Nel cuore della Finlandia, oltre 600 chilometri a nord di Helsinki, in una fitta foresta secolare, c’è un teatro che presto sparirà. Realizzato con legname della zona, nel 2019 questo luogo è stato lo scenario di un esperimento artistico che inizia e finisce nella natura. Tree Opera è la prima opera lirica realizzata in una foresta e in collaborazione con la foresta.
Il progetto della compositrice lettone Anna Ķirse prende origine dal suo interesse per il suono come organismo vivente e trae ispirazione dalle più recenti ricerche sulla neurofisiologia delle piante e i sistemi ecologici delle foreste e in particolare dal libro The Hidden Life of Trees di Peter Wohlleben che ipotizza che gli alberi siano esseri sociali. Secondo questa teoria gli alberi non sono organismi individuali che competono per le risorse. La foresta viene invece vista come un sistema cooperativo, profondamente simbiotico, in cui gli alberi comunicano tra loro e con altre specie, producendo un’intelligenza collaborativa, una saggezza della foresta”.
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La vita degli alberi
Il risultato è un’opera contemporanea immersiva che riflette sul rapporto tra uomo e natura e sulla comunicazione conscia e inconscia fra essi, con un occhio alla circolarità. L’opera è stata messa in scena per due notti nell’agosto del 2019 all’interno del programma di residenza Mustarinda. Il pubblico è arrivato camminando nella foresta per venti minuti, immergendosi un po’ alla volta in questo universo di vegetazione e creature nascoste nel buio.
“È un movimento di avvicinamento, di ingresso all’interno di questa rete di creature nascoste, di questo mondo invisibile, di questo network sotterraneo di funghi e radici”, ci ha spiegato Ķirse. Questo universo è popolato da personaggi ispirati al mondo naturale. “I quattro personaggi principali dell’opera, i quattro solisti – ha proseguito la compositrice -, sono le radici, il tronco, i rami e le foglie. E poi c’è un coro di funghi. Di fatto stavo cercando di inventare un nuovo linguaggio, dando una voce diversa a ognuno di questi personaggi. Le foglie frusciano e sussurrano, per le radici avevo in mente un personaggio forte e radicato che mi ricordava il canto armonico, per il tronco, stabile e verticale, mi sono ispirata ai canti di chiesa, per i rami, che hanno una struttura complicata e fragile, mi sono ispirata all’ethno-singing”.
I personaggi attraversano il ciclo della creazione e della morte, rappresentando la vita come processo ininterrotto e continuo. Il libretto è eseguito in latino e rimanda al linguaggio scientifico e ai misteri medievali.
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Quando il teatro imita la natura
Gli otto cantanti e gli otto strumentisti che hanno dato vita alla performance nella foresta finlandese erano disposti su pedane ancorate ai tronchi degli alberi, mentre il pubblico sedeva su piattaforme. A realizzare teatro e scenografia è stato il team dell’architetto e scenografo Austris Mailitis, i cui progetti sono spesso ispirati all’osservazione della natura. “C’è un approccio ecocentrico che emerge anche in altri miei lavori – ci ha detto -. Alla base c’è un che di animistico. I popoli baltici e finnici sono gli ultimi animisti d’Europa: ci consideriamo parte della natura, non una cosa separata”.
Il principio fondante è quello della biomimesi: le strutture realizzate per Tree Opera imitano e ricalcano la natura, adattandosi ad essa e minimizzando gli interventi. “Per questo progetto abbiamo prima di tutto dovuto trovare un luogo che avesse già di per sé caratteristiche che ci consentissero di fare quello che avevamo in mente senza dover modificare troppo l’ambiente. Abbiamo fatto diverse spedizioni nella foresta. Alla fine abbiamo trovato un luogo che aveva alberi con un certo carattere che creavano un bel fondale naturale e che aveva qualcosa dell’anfiteatro, in modo da poter disturbare la natura il meno possibile”.
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Senza lasciare traccia
La natura tuttavia non offriva tutto quello che serviva per mettere in scena l’opera e, inoltre, il programma di residenza aveva chiesto al gruppo di artisti di realizzare una struttura che rimanesse funzionale per alcuni anni e potesse essere riutilizzata da scienziati e artisti. “Abbiamo creato delle strutture per pubblico, performer e backstage e lo abbiamo fatto come degli insetti, come organismi che sono parte della natura. Abbiamo utilizzato alberi caduti che si trovano in quantità nella foresta”, ha detto ancora Mailitis. Per individuare le tecniche giuste il team ha dovuto studiare la natura e l’edilizia tradizionale e ha dovuto consultare botanici e arboristi per capire quali alberi potessero sopportare peso, quali potessero flettersi e come utilizzarli senza danneggiarli.
Alcune delle tecniche utilizzate per le strutture sono le stesse dell’architettura reversibile. Ha spiegato l’architetto: “Tutte le connessioni sono state realizzate con tecniche vecchia scuola, senza giunture di metallo, chiodi o viti, in modo che potessero poi biodegradarsi completamente. Il legno è stato trattato solo con metodi naturali, bruciandolo per proteggerlo, come si faceva nel Giappone del Settecento. Le piattaforme per il pubblico erano appoggiate a radici recuperate dagli alberi caduti, creando una fondazione che fa da supporto in maniera molto simile al funzionamento dell’albero. Infine abbiamo lasciato spazi vuoti tra gli assi di legno, in modo che la vegetazione possa crescerci in mezzo. Sono materiali presi dalla natura, trasformati per l’uso che ne dovevamo fare, ma che poi invitano la natura a riappropriarsene, lasciando alle piante e agli insetti la possibilità di fagocitare le strutture”.
La scenografia dell’opera è la foresta stessa che gli artisti hanno animato realizzando strutture che facevano fluttuare gli alberi nell’aria. Altro elemento scenografico era la luce, direzionata attraverso un sistema di specchi mossi dal vento: “La natura è parte dell’opera, partecipa in maniera attiva al risultato finale”, ha commentato ancora l’architetto.
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Altri alberi, altre storie
Finita la performance le strutture sono rimaste nella foresta, lasciando che la vita proseguisse e che la natura facesse il suo corso. Al momento il teatro è sepolto dalla neve, ma sotto la coltre bianca continuano le trasformazioni. Un giorno tutte le strutture spariranno, biodegradandosi e ridiventando parte della foresta e della terra. Intanto il gruppo pensa a portare Tree Opera in altri ecosistemi. “Avevamo in programma l’Islanda, il Portogallo, il Brasile, ma la pandemia ha bloccato tutto – ha spiegato Anna Ķirse – Ora speriamo di riprendere con uno spettacolo in Lettonia, dove non abbiamo ancora avuto modo di presentare il lavoro. Ci piacerebbe anche farlo in un ambiente urbano, come un parco di una grande città”.
In ogni luogo, Tree Opera avrebbe una vita diversa, adattandosi alla natura dei diversi posti. “In Islanda per esempio non ci sono alberi – ha detto ancora Austris Mailitis – ma ci sono tanti tronchi trasportati dal mare, un materiale molto diverso e interessantissimo che ha attraversato il mondo e che porta con sé tutta un’altra storia”.
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