promuovere la prima causa climatica italiana”, dichiara a nome di A Sud Marica Di Pierri, portavoce dell’associazione.
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Il flash mob
Poco prima dell’evento dedicato alla stampa un gruppo di attivisti ha fatto ingresso nella Piazza inscenando un flash mob “dal 2100”: da una macchina Delorean ispirata al film “Ritorno al futuro” sono scesi due attivisti travestiti, che hanno recitato un lungo monologo per ricordare ai cittadini presenti l’urgenza di fare causa allo Stato per evitare “la fine del mondo” e l’arrivo “del giudizio universale”.
Per la prima volta nella storia del nostro Paese la società civile fa causa allo Stato per fare in modo che si assuma le sue responsabilità:
“Questo giudizio si inserisce nel solco dei contenziosi climatici contro gli Stati che si stanno celebrando in tutto il mondo. Nasce dalla incontrovertibile contraddizione che esiste tra le misure di contenimento delle emissioni che lo Stato italiano dovrebbe adottare per contrastare efficacemente il riscaldamento globale e le inadeguate iniziative concretamente poste in essere. Non chiederemo al giudice alcun risarcimento, ma piuttosto di ordinare allo Stato di abbattere le emissioni di gas serra per portarle ad un livello compatibile con il raggiungimento dei target fissati dall’Accordo di Parigi al fine di tutelare e proteggere i diritti fondamentali dell’uomo”, hanno dichiarato gli avvocati del team legale.
Perché fare causa allo Stato: il report di Climate Analytics
Con questa causa i ricorrenti chiedono al Tribunale di dichiarare lo Stato italiano “responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica” e di obbligarlo a “ridurre entro il 2030 le emissioni di gas a effetto serra del 92% rispetto ai livelli del 1990″.
Il mancato raggiungimento di questo obiettivo, infatti, potrebbe avere come effetto la violazione di numerosi diritti fondamentali, tra cui quello alla salute. Secondo la percentuale di riduzione delle emissioni calcolata dagli studiosi di Climate Analytics per A Sud “seguendo l’attuale scenario delle politiche italiane, ci si attende che le emissioni al 2030 siano del 26% inferiori rispetto ai livelli del 1990, ma queste proiezioni del governo l’Italia non riuscirà a raggiungere il suo modesto obiettivo di ottenere una riduzione del 36% entro il 2030 come stimato dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC)“.
Non solo: l’Italia è attualmente tra i paesi europei con il più alto consumo di gas pianificato in tutto il prossimo decennio. Sempre in base ai dati riportati nello studio “ad oggi, l’attuale obiettivo dell’Italia rappresenta un livello di ambizione così basso che, se altri paesi dovessero seguirlo, si arriverebbe probabilmente a un riscaldamento globale senza precedenti di oltre 3°C entro la fine del secolo”.
Le conclusioni dello studioso Luca Mercalli
Tra i firmatari della causa figura anche Luca Mercalli, presidente Società Meteorologica Italiana, che conferma i risultati individuati nella ricerca: “Da decenni lo Stato italiano promette di ridurre il proprio impatto sul clima, di mitigare i rischi, di costruire resilienza verso le conseguenze del riscaldamento globale. Ma alle parole non corrispondono i fatti, sempre insufficienti e sottodimensionati rispetto all’urgenza. E soprattutto, mentre con una mano promette transizioni verdi con l’altra continua a sostenere le pratiche più perniciose per l’ambiente. Per questo faccio causa al mio Stato”, conclude.
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