Quando si parla di transizione energetica a un certo punto sorge sempre, inevitabile come la morte, la domanda: e allora la Cina? Nel senso che, sia si parli di favorire lo sviluppo delle rinnovabili o di agevolare la transizione dell’automotive verso l’elettrico, spunta il nodo, finora irrisolto, della difficoltà di reperimento delle materie prime critiche – dal litio al cobalto – che sono necessarie per creare le componenti digitali di queste tecnologie. Con l’Unione europea che è già ora fortemente dipendente dalle importazioni.
Come sciogliere dunque questo nodo e rispondere all’annosa domanda iniziale? Ci prova un recente studio commissionato dall’Unione europea e pubblicato sulla rivista “Sustainability” lo scorso 11 gennaio. Con un titolo che è già esplicativo: “Un passaporto digitale per i prodotti per il riutilizzo e il riciclaggio di materie prime critiche””.
Leggi anche: Bagno di sangue o nuove opportunità professionali? Ecco i lavori circolari del futuro
Carenza di materie prime, i rischi passati e quelli futuri
Due sono i punti di partenza del lavoro. Da una parte si ricorda che il tema dell’approvvigionamento di materie prime critiche è noto da tempo, se è vero che “la questione della carenza di materiali nell’Unione europea a livello politico è stata messa a fuoco dal 2011”. Ciò nonostante la dipendenza del Vecchio Continente verso le importazioni è nota: basti pensare che “l’Ue importa il 93% del suo magnesio dalla Cina”.
Dall’altra si sottolinea che “il crescente fabbisogno di approvvigionamento di diverse risorse materiali necessarie per la società industriale e la transizione verso basse emissioni di carbonio sono una preoccupazione crescente. Il problema attuale è principalmente il rischio di pressioni sui costi all’interno delle catene di approvvigionamento, come sperimentato negli ultimi anni, principalmente a causa delle concentrazioni geografiche minerarie e manifatturiere che rendono le catene di approvvigionamento vulnerabili agli shock causati da diverse restrizioni sul lato dell’offerta”.
Leggi anche: Global Green Jobs: il lavoro che aumenta è solo quello che tutela l’ambiente
La necessità di un passaporto digitale
Le recenti strozzature nelle catene di approvvigionamento, dovute alla ripresa post-Covid, rischiano di essere soltanto il primo capitolo di una lunga serie. Perché la transizione energetica, sempre più necessaria a causa della crisi climatica in corso, necessita comunque di una fornitura costante di materiali e materie prime critiche che non può (e non deve) essere risolta soltanto attraverso il ricorso all’estrattivismo. Ecco perché il documento commissionato dall’Ue intende “fornire una progettazione concettuale di un sistema di gestione dell’offerta che consenta il recupero di materie prime critiche a livello di componenti e materiali utilizzando le informazioni scambiate attraverso un prodotto digitale”.
“Un Digital Product Passport – si legge ancora – rende un prodotto universalmente identificabile e le sue informazioni accessibili sia offline che online attraverso un portale web su Internet. I lavori svolti descritti in questo documento fanno parte del progetto quadriennale CircThread finanziato dall’Ue, che insieme a 31 organizzazioni sta testando un’ampia gamma di approcci di gestione e scambio di informazioni per promuovere l’economia circolare delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) utilizzando i passaporti dei prodotti digitali. CircThread, che sta per Circular digital thread, cerca di fornire un aggiornamento dinamico delle informazioni attraverso il ciclo di vita di un prodotto, formando un thread digitale basato sulla sua definizione”.
Leggi anche: Circular Jobs Monitor, la piattaforma sul lavoro circolare
Come funzionerebbe questo passaporto digitale?
Ma da dove partire per realizzare questo passaporto digitale? La prima soluzione, di “mitigazione chiave” come viene definita nello studio, punta ad aumentare il riciclaggio e il riutilizzo dei RAEE. Le apparecchiature elettriche ed elettroniche, infatti, come ben sanno i lettori e le lettrici di EconomiaCircolare.com, sono delle vere e proprie miniere di materie prime critiche.
Attualmente, segnala lo studio pubblicato su Sustainability, “su 30 materie prime critiche ce ne sono 14 con un tasso di riciclaggio a fine vita globale molto basso, compreso tra lo 0% e il 5%, come bismuto, indio e gallio, e altri 6 con un tasso di riciclaggio a fine vita globale basso, compreso tra il 6% e il 30%”. Indici molto deludenti che devono essere certamente migliorati.
Come fare? Gli esperti e le esperte consultate dall’Unione europea sono partite da “una valutazione della gestione delle informazioni esistenti sulle materie prime critiche e un’indagine sull’identificazione delle esigenze di informazioni, con 10 produttori, organizzazioni responsabili della responsabilità dei produttori, raccoglitori e riciclatori. Le esigenze sono state utilizzate per generare 14 processi e scambi di informazioni chiave sui prodotti che, una volta implementati, formano un sistema di gestione dell‘offerta circolare basato sul passaporto digitale dei prodotti.”
Leggi anche: Materie prime critiche, l’Europa punta (anche) sulle sue miniere
I risultati dello studio sul passaporto digitale
Dallo studio finanziato dall’Unione europea emerge che il passaporto digitale per i prodotti per il riutilizzo e il riciclaggio costituisce uno strumento immediato e utile da adottare. “Le informazioni gestite tramite un collegamento fisico-digitale attraverso i tag dei singoli prodotti – si fa notare – includono le registrazioni dei prodotti, le dichiarazioni sui materiali, gli aggiornamenti sullo stato del ciclo di vita, lo smistamento dei prodotti nei punti di raccolta in base al contenuto di materie prime critiche e la segnalazione dei prodotti per l’estrazione dei componenti delle materie prime critiche. Viene proposta un’architettura di sistemi di intelligenza artificiale basata su dataspace per l’implementazione del sistema di gestione dell’offerta tenendo conto degli standard di informazione globali ed europei”.
Affinché il passaporto digitale sia però davvero realizzabile serve superare alcune criticità. Come ad esempio quelle relative ai prodotti elettrici ed elettronici esistenti sul mercato dell’Unione europea che “non dispongono di passaporti digitali dei prodotti”, e che sono attualmente oltre un miliardo. In più vanno garantiti ulteriori “investimenti nelle tecnologie di estrazione di materie prime critiche presso gli impianti di riciclaggio”. Serve poi una standardizzazione a livello comunitario nelle dichiarazioni di sostenibilità e di tracciabilità da parte dei produttori.
Mentre dal punto di vista legislativo il mercato delle materie prime secondarie deve essere rafforzato, ad esempio richiedendo una percentuale obbligatoria di contenuto riciclato di materie prime critiche nell’ambito del nuovo regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili. Un’altra possibile opzione potrebbe essere quella di fissare un prezzo minimo di mercato per tonnellata per particolari materie prime critiche, pagati attraverso i regimi di responsabilità estesa del produttore ai sensi della direttiva RAEE.
Leggi anche: L’Ue esporta il 70% in più di rifiuti riciclabili in 15 anni. Perdiamo materie prime preziose?
© Riproduzione riservata