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sabato, Novembre 30, 2024

Cosa sono le Earthship? Le case realizzate con materiali naturali e da riciclo

Costruire case utilizzando solo materiali naturali, come terra cruda e paglia, e riciclando lattine, bottiglie o copertoni è possibile: sono le Earthship, edifici progettati per raggiungere l’indipendenza energetica ed idrica, con spazi pensati per produrre cibo in serre o in sistemi idroponici

Valeria Morelli
Valeria Morelli
Content Manager e storyteller 2.0. Fa parte del network di Eco Connection Media. Si occupa di strategie di comunicazione web, gestione social, consulenza 2.0 e redazione news e testi SEO. Per Green Factor, all’interno dell’ufficio stampa, si occupa delle relazioni istituzionali.

Vivere in una casa ecosostenibile che garantisca l’isolamento termico è un sogno per molti (specie ai tempi delle bollette stratosferiche) ma non sono sempre necessari materiali di ultima generazione e innovazioni. Se vi dicessimo che vi è chi, già dagli anni ’70 del secolo scorso, lavora per costruire case completamente autonome, quindi passive anche per riscaldamento e raffrescamento con sistemi di raccolta delle acque utilizzando materiali naturali e rifiuti?

Non parliamo di pura teoria ma delle Earthship!

Cosa sono le Earthship, le case passive costruite con materiali naturali e riciclando

Earthship letteralmente si traduce con “Navi della Terra” ma non indica imbarcazioni bensì edifici che solcano i diversi continenti con un messaggio dal cuore verde: costruire case utilizzando solo materiali naturali – come terra cruda, paglia – e riciclando scarti quali lattine, bottiglie o vecchi copertoni. Non pensate però di avere di fronte una casetta sull’albero o qualcosa di assimilabile a un gioco: tali edifici mirano ad essere completamente ecosostenibili, rispondendo alle esigenze di base dell’uomo pur rispettando la natura. Sono progettati per cercare di raggiungere l’indipendenza energetica ed idrica ma non solo. Se efficienza energetica e rinnovabili garantiscono luce, riscaldamento e climatizzazione, i sistemi di stoccaggio, filtraggio e riciclo pensano all’acqua, una parte degli spazi è inoltre ideata per poter produrre cibo in serre o grazie a sistemi idroponici. Quel che invece di solito non si trova all’interno è il superfluo. Sebbene ognuno possa arredarla a piacimento, la sobrietà rimane una caratteristica essenziale.

Queste ideali barche di Noè sono proprio pensate per poter affrontare le grandi difficoltà date dalla crescente riduzione delle risorse terrestri, consentendo agli abitanti di vivere in maniera green e senza lasciare un’impronta dannosa sulla Terra.

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Chi ha inventato la prima Earthship?

Se tutto questo vi sembra futuristico sappiate che la prima Nave della Terra è stata ideata e costruita addirittura 50 anni fa a Taos, nel New Mexico, ad idearla l’architetto “dei rifiuti” Michael Reynolds auto proclamatosi biotect. Sebbene oggi Reynolds sia riconosciuto come un grande innovatore, il suo successo potremmo dire che non è stato affatto immediato. La prima costruzione aveva dei difetti: potremmo definirla l’esperimento zero che aiutò a capire come perfezionare i modelli successivi specie per ciò che riguarda l’impermeabilizzazione e la climatizzazione. Ma i suoi tentativi di sperimentazione di bioedilizia trovarono un brusco freno non tanto nella individuazione dei problemi strutturali da risolvere quanto nella burocrazia! Le segnalazioni sui primi difetti gli costarono – per atto del Consiglio di Stato degli Architetti del New Mexico – il titolo di architetto e le licenze di costruzione perché le abitazioni da lui progettate vennero ritenute senza requisiti di base quali sicurezza, resistenza e durevolezza.

La radiazione non dissuase però l’inventore che non si arrese e ottenne nuovamente l’iscrizione all’ordine – e i permessi per costruire – dopo una causa lunga 17 anni, a dimostrazione che chi vuole innovare non trova ostacoli – purtroppo – solo da noi…

Oggi vi è anche un docufilm, The Garbage Warrior, che racconta il lavoro di Reynolds anche se, cinematograficamente parlando, è stato reso celebre dal racconto di Linda May, una delle protagoniste di Nomadland, il film di Chloe Zhao vincitore del Leone d’Oro di Venezia nel 2020 e del premio Oscar nel 2021.

Cosa deve avere un edificio per poter essere definito una Earthship? Vi sono sei principi da rispettare: costruire con materiali riciclati, raccolta e filtrazione dell’acqua, trattamento delle acque reflue, riscaldamento e raffreddamento termico/solare, produzione alimentare e uso di energia rinnovabile. Vediamoli più in dettaglio.

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1. Costruire utilizzando materiali naturali o da riuso e riciclo

Queste case sono costruite incorporando materiali naturali e da riuso quali pneumatici, lattine e bottiglie e sono pensate per essere completamente autosufficienti.

