Il fumo fa male. È un fatto così assodato da essere scritto sui pacchetti di sigarette. A questo si aggiunge che, oltre alla salute, rischia di fare molto male anche all’ambiente. E non solo per l’inquinamento causato dalla diffusa e deprecabile abitudine dei fumatori di abbondonare i mozziconi di sigaretta per terra (si stima che in Italia 14 miliardi di “cicche” finiscano ogni anno in mari, spiagge e tombini delle nostre città).
Quello che preoccupa è l’inedita frontiera del vizio: la sigaretta elettronica. Un nuovo prodotto che si sta velocemente diffondendo specie tra i più giovani e che già fa sentire i suoi effetti negativi per l’ambiente, ingrossando le fila dei rifiuti nocivi. Le principali cause del suo impatto ambientale sono date dai materiali di cui è composta e dal suo improprio smaltimento.
Un nuovo oggetto di consumo tra le fila dei RAEE
La sigaretta elettronica (e-cigarette in inglese) è un dispositivo che permette di inalare vapore, in genere aromatizzato, contenente quantità variabili di nicotina (tra 6 e 20 mg circa), in una miscela composta da varie sostanze. Di solito è costituita da una batteria agli ioni di litio, un serbatoio e una bobina per vaporizzare il liquido. Una volta smaltita, l’e-cigarette appartiene alla categoria dei piccoli RAEE, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Ma non tutti i suoi consumatori ne sono consapevoli. Così, dopo averla usata, la buttano nell’indifferenziata, facendola finire in discarica o negli inceneritori.
Un mercato in espansione
Quello della sigaretta elettronica è un mercato in evoluzione. In Europa, seconda solo agli Stati Uniti per diffusione, i paesi in cui si registra il maggior consumo sono Regno Unito, Germania, Polonia, Francia e Italia. Il mercato italiano vale 469 milioni di euro, mentre i consumatori nel 2022 si aggirano intorno ai 1,4 milioni, in crescita del 10 per cento rispetto all’anno precedente (dati elaborati dall’istituto di analisi EciIntelligence). Ancora più ampio è il mercato del Regno Unito, dove circa il 7,1% della popolazione utilizza sigarette elettroniche raggiungendo il consumo di mezzo miliardo di unità all’anno, tre milioni delle quali vengono buttate via ogni settimana.
L’usa e getta non va nel cassonetto
Attualmente, oltre allo svapo ricaricabile, è in gran voga il vaporizzatore monouso che occupa almeno la metà del mercato delle sigarette elettroniche. La descrizione “usa e getta” sembra suggerire che i dispositivi siano tanto convenienti da smaltire quanto lo sono da acquistare. Eppure, i piccoli dispositivi RAEE sono a tutti gli effetti dei rifiuti “speciali”, che devono essere smaltiti secondo le regole, perché dotati di batterie e materiali riciclabili. Essi possono essere resi al negoziante, a fronte di un nuovo acquisto, o portati nelle isole ecologiche.
Piccoli RAEE grandi problemi
Il problema del corretto smaltimento dei RAEE, specie se di piccole dimensioni, non riguarda solo le sigarette. I flussi di rifiuti elettronici stanno aumentando a un ritmo tre volte superiore alla crescita media dei rifiuti urbani. Questo tipo di dispositivi spesso contengono risorse rare e di valore, come metalli preziosi, che possono essere recuperati se trattati adeguatamente. Al contrario, la cattiva gestione di questi materiali rischia la fuoriuscita di sostanze inquinanti come piombo, mercurio e cadmio nell’ambiente, oltre a provocare la perdita di risorse nelle discariche e nell’incenerimento.
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Se c’è batteria può darsi pericolo
Lo smaltimento scorretto dei vaporizzatori non è solo uno spreco di risorse. È anche un gesto pericoloso. Le sigarette elettroniche (così come altri dispositivi contenenti batterie) che finiscono nei rifiuti domestici, infatti, rischiano di provocare incendi nei veicoli per lo smaltimento dei rifiuti e nelle discariche. Si stima che il 48% degli incendi di rifiuti nel Regno Unito sia causato da batterie agli ioni di litio smaltite in modo errato, provocando circa 600 incendi all’anno nei camion dei rifiuti e nei siti di smaltimento.
Né per la salute né per l’ambiente
Le sigarette elettroniche, come sottolineano i suoi sostenitori sul sito SvapoBoss, hanno l’ambizione di “essere amiche dell’ambiente”, perché sostituendo le sorelle analogiche, sarebbero in grado si evitare la dispersione dei filtri che persistono per anni nell’ambiente. Ma per molti si tratta solo di un ennesimo oggetto di consumo superfluo che, non solo non aiuta i fumatori a smettere, ma sembra incentivare l’uso di sigarette, specie tra i giovani. Secondo il parere del Comitato scientifico della Commissione europea che valuta i rischi sanitari emergenti (Scientific Committee on Health, Environmental and Emerging Risks), ci sono evidenze moderate del fatto che le sigarette elettroniche siano una via di accesso al tabagismo per i giovani ed evidenze forti del fatto che gli aromi contribuiscono in modo significativo alla sua attrattiva e all’iniziazione al suo utilizzo.
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Mettiamo al bando i vaporizzatori
Così come in Olanda è stato chiesto di recente di mettere al bando i filtri delle sigarette tradizionali, composte da particelle di acetato di cellulosa – un tipo di plastica che non si biodegrada – sembra giunta l’ora della protesta anche contro i vaporizzatori. Nel Regno Unito la situazione è considerata così critica che ben 18 gruppi che si occupano di ambiente e salute – tra cui Green Alliance, Royal College of Paediatrics and Child Health, Marine Conservation Society – hanno firmato una lettera aperta al governo affinché vieti la vendita di sigarette elettroniche monouso. Si chiede di arginare la loro “minaccia in rapida crescita” per la salute pubblica e per l’ambiente. L’iniziativa segue una ricerca di Material Focus che ha dimostrato che almeno 1,3 milioni di vaporizzatori usa e getta finiscono nella pattumiera ogni settimana.
Probabilmente, fumatori e consumatori di sigarette elettroniche non saranno d’accordo, ma se siamo consapevoli che i nostri stili di vita non fanno bene né a noi né al pianeta, tocca iniziare a rinunciare a qualcosa.
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