fbpx
giovedì, Novembre 14, 2024

Rethink Plastic Alliance: “Sul Regolamento imballaggi l’Ue deve avere più coraggio”

Le associazioni ambientaliste chiedono modifiche a Bruxelles, con obiettivi più ambiziosi sul riutilizzo e più stringenti sulle sostanze chimiche dannose contenute nel packaging. A livello europeo, invece, alcuni Stati membri (tra cui l'Italia) chiedono più flessibilità. Col rischio di rallentare tutto

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

La proposta di Regolamento sugli imballaggi va nella giusta direzione perché dà la priorità alla prevenzione dei rifiuti e al riutilizzo, ma le ambizioni devono essere maggiori e le norme sulle sostanze chimiche dannose per l’uomo e l’ambiente contenute negli imballaggi devono essere più severe. Sono questi i punti critici principali evidenziati in un documento da Rethink Plastic Alliance, che riunisce numerose associazioni ambientaliste in tutta Europa, dopo aver letto il nuovo testo legislativo di Bruxelles.

Oltre ad auspicare un intervento tempestivo per colmare le lacune all’interno del testo, come le numerose esenzioni e alcune definizioni troppo vaghe, si chiede di accelerare l’approvazione definitiva del Regolamento entro la fine della legislatura. Cosa, peraltro, poco probabile, visto che norme più specifiche saranno demandate a successivi Atti delegati e c’è la costante richiesta di maggiore flessibilità, ovvero di annacquare le misure, di alcune nazioni europee, tra cui l’Italia.

Rischiando di diminuire l’efficacia dell’intervento normativo, visto che l’obiettivo della proposta di Regolamento Packaging and Packaging Waste, presentata dalla Commissione europea lo scorso 30 novembre, è quello di prevenire la produzione di rifiuti da imballaggio, riducendo la quantità sul mercato e promuovendo alternative riutilizzabili e riciclabili. “Prevenzione dei rifiuti, un riutilizzo ben progettato e sistemi di imballaggio più circolari possono apportare significativi benefici ambientali, tra cui la riduzione delle emissioni, dell’uso di risorse ed energia e la presenza di sostanze chimiche dannose”, sottolinea il position paper.

Leggi anche: Consumer Footprint Calculator, come funziona e perché usarlo

Obiettivi più ambiziosi sul riutilizzo

Perciò si dovrebbe fare di più, e non come generale affermazione di principio. In base al nuovo Regolamento, gli Stati membri dell’UE devono ridurre i rifiuti da imballaggi del 5% entro il 2030. Entro la fine del 2025, il 65% di tutti i rifiuti di imballaggio dovrebbe essere riciclato, compreso il 50% di plastica, il 50% di alluminio, il 70% di vetro, e il 75% di carta e cartone. Questo, però, potrebbe non essere sufficiente.

Eliminare almeno il 20% dell’aumento di imballaggi verificatosi nell’ultimo decennio dovrebbe essere l’obiettivo iniziale della prevenzione”, nota Rethink Plastic Alliance nel documento. Il problema è che tornare a un livello simile al 2009 di rifiuti da imballaggio pro-capite (149,4 kg) non sarà possibile prima del 2040. Le associazioni chiedono, invece, di fissare l’obiettivo ambizioso del 2030, alzando l’asticella della prevenzione dei rifiuti del 15% anziché del 5% entro i prossimi dieci anni.

Per riuscirci non è solo questione di numeri, ma di definizioni. Tanti prodotti, infatti, non rientrano nei target di riutilizzo. Si parla di settori chiave come la vendita al dettaglio (alimenti non deperibili). i cosmetici, i prodotti per la pulizia, i prodotti per l’igiene personale e il latte. “Gli obiettivi proposti si applicano solo a un numero limitato di gruppi di prodotti e sono meno ambiziosi rispetto a quelli già in vigore in alcuni Stati membri”, notano gli autori del position paper.

Le differenze regionali sono un problema

In Germania, ad esempio, da decenni vengono raggiunti obiettivi di riutilizzo delle bottiglie per bevande superiori al 40%. La Spagna ha recentemente approvato una legislazione innovativa per quanto riguarda il packaging e la vendita sfusa. Nei Paesi Baltici è molto diffuso il deposito su cauzione delle bottiglie di birra. In Italia, invece, nonostante la raccolta differenziata sia tra le migliori in Europa, il sistema del riutilizzo e del vuoto a rendere sono poco sviluppati.

Trovare delle norme comuni non è semplice: per alcuni apparirebbero insufficienti, per altri persino restrittive. Perciò, è la tesi del ministro dell’Ambiente italiano, Gilberto Pichetto Fratin, la Commissione europea dovrebbe consentire “maggiore spazio di manovra” all’interno delle norme europee in base alle caratteristiche del singolo Paese. Nello specifico caso italiano, il ministro si fa portavoce delle proteste dei produttori di imballaggi. Dimenticando però quando stabilisce la gerarchia europea dei rifiuti, visto che in cima alla piramide ci sono prevenzione e riutilizzo e solo successivamente il riciclo. Grecia e Malta addirittura sono contrarie al Regolamento perché sostengono impatti negativamente sulle attività turistiche.

Questo in sede di Consiglio europeo potrebbe tradursi nella proposta, caldeggiata da alcuni Paesi come Croazia, Belgio, Ungheria, Grecia, Malta e Slovacchia, di trasformare il Regolamento proposto dalla Commissione, valido immediatamente in tutti gli Stati membri, in Direttiva, che viene recepita autonomamente dalle singole nazioni. La Commissione, tuttavia, non è intenzionata a cedere e sa che le nazioni contrarie non riescono a formare un blocco sufficiente per fermare l’adozione del Regolamento.