2. Puntare all’efficienza energetica

Se la gran parte delle abitazioni sfruttano l’energia per la climatizzazione, una delle priorità qui è stata proprio quella di garantire il comfort termico grazie alla struttura ideata. A riguardo un ruolo fondamentale è quello degli pneumatici usati – dei quali peraltro non vi è assolutamente carenza – che qui divengono dei mattoni in grado di eliminare il cemento e immagazzinare il caldo o il freddo. Grandi finestre aiutano a far entrare la luce e la struttura è tale da garantire uno scambio termico rilasciando il calore immagazzinato d’estate o attivando la ventilazione naturale dei tubi di raffreddamento interrati.

Earthship esterno notte
Foto di Jenny Parkins per commons.wikimedia.org

3. Energie rinnovabili: sole e vento

Certo che un po’ di energia prodotta serve sempre, anche nelle migliori case passive. Al posto delle fonti fossili questi edifici riescono a produrre energia grazie alla natura: vento, sole, inverter e batterie garantiscono il funzionamento degli impianti di illuminazione, delle pompe, dei sistemi di riscaldamento o aria condizionata laddove servano e ovviamente per alimentare eventuali altri dispositivi elettrici. Grazie ai sistemi di efficientamento energetico ideati, “il fabbisogno elettrico di una Earthship è circa il 25 percento di quello di una casa convenzionale”.

4. Raccogliere l’acqua piovana

Pioggia e neve divengono fonti dirette di approvvigionamento idrico: le abitazioni hanno sistemi di stoccaggio, filtraggio e pompe per poter consentire i normali usi all’interno delle mura domestiche come fare il bucato o godere di un bel bagno.

5. Non si butta via nulla, nemmeno le acque reflue

Che niente vada sprecato in una Earthship è evidente. Visto che l’obiettivo dell’autosufficienza riguarda anche la capacità dell’abitazione di produrre cibo, la costruzione è dotata di sistemi di trattamento delle acque grigie che può avere diversi utilizzi: dall’irrigazione delle piante e degli orti all’uso per lo sciacquone che, scopriamo leggendo la documentazione, consuma circa il 40% dell’acqua in una casa convenzionale. Grazie ai sistemi di raccolta e di trattamento: “ogni goccia d’acqua che cade sul tetto di un Earthship viene utilizzata quattro volte” che in tempi di siccità come questo vorrebbe davvero poter dire fare la differenza.

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6. Produrre cibo a metri zero

Nulla è lasciato al caso, nemmeno lo studio delle piante sia all’interno che all’esterno della costruzione e la loro distribuzione. Sfruttando anche tecniche idroponiche è possibile riprodurre in mini-fioriere o in secchi sospesi – che consentono di sfruttare anche le altezze – vegetali commestibili, ma non solo. È possibile, infatti, prevedere la costruzione di uno stagno per i pesci e un pollaio.

Earthship piante
Foto di Lori Greig per commons.wikimedia.org

Quanto può costare una Earthship?

Come si può leggere sul sito ufficiale, capita che chi chiede informazioni su questo tipo di case pensi che – per il fatto che sono realizzate con materiali naturali e recuperando rifiuti – siano low budget. Il grande risparmio non è però durante la costruzione – che è stimata tra i 220 e i 275 dollari per piede quadrato (ovvero 0,092903 metri quadrati) a seconda del modello, delle finiture e della manodopera impiegata. I costi aumentano se la casa è invece già finita. A fare la grande differenza saranno le bollette visto che una casa passiva non ha di fatto costi per le “utenze”.

Oggi si possono trovare Earthship in diverse parti del mondo: le cosiddette Global, ad esempio, oltre agli USA potreste trovarle in Messico, in Canada ma anche in Europa (in Germania e Francia). I modelli progettati sono “pronti all’uso” e – garantiscono i progettisti – funzionano in quasi tutti i climi del mondo.

Tra i diversi modelli ve ne sono anche di più semplici – e meno costosi – come le Unity Earthship, che non rinunciano in ogni caso a rispondere ai 6 principi delle Earthship.

Oggi queste forme di biotecture – come gli stessi ideatori le definiscono – sono state declinate anche per far fronte ai grandi cataclismi.

Tra i modelli, ad esempio, ve ne è uno pensato come progetto dimostrativo di soccorso del terremoto ad Haiti. La Simple Survival Earthship è infatti stata progettata per fornire un riparo confortevole, acqua pulita, fognature contenute e energia solare di base per le luci e la ricarica di piccoli dispositivi elettronici a un prezzo molto basso. Il concetto è stato applicato a numerose costruzioni umanitarie e di soccorso in caso di calamità in tutto il mondo.

The Hut Earthship è invece costituita da due moduli Earthship Hut collegati da una serra a faccia inclinata. Questo design si è evoluto dopo un progetto di soccorso di un uragano in Honduras.

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