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sabato, Maggio 18, 2024

Pulisci e corri: al via l’edizione 2023 dell’eco gara. Intervista a Roberto Cavallo

Raccogliere i rifiuti correndo, tenendo insieme sport e tutela ambientale? Per l'eco-atleta Roberto Cavallo è possibile. In questa intervista Cavallo ci racconta come nasce l'iniziativa Keep clean and run e come si è ampliata nel corso del tempo. "È un modo di riscoprire se stessi allenando il corpo e i sensi"

Letizia Palmisano
Letizia Palmisanohttps://www.letiziapalmisano.it/
Giornalista ambientale 2.0, spazia dal giornalismo alla consulenza nella comunicazione social. Vincitrice nel 2018 ai Macchianera Internet Awards del Premio Speciale ENEL per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all’economia circolare. Co-ideatrice, con Pressplay e Triboo-GreenStyle del premio Top Green Influencer. Co-fondatrice della FIMA, è nel comitato del Green Drop Award, premio collaterale della Mostra del cinema di Venezia. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.

È ai nastri di partenza l’eco maratona Keep clean and run, ovvero “pulisci e corri”. Nata nel 2014, da allora l’iniziativa, è proprio il caso di dirlo, ne ha fatta di strada (accompagnata dalla raccolta di chili e chili di rifiuti disseminati nei parchi) e quest’anno attraverserà Veneto, Trentino e Lombardia, tra il 29 aprile e il 5 maggio. Di cosa si tratta? Come è cambiata negli anni? Queste e altre domande le abbiamo poste a Roberto Cavallo, fondatore dell’iniziativa ed eco-atleta.

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Cos’è, perché e quando nasce “Keep clean and run” (Pulisci e corri)?

L’idea di “Keep Clean And Run” nasce nel 2014. In quell’anno era esplosa la consapevolezza del fenomeno del marine litter, si susseguivano le ricerche sulle microplastiche e si prendeva coscienza del fatto che le famose isole di plastica negli oceani fossero originate, per il 75%, da rifiuti gettati lontano dal mare. L’allora commissario europeo all’ambiente, lo sloveno Janez Potocnik, decise quindi di lanciare la giornata europea contro l’abbandono dei rifiuti (European Clean Up Day) e la relativa campagna “Let’s Clean Up Europe”. Il commissario era alla ricerca di un’idea che facesse parlare del fenomeno ed aumentasse la popolarità della campagna.

Quell’autunno incontrai un mio amico che corre in montagna, Oliviero Alotto, che l’estate precedente aveva corso da Aosta a Ventimiglia e, raccontandomi la sua esperienza, mi fece venire voglia di ripercorrere i suoi passi… ma raccogliendo i rifiuti. Così, nel maggio del 2015, è andata in scena la prima edizione di Keep Clean And Run – Pulisci e Corri, da Aosta a Ventimiglia, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, rappresentato, per l’occasione, dalla sottosegretaria Barbara Degani. Descrivere cos’è la manifestazione oggi è più semplice, ma quando è nata, non avevamo nessuna idea del successo che avrebbe riscosso, ma l’interesse riservato da radio, TV, magazine, web, fin dalla prima edizione, ci ha spinto a proseguire quest’iniziativa.

Come è cambiata la manifestazione?

Dopo il successo della prima edizione abbiamo pensato di replicare la manifestazione in centro Italia – da San Benedetto del Tronto a Roma – e poi al sud, dal Vesuvio all’Etna. In particolar modo abbiamo focalizzato il punto di forza della manifestazione, ovverosia il coinvolgimento del territorio, con particolare riferimento alle ragazze e ai ragazzi delle scuole, così da mostrare i rifiuti raccolti, raccontare gli impatti che possono creare una volta abbandonati nell’ambiente e riflettere sulle possibili alternative.

Dopo tre edizioni continuavano ad arrivare richieste di portare la manifestazione su territori diversi e così non abbiamo più smesso. Abbiamo coinvolto tutte le regioni italiane facendo anche qualche sconfinamento all’estero, in Francia e in Slovenia. Nel 2020 ci sono tornate alla mente le parole di don Pino de Masi quando, nel 2017, avevamo corso sui terreni confiscati alla ‘ndrangheta, e ci disse: “quello che voi fate è molto di più di un gesto ambientale, portate un messaggio sociale importante, perché un luogo  pulito è in armonia, in pace, un luogo  sporco è in tensione, in guerra”.

Siamo così andati a correre sui luoghi della Prima Guerra mondiale – da Cortina d’Ampezzo a Trieste – e poi, nel 2021, lungo la Linea Gotica, da Montignoso a Rimini, passando per Sant’Anna di Stazzema, il Passo della Futa ed il passo del Carnaio. Da allora Keep clean And Run è diventato “for peace”!

Che cosa è il plogging?

Il plogging è semplicemente correre raccogliendo i rifiuti. Questo neologismo è stato coniato dall’amico svedese Erik Alhstrom. Scherzando ci piace dire che gli italiani lo hanno concepito e gli svedesi lo hanno battezzato: d’altronde agli svedesi piace dare il nome alle cose… da Linneo all’Ikea! Scherzi a parte la parola plogging è una crasi tra il modo di dire svedese “plocka upp” (ovverosia tirare su/raccogliere) e il più noto termine inglese “jogging”.

È davvero uno sport?

