Il 22 maggio 1992, al Vertice sulla Terra di Rio de Janeiro, veniva adottato il testo della Convenzione per la Diversità Biologica: entrata in vigore il 29 Dicembre 1993, fino sono 193 i Paesi che l’hanno ratificata. Per commemorare quel giorno, le Nazioni Unite hanno proclamato il 22 maggio Giornata mondiale per la Biodiversità. Il tema della giornata 2023 è “From agreement to Action: build back biodiversity!” (Dall’accordo all’azione: ricostruire la biodiversità!”.
Sappiamo tutti che quella della biodiversità, insieme a quella climatica, è una delle crisi ambientali che colpiscono il Pianeta. Ma quanto è grave questa crisi? Proviamo a raccontarvelo con alcuni dati.
Tra 100 e 1000 volte sopra la media
Secondo l’IPBES – la Piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici, massima autorità scientifica in tema di biodiversità – “la natura stia diminuendo a livello globale a tassi senza precedenti nella storia, e il tasso di estinzione delle specie sta accelerando”. ISPRA, in occasione dei questa giornata per la biodiversità, ci ricorda che gli scenari sviluppati da numerosi scienziati, sulla base dei dati oggi disponibili, indicano che gli attuali tassi di estinzioni delle specie in natura sono da cento a mille volte superiori alla media delle estinzioni della storia del pianeta. Questi numeri portano a riferire il tempo che stiamo vivendo come sesta estinzione di massa. “La biodiversità e i contributi della natura alle persone sono il nostro patrimonio comune e la più importante ‘rete di sicurezza’ a sostegno della vita dell’umanità”, sottolinea l’ISPRA. “La diversità all’interno delle specie, tra le specie e degli ecosistemi, così come molti contributi fondamentali che ci offre la natura, dal cibo al legno e al sequestro del carbonio, stanno diminuendo rapidamente, sebbene abbiamo ancora i mezzi per garantire un futuro sostenibile per le persone e il pianeta”.
500 mila dead species walking
IPBES afferma che circa 1 milione di specie (un quarto di quelle conosciute) è a rischio d’estinzione. Di queste specie, il 50% potrebbe estinguersi entro la fine del secolo in corso. Gli autori del rapporto hanno coniato l’espressione “dead species walking” per le circa 500 mila specie non ancora estinte, ma che a causa della distruzione e degradazione degli habitat a loro disposizione e ad altri fattori legati alle attività umane (sovra-sfruttamento, inquinamento, cambiamenti climatici e diffusione di specie aliene invasive) vedono ridurre le loro probabilità di sopravvivenza nel lungo periodo.
Il 25% delle specie animali e vegetali è minacciato di estinzione, ricorda IPBES. Oltre il 40% delle specie di anfibi, quasi il 33% dei coralli che formano la barriera corallina e dei mammiferi marini sono a rischio di estinzione.
Questa crisi di natura è evidente anche in Italia, evidenza il WWF, dove la biodiversità raggiunge valori elevatissimi (contiamo metà delle specie vegetali e circa 1/3 di tutte le specie animali presenti in Europa), ma che con cieca determinazione stiamo erodendo e distruggendo, mettendo a rischio la nostra stessa sicurezza e il nostro benessere.
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Biomassa mammiferi selvatici: meno 82%
Ancora IPBES ha calcolato che la biomassa dei mammiferi selvatici è diminuita dell’82% e un uno studio recente calcola che il 94% della biomassa dei mammiferi terrestri oggi viventi sia rappresentata da esseri umani (36%) e animali domestici (58%). Per gli insetti, i dati disponibili fanno ritenere che almeno il 10% delle specie sia minacciato.
“Tra i fattori alla base della perdita di biodiversità – sottolinea il report del WWF – c’è anche il cambiamento climatico, processo profondamente interconnesso all’estinzione delle specie. La perdita di biodiversità influenza il clima, soprattutto attraverso l’impatto sull’azoto, il carbonio e sul ciclo dell’acqua. A sua volta il cambiamento climatico influenza la biodiversità attraverso fenomeni come l’aumento della temperatura e la riduzione delle precipitazioni”.