Leggi anche: Vendita prodotti sfusi, Francia e Spagna apripista: ora i supermercati devono farlo per legge

Incentivi alla restituzione e deposito su cauzione

L’approccio verso la maggiore flessibilità è l’esatto opposto di quanto sostengono, invece, le associazioni ambientaliste, a meno di non ribaltare la questione. “Anzi, agli Stati membri dovrebbe essere data la facoltà di introdurre norme ancora più restrittive o obiettivi più ambiziosi se lo ritengono necessario”, scrivono nel documento. Invece, già nella proposta di Regolamento spuntano le prime esenzioni per gli Stati, come ad esempio quella di essere “dispensati dall’obbligo di allestire un sistema di deposito su cauzione se raggiungono un tasso di raccolta di almeno il 90%”.

Bisognerebbe pensare, invece, a favorire la restituzione e i sistemi di deposito su cauzione. “Garantire che l’imballaggio venga effettivamente restituito – si legge nel documento – è l’unico strumento per fare in modo che il sistema possa funzionare efficacemente e senza intoppi. Gli incentivi dovrebbero essere sufficientemente elevati da garantire che i tassi di restituzione degli imballaggi riutilizzabili siano superiori al 90%”.

Leggi anche: lo Speciale sul Deposito su cauzione

Come migliorarla: ottimizzazione del peso e responsabilità estesa del produttore

Se l’obiettivo del Regolamento è ridurre in assoluto l’impatto del settore degli imballaggi, ci sono altre due misure, secondo Rethink Plastic Alliance, particolarmente utili. La prima è sull’ottimizzazione del peso. Come emerso dagli studi preparatori dell’Ue, sul mercato sono presenti molti imballaggi inutilmente pesanti, con maggior spreco di risorse e impatti secondari legati ad esempio alle emissioni dei trasporti.

“Una possibilità potrebbe essere quella di definire pesi massimi relativi al contenuto e adattati al materiale utilizzato per alcune tipologie e formati comuni di packaging: ad esempio, una bottiglia di vino in vetro non deve pesare più di 350 grammi”, propongono le associazioni. Regole simili di “ottimizzazione” dovrebbero riguardare anche la durata degli imballaggi riutilizzabili e il calcolo preciso dei processi di decomposizione per gli imballaggi compostabili.

L’altra riguarda la responsabilità estesa del produttore. Ovvero includere nel testo l’obbligo per i produttori di imballaggi di coprire i costi di pulizia e gestione dei rifiuti causati dai loro prodotti e le spese per attività di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza sull’importanza di ridurre i rifiuti e i rischi della plastica. Questo soprattutto per alcune tipologie di packaging particolarmente soggette ad essere gettati in strada, come i contenitori usa e getta per il cibo.

Gli introiti potrebbero essere impiegati per assicurare supporto finanziario per sostenere sistemi efficienti di riuso, che per affermarsi sul mercato incontrano parecchie barriere in entrata ed elevati investimenti iniziali. Del resto, obblighi simili sono stati introdotti nella Direttiva sulla plastica monouso, si tratterebbe soltanto di ampliarne l’applicazione.

Leggi anche: Si celebra oggi la prima Giornata internazionale rifiuti zero proclamata dall’ONU

Come renderla davvero efficace

Il diavolo sta nei dettagli, e per le associazioni ambientaliste ci sono tanti buchi legislativi che rischiano di inficiare il Regolamento. “Ad esempio siamo contrari all’esenzione alle regole sugli imballaggi per i prodotti di origine protetta”. Oppure alcune definizioni sono troppo vaghe e rendono complicata l’attuazione delle normative. “Esentare le forme di packaging ‘innovative’ dai target di riciclabilità per i prossimi 5 anni porterà nuovi imballaggi non riciclabili nel mercato comune oltre il 2030”, fanno notare nel position paper.

Stessa vaghezza è riscontrabile nel capitolo sanzioni. Per questo motivo le associazioni propongono di strutturare l’articolo dedicato ad esse sulla falsariga della proposta Regolamento sulla deforestazione, che include pene specifiche, con l’obiettivo di contrastare i benefici economici ottenuti dalle aziende per non aver rispettato le normative. Ad esempio l’esclusione fino a un anno dall’accesso ai fondi pubblici, divieto di vendita e di esportazione dei prodotti nel caso di gravi violazioni, confisca dei prodotti non a norma e dei guadagni ottenuti illecitamente, multe elevate, oltre all’obbligo per la Commissione di pubblicare una lista delle sentenze di condanna con il nome dell’azienda, in modo da darne la dovuta pubblicità.

Vietare immediatamente tutte le sostanze cancerogene

Dove la vaghezza delle norme diventa pericolosa, denunciano le associazioni, è per quanto riguarda le sostanze chimiche tossiche per le persone presenti nei materiali con cui sono realizzati gli imballaggi o alcuni componenti. “Tutte le sostanze riconosciute dall’Ue come pericolose dovrebbero essere limitate nell’impiego negli imballaggi per proteggere i consumatori”, scrivono le associazioni riunite in Rethink Plastic Alliance.

“Ciò deve includere anche requisiti più severi sulle sostanze chimiche (compresa la comunicazione obbligatoria sul contenuto di sostanze chimiche) e forti meccanismi per l’eliminazione graduale delle sostanze più nocive come quelle proposte nella Strategia per le sostanze chimiche per la sostenibilità (ossia sostanze chimiche che causano tumori, mutazioni genetiche, incidono sulla riproduzione o sistema endocrino, o sono persistenti e bioaccumulabili)”.

Leggi anche: lo Speciale sul Regolamento europeo sugli imballaggi

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie