È possibile trasformare una città, ridisegnarla a misura d’uomo, liberarla da tubi di scarico, traffico, clacson, e inutile stress? Alcuni esempi, vecchi e nuovi, raccontano che, di sicuro, si può osare e, spesso, anche riuscirci, con soddisfazione dei cittadini, degli amministratori, dell’ambiente e, perché no, anche dei turisti in cerca di una meta da visitare in sella a una bicicletta.
Il primo caso riguarda una capitale europea, ma no, stavolta non parliamo di Copenaghen. Ormai noto e indiscusso modello a misura di bicicletta, la città danese è considerata la capitale mondiale della ciclabilità, con circa la metà dei suoi spostamenti sulle due ruote, grazie a moderne infrastrutture come il ciclo-ponte snake. Non a caso si parla di copenaghenizzare le altre città.
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La scommessa di Parigi: Ville lumiere ville à vélo
Il nostri riflettori sono, invece, puntati sulla Ville Lumière, recente protagonista, nel corso degli ultimi 20 anni, di una vera e propria trasformazione, come racconta Michael Thomas su Distilled (How Paris Is Taking Back Its Streets From Cars). Parigi, che è ancora lontano dall’essere la città ciclabile perfetta, sembra dimostrare che sbarazzarsi delle auto è possibile, basta volerlo, programmarlo e perseverare. È quello che ha fatto la neoeletta sindaca nel 2015, Anne Hidalgo, mettendo a terra un programma da 150 milioni di euro per nuove infrastrutture ciclabili e finanziando l’acquisto di e-bike per i residenti. Non solo, l’anno successivo l’autostrada lungo la Senna è stata chiusa e trasformata in un’area pedonale e ciclabile. Pochi anni dopo, Rue de Rivoli, una delle strade più centrali e trafficate della città, è diventata un’autostrada riservata alle bici.
E non è finita qui. Il 72% dei parcheggi per le auto ha lasciato il posto alle rastrelliere. Il numero dei ciclisti è poi esploso a seguito della pandemia e per accogliere il nuovo traffico di due ruote, sono state realizzate piste ciclabili pop-up (corsie di sicurezza per le biciclette realizzate in modo rapido ed economico).
Il trasporto sostenibile è alleato degli amministratori
I cambiamenti non hanno solo portato più biciclette nelle vie parigine. Hanno anche premiato la sindaca che è stata rieletta nel 2020, promettendo di continuare la sua audace riprogettazione della città. L’anno successivo ha annunciato, infatti, un investimento di 250 milioni di euro per ulteriori infrastrutture per la bicicletta.
Il risultato è che tra il 2020 e il 2021, il traffico ciclistico a Parigi è cresciuto del 70%, mentre il possesso di auto è sceso dal 60% al 35%, contribuendo a ridurre le emissioni di gas climalteranti della città di circa il 20%. Un traguardo non da poco se si considera l’estensione e il sovrappopolamento della città dei boulevard.
La vocazione olandese al cicloturismo
Se forse Parigi resta ancora una città troppo grande e caotica per avventurarsi alla sua scoperta in bicicletta, certamente delle mete urbane compatibili con la due ruote, si possono trovare un po’ più a nord, nei Paesi Bassi. Le città olandesi, infatti, Amsterdam, Utrecht, The Huge, sono sempre tra le prime nelle classifiche di ciclabilità al mondo.
In questo panorama, non se la passa male Groningen, con i suoi 230.000 abitanti – un quarto dei quali studenti e metà residenti under 35 – che vanta il tasso di ciclisti più alto al mondo e, nel 2021 è stata eletta la città con l’ambiente più sano in cui vivere nei Paesi Bassi. Qui i due terzi degli spostamenti complessivi vengono fatti in bicicletta ma questo non basta ai suoi amministratori, impegnati nel ridisegnare le strade cittadine per dare ancora più spazio a bici, pedoni e bambini.
Groningen: una città più bella e sana, senza auto
La città di Groningen, di origine medievale, è anche una città in espansione. Ciò vuol dire che gli spostamenti crescono e sempre più spazio pubblico viene occupato per la mobilità. Per capovolgere questo assioma e liberare la città dalle automobili private – il mezzo di trasporto che occupa più spazio – lasciando posto ad attività più godibili per tutti i cittadini, il vicesindaco Philipe Broeksma ha una ricetta chiara. In primo luogo bisogna ridurre il limite di velocità nelle aree urbane, per poi dare una nuova forma alle strade, rimuovendo l’asfalto e rimpiazzandolo con aree verdi, aree gioco e luoghi di aggregazione. Promuovere spostamenti che occupano meno spazio come quelli in bicicletta, che sono puliti e salutari, significa restituire ai cittadini aree urbane più attraenti, godibili e, anche, resilienti ai fenomeni del clima.
Perché l’Olanda va in bicicletta?
