Con la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale europea, lo scorso 15 maggio, sono ufficialmente attive alcune importanti riforme del mercato ETS. Con questo acronimo, che sta per Emission Trading System, l’Unione europea regola in maniera più restrittiva lo scambio di quote di emissioni sui permessi a inquinare. Ciò è dovuto a cinque importanti provvedimenti del pacchetto Fif for 55, vale a dire le misure con le quali l’Ue si impegna a ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e di conseguire la neutralità climatica entro il 2050.
Nello specifico entrano in vigore cinque nuovi atti legislativi: due direttive e tre regolamenti che andranno a incidere su un sistema, quello dello scambio delle quote di emissioni, che è complesso ma allo stesso tempo vitale per provare a mitigare la crisi climatica. Questi, nel dettaglio, i provvedimenti attuati:
- revisione della direttiva ETS
- modifica del regolamento MRV sui trasporti marittimi
- revisione della direttiva ETS relativa al trasporto aereo
- regolamento che istituisce un Fondo sociale per il clima
- regolamento che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere
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Il sistema di scambio di quote di emissione
Facciamo un piccolo passo indietro. Cos’è il mercato ETS? Nella definizione del Consiglio europeo, “il sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (EU ETS) è un mercato del carbonio basato su un sistema di limitazione e scambio di quote di emissione per le industrie ad alta intensità energetica, per il settore della produzione di energia e per quello del trasporto aereo”. Come è noto, infatti, sono proprio l’energia e i trasporti i due settori produttivi a più alta intensità di emissioni.
Già dal 2005 l’Ue ha introdotto i primi limiti in questo senso. Lo scopo del mercato ETS, come dichiarato dalla presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen, non è soltanto quello di fissare un prezzo delle emissioni, in modo da garantire quelli che vengono definiti in maniera prosaica “permessi per inquinare”, ma anche di incentivare le aziende a investire in tecnologie a basse emissioni, dato il costo crescente delle stesse.
Le nuove norme prevedono di portare al 62% l’ambizione generale di riduzione delle emissioni entro il 2030 nei settori coperti dall’EU ETS, rispetto ai livelli del 2005.
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Conteggiato (finalmente) il trasporto marittimo
Era, incredibilmente, il grande assente. Ma grazie al pacchetto Fif for 55 per la prima volta le emissioni prodotte dal trasporto marittimo saranno incluse nell’ambito di applicazione dell’EU ETS. L’obbligo per le società di navigazione di restituire quote di emissione sarà introdotto gradualmente e sarà pari al 40% per le emissioni verificate dal 2024, al 70% dal 2025 e al 100% dal 2026.
La maggior parte delle navi di grandi dimensioni sarà inclusa nell’ambito di applicazione dell’EU ETS fin dall’inizio, mentre altre grandi navi, in particolare le navi d’altura, saranno incluse in un primo momento nel “regolamento MRV” concernente il monitoraggio, la comunicazione e la verifica delle emissioni di CO₂ generate dal trasporto marittimo, e solo successivamente nell’EU ETS.
Le emissioni diverse da quelle di CO₂ (metano e N₂O) saranno incluse nel regolamento MRV a partire dal 2024 e nell’EU ETS a partire dal 2026. In attesa degli atti delegati che dovranno specificare aspetti fondamentali come il monitoraggio del mercato delle quote di emissioni, è comunque un primo passo in avanti.
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Trasporti e settore edile
Le principali contestazioni ai dettami dell’Unione europea, da parte dell’Italia (ma non solo), sono arrivate dai settori dei trasporti e dell’edilizia. Non sorprende, dunque, la scelta dell’Ue di istituire un nuovo sistema di scambio di quote di emissione distinto per i settori degli edifici e del trasporto stradale e per altri settori (principalmente la piccola industria), al fine di garantire riduzioni delle emissioni efficienti in termini di costi in questi settori che finora sono stati difficili da decarbonizzare.
“Il nuovo sistema – scrive il Consiglio europeo – sarà applicato ai distributori che forniscono combustibili nei settori degli edifici e del trasporto stradale e in altri settori a partire dal 2027. È stata predisposta una salvaguardia per cui, in caso di prezzi eccezionalmente elevati del petrolio e del gas nel periodo che precede l’avvio del nuovo sistema, la sua introduzione sarà rinviata al 2028”.
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Emissioni prodotte dal trasporto aereo
Il trasporto aereo è da sempre, probabilmente, il più discusso. Anche per via degli innegabili assist forniti dalla Commissione europea, che fino a questo momento ha concesso al settore quote di emissioni a titolo gratuito. Con le nuove disposizioni del pacchetto Fit for 55, invece, queste quote gratuite saranno eliminate gradualmente e, a partire dal 2026, sarà attuata la messa all’asta integrale.
Fino al 31 dicembre 2030 saranno poi riservate 20 milioni di quote per incentivare la transizione degli operatori aerei dall’uso dei combustibili fossili. In questo ambito, tra parentesi, un ruolo di primo piano intende giocarlo l’italiana Eni, attraverso l’uso dei biocarburanti, più specificamente dei SAF (Sustainable Aviation Fuel), sui quali però il conteggio delle emissioni è ancora in alto mare.
In ogni caso con i nuovi provvedimenti il Consiglio europeo garantisce che “sarà inoltre migliorata la trasparenza in materia di emissioni e compensazione degli operatori aerei e sarà istituito un quadro di monitoraggio, comunicazione e verifica per gli effetti del trasporto aereo non legati alle emissioni di CO₂. Entro il 1º gennaio 2028, sulla scorta dei risultati di questo quadro, la Commissione proporrà, se del caso, misure di mitigazione per gli effetti del trasporto aereo non legati alle emissioni di CO₂”.
Staremo a vedere.
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Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere
Il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) riguarda le importazioni di prodotti nelle industrie ad alta intensità di carbonio. Il suo obiettivo è quello di evitare, nel pieno rispetto delle norme commerciali internazionali, che gli sforzi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE siano compensati da un aumento delle emissioni al di fuori dei suoi confini, attraverso la delocalizzazione della produzione in Paesi in cui le politiche adottate per combattere i cambiamenti climatici sono meno ambiziose di quelle dell’Ue, o da un aumento delle importazioni di prodotti ad alta intensità di carbonio.
Lo scopo dichiarato del CBAM è di promuovere l’importazione nell’Unione europea di merci da parte di imprese di Paesi terzi che rispettano le norme in materia di clima applicabili nei 27 Stati membri dell’Ue. In questo modo, dunque, il Vecchio Continente punta da una parte a limitare le importazioni e, dall’altro, si pone come modello globale per gli sforzi in materia di clima, provando a “trascinare” dalla propria parte gli Stati più emettitori attraverso la forza del commercio.
Tuttavia fino alla fine del 2025 il CBAM si applicherà solo sotto forma di obbligo di comunicazione. Anche in questo caso le istituzioni europee prevedono una gradualità delle misure, per cui il CBAM sarà introdotto progressivamente, in parallelo con l’eliminazione graduale delle quote gratuite, una volta che questa inizierà nell’ambito dell’EU ETS riveduto per i settori interessati. Nei settori coperti dal meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere — cemento, alluminio, concimi, produzione di energia elettrica, idrogeno, ferro e acciaio, nonché alcuni precursori e un numero limitato di prodotti a valle — le quote a titolo gratuito saranno eliminate gradualmente, nell’arco di nove anni tra il 2026 e il 2034.
Fondo sociale per il clima
Tra le novità più rimarchevoli del pacchetto Fit for 55 c’è l’istituzione del Fondo sociale per il clima, con il quale gli Stati membri dell’Unione possono finanziare misure e investimenti a sostegno delle famiglie, delle microimprese e degli utenti più vulnerabili. Come si è visto in occasione dell’aumento del prezzo del gas a partire dall’estate del 2021, infatti, l’Unione europea è ancora fortemente sguarnita sulle tutele sociali.
Lo stesso Consiglio europeo scrive che “la transizione climatica avrà un impatto economico e sociale difficile da valutare ex ante. Il conseguimento della maggiore ambizione in materia di clima richiederà ingenti risorse pubbliche e private. Gli investimenti a favore delle misure di efficienza energetica, dei sistemi di riscaldamento basati sulle energie rinnovabili, come le pompe di calore elettriche, il teleriscaldamento e il teleraffrescamento, e della partecipazione a comunità di energia rinnovabile sono un metodo efficace per ridurre le emissioni e la dipendenza dalle importazioni, aumentando nel contempo la resilienza dell’Unione”.
A tal proposito, dunque, particolare rilevanza assume il Fondo sociale per il clima. Che però, purtroppo, al momento viene istituito temporaneamente per gli anni che vanno dal 2026 al 2032. Il fondo sarà finanziato principalmente dalle entrate generate dal nuovo sistema di scambio di quote di emissione fino a un importo massimo di 65 miliardi di euro, da integrare con contributi nazionali. Il timore è che le nuove elezioni europee, previste per il 2024, possano rimettere in discussione questo accordo. Specie se a prevalere sarà, come pare probabile, il vento della destra, contraria a misure che possano intaccare le volontà (e gli affari) dell’industria.
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