La rocket stove, o stufa a razzo, è una stufa ad alta efficienza, il cui uso si sta lentamente diffondendo, specie tra chi ha una certa sensibilità ambientale.
Non essendo ancora entrata in un giro di produzione industriale, vi è una storiografia incerta. Sembra sia stata progettata da Larry Winiarski presso l’Appovech Research Center canadese con l’intento di migliorare le condizioni di vita dei paesi più poveri: la fonte di ispirazione sarebbe stata un sistema di riscaldamento a pavimento utilizzato nelle terme dagli antichi romani chiamato hypocaustum.
I benefici di questo tipo di stufa sono molteplici: innanzitutto è facile da costruire anche con materiali di recupero comunemente reperibili e può essere alimentata con legna dal diametro sottile, consentendo quindi di utilizzare anche ramaglie o legno di scarto.
Inoltre, il consumo di legna è di gran lunga inferiore rispetto ad una stufa comune o ad un camino perché si avvale di un sistema a doppia combustione che fa sì che il calore non si disperda lungo la canna fumaria, come avviene ad esempio nel camino, ma che rimanga in casa. Una parte del tubo, opportunamente isolato, può divenire un’originale seduta, come, ad esempio, una panca.
Non ha bisogno di essere continuamente alimentata ed è meno inquinante rispetto ad un camino: emetterebbe, in pratica, solo CO2 e vapore acqueo invece del fumo denso di una stufa, e ad una temperatura di gran lunga inferiore perché il calore prodotto non viene disperso sotto forma di fumi. Avrebbe insomma, una resa molto più alta rispetto ai metodi di riscaldamento tradizionale. Ma andiamo con ordine.
Come è fatta una rocket stove
La rocket stove può essere costruita in due modi:
- La forma a “L” è più facile da costruire e richiede meno materiali, ma necessita di una maggiore attenzione nell’essere alimentata: si usa soprattutto come cucina
- La forma a “J” è più complessa e adatta a installazioni fisse ma si alimenta con minor frequenza: questa forma è usata principalmente con lo scopo di riscaldare gli ambienti, ed è il tipo su cui ci concentreremo.
Le componenti fondamentali di una rocket stove a “J” sono cinque:
La camera di alimentazione – corrispondente alla parte verticale più piccola della forma a “J” – qui vengono posti in verticale, e in fascio, i pezzi di legno: si usano dallo spessore di una matita fino a quello di un pollice. La legna non deve essere eccessivamente grande perché nel buco in cui va inserita bisogna lasciare sempre spazio per l’aria.
La camera di combustione – la parte orizzontale della “J” – è dove avviene la prima combustione del carburante.
C’è poi il camino – la parte verticale più lunga della forma a “J “– dove salgono i fumi prodotti dalla combustione.
Il radiatore è un contenitore chiuso, normalmente un barile di ferro rovesciato o un oggetto simile, che viene posto sopra al camino con un gap che lo separa dal camino stesso. Qui avviene una seconda combustione: i fumi prodotti dal legno che brucia vengono incendiati ed in questo modo si aumenta il calore della stufa; è proprio l’elemento che fornisce calore all’ambiente.
Il tubo di scarico, lo dicevamo, non è necessario sia posto in posizione verticale come in una stufa classica: l’effetto “risucchio” prodotto dalla rocket stove spinge i gas verso l’esterno, al contrario di quanto avviene in una stufa comune dove i gas devono per forza fuggire verso l’alto perché la temperatura è l’unico fattore che li muove. I gas non hanno una temperatura molto alta (70/80 gradi), e possono essere utilizzati per scopi diversi, come per riscaldare strutture in muratura, come panche e letti.
La combustione e l’espulsione dei fumi in orizzontale sono possibili grazie all’effetto razzo: la differenza di temperatura garantita dall’isolamento del camino e la seconda combustione dei fumi, prodotta dal legno che brucia, crea un “risucchio” che muove l’aria, aumentandone la prestazione.
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Come funziona una rocket stove
A spiegarci il funzionamento di questa stufa semplice ma davvero efficiente è Dino Mengucci, esperto e appassionato, che dopo aver realizzato una rocket stove all’ecovillaggio Panta Rei a Passignano sul Trasimeno (Perugia), ha aiutato Matteo Serafin a costruirla nel proprio appartamento a Carrara.
“La struttura che ho realizzato a Panta Rei – spiega ad EconomiaCircolare.com Mengucci – era leggermente più grande, in questo caso ho semplicemente diminuito il diametro del bidone di ferro capovolto, da 60 a 45 centimetri, ma il sistema è lo stesso. Si tratta di mattoni refrattari dove ci sono due buchi: in quello più in basso, che rimane esterno, si mettono i pezzi di legno in piedi, mentre quello interno va verso l’alto e arriva a 3 o 4 centimetri dal tappo del bidone capovolto. In pratica si crea questa canna fumaria dove la fiamma va in alto e i mattoni refrattari mantengono la temperatura tanto che, dentro questo piccolo condotto arriva tra i 500 e i 600 gradi, e con questo calore parte la seconda combustione che brucia anche tutta la fuliggine e tutti i fumi”.