È prima di tutto un modo di essere dai molteplici effetti benefici innanzitutto fisici: a parità di tempo di corsa si consumano fino al 30% di calorie in più e si allenano più muscoli di quanto si possa fare con il solo movimento della corsa. È un modo di riscoprire sé stessi in armonia con l’ambiente circostante allenando anche sensi che rischiano di assuefarsi (primo fra tutti la vista). Spesso mi sono sentito dire “è inutile andare a fare plogging in quel parco: è pulitissimo” salvo poi raccogliere decine di chili di rifiuti in un’ora. Purtroppo, infatti, una serie di rifiuti – dai mozziconi ai tappi di metallo e di plastica, fino alle più recenti mascherine – sono entrati a far parte del paesaggio urbano in modo così ricorrente che non ce ne accorgiamo nemmeno più. Il plogging è poi diventato una sorta di movimento globale, tanto che oggi si contano oltre 30mila gruppi nel mondo e, ovviamente, non poteva mancare un vero e proprio campionato del mondo. Possiamo quindi affermare che oggi il plogging è diventata anche una disciplina sportiva.

Il fatto che si continuino a trovare rifiuti non demoralizza un po’?

Ogni tanto, non lo nascondo, mi prende un po’ di sconforto, soprattutto quando partecipo a qualche gara di corsa in montagna e trovo le confezioni di gel o di barrette energetiche abbandonate dai concorrenti. Mi domando: “sono venuti a correre nella natura e non ne hanno rispetto, in più c’è il regolamento che ne prevede la squalifica: quanti secondi possono guadagnare buttando via un pezzo di plastica invece di riporlo in tasca o nello zaino?”

In quei momenti penso a Forrest Gump che, con un gesto semplice, come quello della corsa, è in grado di attrarre persone e, anziché arrabbiarmi, ci scherzo un po’ su pensando alla mamma del protagonista dello stesso film e al suo geniale motto (“la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che  ti capita”): in fondo, la vità è come un’uscita di plogging…. non sai mai quale rifiuto ti capita!

Mi viene poi in mente Fidippide che, per portare un messaggio, non si è risparmiato e, senza pensare alle conseguenze e senza lasciarsi abbattere da quella pazza corsa tra Atene e Sparta (e poi di nuovo Atene e ancora andata e ritorno dalla spiaggia di Maratona) per poter gridare “nike nike! – vittoria vittoria!”: allo stesso modo penso che anche noi, un giorno, potremo gridare vittoria contro chi si ostina a buttar a terra oggetti che potrebbero essere destinati alla raccolta differenziata ed essere quindi efficacemente avviati al riciclo.

Se cerchiamo eco-atleta su google tutti i risultati sono riconducibili al tuo nome: che cosa è un eco-atleta?

Prendendomi un po’ in giro ti rispondo che è un atleta un po’ scarso nelle performance sportive e che trova la propria soddisfazione nell’impegno ambientale. Nella battuta, però, c’è un po’ di verità! L’etimologia di atleta rimanda al concetto di sfida. Ho imparato, soprattutto dalle gare su lunghe e lunghissime distanze, che la sfida è prima di tutto con se stessi. In questo senso lo sport mi ha insegnato a non mollare, soprattutto quando si va in crisi e la corsa, in particolare, ha molto da insegnare nel rapporto con la natura e prima di tutto che le regole non si interpretano. Come ho avuto modo di anticipare credo che un eco-atleta possa definirsi come colui che usa lo sport come mezzo di comunicazione per portare un messaggio.

Che tipo di rifiuti trovate?

Di tutto! In quasi dieci anni di pratica costante le cose che trovo sono in linea con gli studi e le ricerche più diffuse: al primo posto ci sono i rifiuti legati ai prodotti da fumo (mozziconi e pacchetti di sigarette ed accendini), seguono poi gli imballaggi (in particolar modo le bottigliette di plastica da mezzo litro e lattine di alluminio soprattutto di birra). Raccolgo moltissimi cartoni per bevande sia quelli piccoli dei succhi di frutta che quelli da un litro per il vino. Dalle mie parti, ovvero nei dintorni di Alba, abbondano i bicchieri di plastica di un noto marchio di the freddo. Abbondano poi le cannucce, tantissimi tappi a corona, mascherine, bottiglie di vetro, guanti monouso in plastica in prossimità dei supermercati e dei distributori di benzina, un’infinità di gratta-e-vinci e scontrini della spesa, pezzi di auto, pneumatici e addirittura pezzi di computer o di telefonini.

Nei boschi e lungo i torrenti trovo materiali molto datati: durante la mia prima Keep Clean And Run del 2015, nelle Alpi Cuneesi a quasi duemila metri di altitudine, ho trovato la confezione di un pacchetto di cracker dell’esercito italiano, datta 1974. Nel 2021, invece, correndo ai piedi dell’Abetone, vicino a un torrente, ho trovato  una confezione in plastica di candeggina sulla quale campeggiava, a caratteri cubitali, la scritta “LIRE 120”: cercando su internet sono riuscito a risalire al periodo di vendita di quel prodotto ovverosia ai primi anni ‘60 del secolo scorso!

Cosa fare dei rifiuti raccolti da chi fa plogging? Sono differenziabili?

Mediamente l’ottanta per cento, in peso, dei rifiuti che raccolgo durante le uscite di plogging sono differenziabili poiché sono fatti di metallo, vetro, carta e plastica ma, negli ultimi due casi, occorre fare un pò di attenzione e valutare il grado di pulizia degli oggetti recuperati.

Leggi anche: “Piccoli gesti grandi crimini”, la campagna contro i mozziconi di Marevivo

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