Il sito che ospiterà il Deposito nazionale per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi sarà individuato nella seconda metà dell’anno prossimo, dopo la conclusione della consultazione pubblica, ancora in corso, e dopo il seminario nazionale, previsto ai primi di settembre. E sarà operativo all’inizio del 2030. Lo hanno spiegato il presidente di Sogin Spa Luigi Perri e l’amministratore delegato della società Emanuele Fontani nel corso di una audizione presso la Commissione ecomafie.
La scelta del sito per il deposito prevista nella seconda metà dell’anno prossimo. Apertura nel 2030
“Si prevede l’individuazione del sito nella seconda metà del 2022”, ha spiegato l’amministratore delegato della Sogin, Emanuele Fontani, durate l’audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.
La fase di consultazione pubblica avviata dopo la pubblicazione della Cnapi (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee) è ancora il corso. Al termine della consultazione si aprirà la fase del “seminario nazionale, previsto per i primi di settembre“, precisa l’ad: durerà tra i 30 e i 60 giorni, con sessioni di tre-quattro giorni ciascuna in ognuna delle sette regioni interessate. “Alla fine – osserva Fontani – ci sarà un evento conclusivo che riteniamo sia opportuno avere in presenza”.
Concluso il seminario, “si arriverà così a un documento che porterà alla Cnai, la Carta nazionale delle aree idonee (e non più ‘potenziali’); solo dopo la sua approvazione – la Cnai sarà oggetto di valutazione e nulla osta da parte dei ministeri competenti, Mise e Mite [ndr] – si passerà al processo delle autocandidature nel quale le comunità locali potranno presentare le loro disponibilità a ospitare il deposito nazionale”. Però, “se non ci sarà un’autocandidatura ci saranno metodi diversi previsti dalla legge 31 che porteranno all’individuazione del sito”, ricorda l’ad Sogin.
“L’apertura del deposito è prevista all’inizio del 2030“, fa sapere, in una nota, la commissione Ecomafie. Secondo il timing dettato originariamente dalla legge, poi modificato col decreto Milleproroghe, l’entrata in esercizio del deposito era prevista per il 2029 ma il prolungamento delle fasi di consultazione pubblica e del seminario nazionale hanno già prodotto uno slittamento ai primi mesi del 2030. In base a quanto riferito dalla commissione Ecomafie, inoltre, “sono stati valutati quali possibili fattori di rallentamento del processo di costruzione del deposito rischi autorizzativi per ritardi amministrativi, rischi di localizzazione connessi alla mancanza di autocandidature e rischi nella realizzazione dell’opera”.
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Mancata garanzia di imparzialità: arriva una commissione (o un CTS)
Sogin, per bocca del suo amministratore delegato, ammette tra le righe che il processo messo in moto per il deposito dei rifiuti radioattivi soffre di una lacuna di imparzialità legata all’assenza di un soggetto terzo che ne gestisca l’iter. “Abbiamo avuto alcune sollecitazioni da parte dei territori sulla mancanza di imparzialità sulla consultazione pubblica”, ha spiegato Fontani. Per questo “Sogin quindi propone o la costituzione di una commissione o di un comitato tecnico scientifico a supporto dei vari gruppi di interesse”.
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Osservazioni, richieste di informazioni, ma anche ricorsi al Tar
Secondo quanto riferito durante l’audizione, nell’ambito della consultazione pubblica attualmente in corso sulla Cnapi, ad oggi sono pervenute a Sogin 88 richieste di informazioni e 113 osservazioni: riguardanti, queste ultime, soprattutto questioni di idoneità delle aree. Inoltre ci sono stati tre ricorsi al Tar e tre richieste di accesso agli atti. Ricordiamo che La Cnapi prevede 67 aree, in 7 regioni, e coinvolge 70 comuni.
Un deposito al posto dei venti attuali
“L’Italia – ha aggiunto Fontani nel corso dell’audizione – oggi ha circa 20 depositi di rifiuti radioattivi, una porzione di questi è gestita da Sogin, altri sono di gestione pubblica o privata”. Il manager ricorda anche “una situazione come quella della ex Cemerad a Statte in cui un fallimento ha poi generato la necessità di prevedere a una bonifica ambientale”. Nel deposito nazionale, spiega ancora, “andranno circa 95 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, di cui 78mila a bassa attività, e 17mila a media e alta attività”. Si tratterà “per il 60% di rifiuti” provenienti dal decomissioning, cioè lo smantellamento del passato esercizio degli impianti nucleari del nostro Paese, e per il 40% in progress da medicina nucleare, attività di ricerca, e dall’industria“.
Un miliardo e mezzo di euro di valore, 4 mila posti di lavoro durante la costruzione, 700 a regime
Secondo Emanuele Fontani, il deposito nazionale di rifiuti radioattivi “ha un valore di poco meno di un miliardo di euro in termini di costi di realizzazione, a cui si somma una cifra stimata intorno ai 500 milioni di euro per le infrastrutture del parco tecnologico“.
Fontani si sofferma anche sui benefici occupazionali per la costruzione dell’opera: 4 mila addetti per 4-5 anni. “Abbiamo definito due fasi fondamentali – spiega – una per la costruzione dove si tocca un totale di 4mila persone”, di cui 2 mila addetti diretti, e in seguito “nel lungo periodo di funzionamento del deposito nazionale saranno circa 700 le persone per l’esercizio“. La vita dell’opera è calcolata in 5 decenni: l’esercizio, infatti, precisa Fontani, “ha un orizzonte temporale di circa 50 anni” e poi “un periodo di 300 anni dedicato alla sorveglianza“.
Autocandidatura o imposizione? “Dipende dal dialogo”
L’accettazione del deposito da parte dei territori, e quindi l’arrivo di autocandidature, oppure l’opzione di decisioni imposte dal governo, dipenderano dalla trasparenza e dal dialogo, secondo Sogin: “Quello che noi oggi dobbiamo fare – sottolinea l’amministratore delegato della società – è essere al massimo trasparenti spiegando che cos’è il deposito nazionale. Che è sicuramente un’infrastruttura che serve, sicuramente è un’infrastruttura che ha meno problemi di tante altre”. Prosegue Fontani: “Dove si arriverà in futuro, se l’anno prossimo si arriverà all’individuazione o all’imposizione dall’alto è molto legato, probabilmente, a quanto il dialogo con le popolazioni sia di tipo costruttivo o sia solo un dialogo oppositivo. Noi stiamo facendo di tutto per dare la nostra maggiore disponibilità a chiunque voglia parlare con noi”.
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