Le città olandesi, tipicamente le più vivibili per le due ruote – come fa notare nuovamente Michael Thomas sul suo blog – non sono state sempre così. Anche l’Olanda ha vissuto il boom di motori a scoppio e imponenti infrastrutture dedicate alle automobili, avviato nel secondo dopoguerra e perpetrato per decenni. È negli anni ’70, però, che prende forma un movimento – in parte scaturito dall’ennesimo incidente in cui perdeva la vita un bambino di 6 anni – capace di smuovere le coscienze sul tema della sicurezza stradale, intraprendere un percorso di proteste e portare gradualmente – insieme ad altri fattori come l’aumento dei prezzi del petrolio – a cambiare il volto delle città olandesi. Le strade hanno incominciato a rimpiccolirsi, i limiti di velocità sono scesi, sono spuntati dossi e aree pedonali e ciclabili.
L’Europa chiede più infrastrutture ciclabili
In Europa, gli esempi di promozione della mobilità leggera non sono pochi. Inoltre, quest’anno il Parlamento europeo ha approvato una mozione sulla Cycling strategy per spronare gli Stati membri ad aumentare significativamente gli investimenti nella costruzione di infrastrutture ciclabili e per sostenere politiche industriali nel comparto, con l’obiettivo di raddoppiare i km percorsi in bicicletta in tutta l’Unione entro il 2030.
Per dare però uno sguardo anche oltreoceano, abbiamo pescato una esperienza del passato, targata Stati Uniti: un paese rinomato per le immense autostrade inondate di SUV – le auto più inquinanti e ingombranti al mondo – più che per la sua ciclabilità. Parliamo del regno del blues, Chicago, che nel 2016 è stata riconosciuta la miglior città dove usare la bici negli USA da Bicycling magazine.
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Chicago: incontro di attivisti e amministratori decisi
Al di là del classifica, che in tempi più recenti vede il sorpasso di San Francisco e Portland, il motivo di interesse per la città dell’Illinois è dovuto alla capacità di realizzare una rapida inversione di tendenza in una città grande, caotica e soggetta a eventi climatici estremi. La chiave di volta è stata la collaborazione di attivisti e amministrazione uniti dallo stesso obiettivo comune: rendere la città più sicura e convincere più persone a pedalare. Un simbolo di questo cambiamento è il Bloomingdale Trail, noto come 606, una pista ciclabile e pedonale sopraelevata, aperta nel 2015 e lunga quasi tre miglia per attraversare i quartieri di West Town, Logan Square e Humboldt Park. Poco dopo la sua rielezione, l’allora sindaco Rahm Emanuel – attualmente ambasciatore degli Stati Uniti in Giappone – annunciava che Chicago avrebbe costruito altre 50 miglia di piste ciclabili, molte delle quali separate fisicamente dai veicoli a motore. Già durante il suo primo mandato nel 2015, aveva costruito 100 miglia di piste ciclabili protette al costo di 12 milioni di dollari. Un progetto supportato e accompagnato da associazioni come la Active Transportation Alliance – gruppo impegnato nella promozione della sicurezza per ciclisti, pedoni e utenti dei trasporti pubblici – finalizzato a creare un complesso network di collegamenti ciclabili al centro cittadino, utilizzabili da un largo e diversificato bacino di utenti. Un ulteriore incentivo è stato dato dal programma di bikesharing a basso costo rivolto ai residenti dal nome “Divvy for Everyone”.
Città del Messico premiata dall’OMS: andare in bici fa bene
L’assunto di base riconosciuto dalle città prese ad esempio è semplice. Usare la bici fa bene alla nostra salute e alle nostre città che con più piste ciclabili e pedonali diventano più belle, salubri, e adattabili ai cambiamenti del clima. Lo dice persino l’Organizzazione Mondiale della Salute che quest’anno ha riservato un riconoscimento, durante il Partnership for Healthy Cities Summit, a Città del Messico, “per il miglioramento della sicurezza stradale e della mobilità attiva e sicura con l’avvio di una pista ciclabile su una strada trafficata che ha portato a un aumento del 275% dei ciclisti”. In effetti, l’attuale capo del governo di Città del Messico, Claudia Sheinbaum Pardo, è impegnata a migliorare la mobilità in città, con la convinzione che la bicicletta sia un mezzo di trasporto essenziale. Grazie al sostegno politico, tra il 2019 e il 2022, più di 140 miglia di nuove infrastrutture per biciclette sono comparse sul terreno di una delle più grandi metropoli al mondo.
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In Italia ancora pochi chilometri di ciclabili
Quanto al nostro paese, al di là di alcune eccezioni, le città italiane, sul piano della ciclabilità, restano il fanalino di coda del contesto europeo, con una media, secondo i dati Istat 2022, di 2,8 km di ciclabili per diecimila abitanti. Tuttavia, l’attivismo su due ruote non si arrende e anche quest’anno è stata celebrata la Ciemmona interplanetaria, lo scorso maggio a Lecce. Nell’annuncio dell’evento si leggeva: “Siamo follemente convinti che il mezzo per eccellenza sia la bicicletta, ogni tipo di bicicletta! Crediamo nell’urgenza di pensare gli spazi comuni liberi dalle automobili e noi liber3 di respirare, giocare, correre e fermarci secondo le nostre esigenze, usando solo le nostre gambe! Combattiamo fermamente lo sfruttamento dei combustibili fossili come unica fonte di energia e a fine maggio occuperemo le strade per ricordare che diventando Massa Critica si possono invertire i rapporti di forza!”. Gli amministratori olandesi, probabilmente, sarebbero d’accordo. Chissà che anche qualche sindaco italiano sia all’ascolto.
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