“Si crea così – prosegue – una depressione che risucchia l’aria dal condotto esterno dove c’è la legna e così la fiamma cammina e, invece di venir fuori, va dentro: si muove verso l’alto, arriva nel bidone e scende di nuovo giù, dove c’è questo tubo che porta via l’aria calda e i pochi fumi che rimangono dalla combustione. Si crea così calore nella seduta e anche lungo il tubo che arriva nel comignolo”.
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Perché non abbiamo tutti una rocket stove?
Mengucci ci spiega che questo tipo di stufa non ha ancora una grande diffusione, se non tra le comunità e le case di campagna: c’è infatti bisogno di uno spazio adeguato all’interno dell’abitazione perché se non si fa passare il tubo in casa, e lo si fa uscire subito all’esterno, viene persa gran parte del calore. Maggiore è la parte di tubo che attraversa l’ambiente maggiore è il calore. Bisogna poi considerare lo spazio per il tubo che diventerà la seduta e un posto dove riporre la legna di scorta per averla sempre a disposizione.
L’altra questione è che, sebbene la stufa mantenga bene il calore, è necessario prestargli attenzione e mettere i legnetti al loro posto, insomma viverla. “Oggi – dice Mengucci – vogliamo avere tutto in automatico, come le stufe a pellet che si auto-caricano”.
Costi e materiali
A parte il costo della progettazione e della manodopera, i costi di realizzazione includono materiali, rivestimento e rifiniture.
Il materiale da costruzione è molto semplice da trovare: le parti fondamentali sono mattoni refrattari, malta e un bidone in lamiera; alcune persone riutilizzano anche i bidoni di latta da 200 litri ma il consiglio è di acquistare una lamiera più spessa – Serafin ne ha scelto una da 5 millimetri e vi ha saldato un coperchio da un centimetro – perché se dovesse bucarsi, ossidandosi con il calore, bisognerebbe fare tutto il lavoro da capo. Per lo stesso motivo, nella prima parte del tubo per lo scarico dei fumi, è opportuno inserire un tubo in acciaio. Gli altri tubi possono anche essere quelli più economici che si allungano, che hanno un costo inferiore. Nel caso che stiamo raccontando, la spesa dei materiali è stata all’incirca di 500 euro.
Terminata la parte di costruzione, alle rifiniture ha pensato Matteo Serafin, il proprietario di casa che, grazie all’intervento di una scultrice, ha saputo trovare una chiave originale per integrarla nell’arredamento del proprio appartamento.
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Costruire in casa una rocket stove: l’esperienza di Matteo
Dopo una bolletta di 1200 euro, senza essere riuscito a riscaldare bene il suo appartamento nel centro storico di Carrara che condivide con la compagna e i tre figli, Matteo Serafin ha deciso di volere in casa una rocket stove. Così, con l’aiuto di Dino Mengucci, lo scorso novembre ha iniziato i lavori, durati all’incirca dieci ore escluso le rifiniture: la stufa è entrata in funzione all’inizio dell’inverno.
“Ci stiamo trovando molto bene, – commenta Serafin – è diventata il centro della casa. Era da anni che pensavamo di fare un caminetto e abbiamo deciso invece di realizzare una rocket stove che consuma meno della metà della legna, inquina di meno e scalda di più. Consumare meno legna è anche una questione pratica: siamo al quinto piano senza ascensore e portarla su è anche un piccolo problema”.
Serafin ha realizzato una seduta fatta in terra e paglia dove si possono accomodare anche quattro persone e, grazie alla scultrice etiope Alem Teklu Kidanu, è riuscito a dargli anche un tocco estetico, sfruttando il movimento dei tubi per disegnare un albero.
“La rocket stove – continua – ha un aspetto molto rustico quindi in una casa di campagna può star bene anche così grezza ma in un appartamento, seppur storico e con le travi in castagno come il nostro, avrebbe avuto un impatto visivo diverso: è infatti realizzata in terra con questo enorme tubo da 20 centimetri che passa sotto la massa termica, si arrampica su per il muro e poi va nella canna fumaria. Visivamente, insomma, è molto invasiva, abbiamo quindi cercato un modo per armonizzarla con il resto dell’arredamento della casa”.
Per ora la famiglia è soddisfatta, la stufa viene accesa la mattina e poi accumula calore per il resto della giornata ma è importante prestargli la giusta attenzione affinché non si spenga, e caricarla quando necessario.
“Avendo un’apertura così piccola, basta davvero poca legna, – consiglia – quindi meglio prendere quella secca e buona. È preferibile miscelare legna ad alto potere calorifico con alcune che ne hanno di meno. Si può utilizzare anche legname di scarto, solo che impiega un po’ di più ad accendersi”.
Al momento non siamo a conoscenza di aziende cui rivolgersi per la costruzione di una rocket stove ma diverse persone in Italia sono in grado di realizzarla, specie nella rete degli ecovillaggi. Online si trova molto materiale ma, è bene ricordare, che non è consigliabile realizzarla da soli, sia per questioni di sicurezza che per motivi pratici e logistici: meglio affidarsi sempre ad un esperto.
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