Dal 1500, addio a 680 specie vertebrati
Spiega l’Ispra che “dall’inizio del XVI secolo in poi, almeno 680 specie di vertebrati, dal dodo al lupo di Sicilia e la tigre di Tasmania si sono estinti, quasi sempre per cause umane”. Almeno il 9% di tutte le specie di mammiferi allevati per l’alimentazione o l’agricoltura sono state portate all’estinzione.
Dimezzate le barriere coralline
In vista della Giornata Mondiale della Biodiversità di domani, il WWF ha presentato il nuovo report “Biodiversità Fragile, maneggiare con cura: Status, tendenze, minacce e soluzioni per un futuro nature-positive”. Il documento ci mette di fronte ad altri dati sconcertanti: ci resta un misero 12,5% della foresta atlantica, abbiamo perso più del 50% delle barriere coralline e una vastissima porzione della foresta amazzonica (probabilmente il 20% se non di più) è stata distrutta.
In pericolo il 68% degli ecosistemi nazionali
Il WWF partendo dalle Liste Rosse nazionali della flora dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), ha calcolato che in Italia circa l’89% degli habitat di interesse comunitario si trova in uno stato di conservazione sfavorevole. Dei 43 habitat forestali italiani, ad esempio, 5 hanno uno stato di conservazione “criticamente minacciato” e 12 “in pericolo”. Il 68% degli ecosistemi italiani si trova in pericolo, il 35% in pericolo critico. Il 100% degli ecosistemi è a rischio nell’ecoregione padana, il 92% in quella adriatica e l’82% in quella tirrenica.
Il 57% dei fiumi e l’80% dei laghi si trova in uno stato ecologico non buono.
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A rischio il 25% delle specie marine mediterranee
Il 30% delle specie di animali vertebrati e il 25% delle specie animali marine del Mediterraneo sono a rischio estinzione, secondo il WWF.
Le specie aliene dietro il 54% delle estinzioni
Poi ci sono le specie aliene invasive, identificate da alcuni studi come la seconda principale minaccia alla biodiversità globale, che ha contribuito in modo determinate al 54% delle estinzioni delle specie animali conosciute, tramite predazione su specie autoctone o competizione per le risorse (es. cibo, luoghi di riproduzione). Attualmente, ricorda il WWF, si stima che in Italia ci siano intorno a 3.000 specie aliene, con un incremento del 96% negli ultimi 30 anni.
15-20% più nutrienti
“Biodiversità è sinonimo di alto valore nutrizionale: le varietà autoctone favorite dalla maggiore biodiversità garantiscono più nutrienti, a parità di peso di cibo consumato”, spiega la campagna Spreco Zero, contro lo spreco alimentare. Per fare solo alcuni esempi: mangiare 100 g di carote viola di Polignano garantisce benefìci equivalenti a quelli di 400 g delle carote comunemente in commercio; la varietà locale e presidio Slow food della Lenticchia del Giuria Svevo (area prealpina della Baviera), grazie a una felice combinazione di suolo, clima e saperi locali, questa varietà locale ha il 15-20% di proteine in più e più del doppio di fibre. La stessa cosa succede per le specie animali: è il caso -per esempio- del pollo guascone francese che, per l’alimentazione di pascolo e le caratteristiche della razza, garantisce una carne quasi tre volte meno grassa, più ricca di proteine e con meno colesterolo rispetto alla media dei polli in commercio. “In generale – è il consiglio della campagna Spreco Zero – preferire il consumo di cibi autoctoni (e possibilmente ‘selvatici’) consente di avere diete più varie ed equilibrate, quindi di migliorare la sicurezza alimentare”.
30, il numero della Strategia per la biodiersità
Il report WWF lancia anche un appello: “È necessario di intervenire in maniera concreta mettendo immediatamente in pratica la Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030, che prevede che almeno il 30% delle specie e degli habitat di interesse comunitario il cui stato di conservazione non è soddisfacente, lo raggiungano entro il 2030. La strategia prevede anche che gli ecosistemi vengano tutelati attraverso l’incremento della superficie protetta al 30% del territorio terrestre e marino e che il 30% degli ecosistemi attualmente degradati vengano ripristinati”.
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