“Le nostre 27 isole minori abitate risultano per oltre due terzi, nel 2021, ancora non interconnesse alla rete elettrica nazionale, quasi il 40% non dispone di un sistema di trattamento delle acque reflue, nel complesso contano un numero di impianti per la produzione da fonti rinnovabili tra i più bassi del Paese e vedono circolare un numero troppo elevato di autoveicoli in rapporto al numero di abitanti”. Quando si parla delle isole minori spesso si rischia di farsi superare dal romanticismo di chi li vorrebbe vedere come luoghi ameni e incontaminati, pieni solo di selvagge suggestioni, senza considerare le richieste e le aspettative di chi ci vive . Ecco perché i dati del report 2021 di Legambiente hanno il merito di riportare alla realtà. Nelle isole italiane, escludendo ovviamente Sicilia e Sardegna, vivono stabilmente circa 200mila persone: un numero che in estate può arrivare a quadruplicare, in quella che “una condizione sicuramente complessa che influenza le politiche locali”.
A provare a dare manforte alle isole minori arriva ora il Piano nazionale per la ripresa e resilienza, che nella versione dell’ex premier Giuseppe Conte sceglieva di inserire le isole minori all’interno della Misura 2 destinata all’economia circolare. Come è noto, il governo Draghi ha rimodulato il Pnrr e, nell’ultima versione dell’8 luglio inviata a Bruxelles, i riferimenti alle isole minori si sono contratti. Si tratta di comunque soldi importanti. È possibile dunque immaginare per le isole minori percorsi di circolarità? Andiamo a scoprirlo.
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Cosa si farà col Pnrr?
Il primo passo è appena stato compiuto. Sulla Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 2021 è stato pubblicato il decreto 22 giugno 2021 del Ministero dello Sviluppo economico, concernente l’approvazione del Piano Isole minori. “Il Piano – secondo quanto si apprende dal Mise – la cui realizzazione delle relative attività è affidata ad Infratel Italia S.p.a., secondo le modalità previste dall’Accordo di programma 24 settembre 2020 e dal Piano tecnico operativo “Interventi infrastrutturali per la Banda ultralarga nelle Isole minori”, rappresenta un intervento volto a dotare le isole minori di un backhaul ottico abilitante lo sviluppo della banda ultralarga e l’incremento della copertura delle reti radiomobili, assicurando anche l’evoluzione verso i servizi 5G”.
Nello specifico si tratta di 60,5 milioni di euro, “risorse che potranno essere utilizzate a titolo di anticipo rispetto al finanziamento a carico del Pnrr” e che fanno in realtà riferimento al periodo di programmazione 2014-2020. Gli obiettivi del Piano dovranno essere realizzati a favore di tutte le isole indicate nella Tabella “A” allegata al decreto. Per la ripresa delle isole minori può bastare la connessione rapida? Non proprio, soprattutto perché accanto alla soluzione di problemi atavici si accompagnano da tempo proposte innovative che però fanno fatica a diventare sistemiche.
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Le prospettive di Marevivo
Con la premiazione delle isole Bornholm in Danimarca, Tilos in Grecia, Aran in Irlanda, Canna in Scozia, Samsø in Danimarca e Palawan nelle Filippine si è conclusa lo scorso 11 settembre l’edizione 2021 del premio internazionale “Sole, Vento e Mare: energie rinnovabili nelle Isole minori e nelle Aree Marine Protette nella Transizione Ecologica” di Marevivo, patrocinato dal ministero della Transizione Ecologica e con la collaborazione di ANCIM – Associazione Nazionale Comuni delle Isole Minori e di Salina EU Pilot Island 2019.
Il premio è organizzato ogni anno da Marevivo, storica associazione che dal 1985 lavora per la tutela del mare e dell’ambiente. Ciò che salta all’occhio è che le premiazioni hanno riguardato solo isole straniere. Non c’è spazio per le italiane? “C’è da fare ancora tanto” concorda Rosalba Giugni, presidente di Marevivo che parla delle isole minori con notevole trasporto. Quando la intervistiamo non a caso Giugni è a Capri. “La transizione ecologica passa anche attraverso quella alimentare, e non solo quella energetica e circolare – dice – Ecco perché ho proposto per un giorno a settimana, a tutti i ristoratori e gli abitanti di Capri, di proporre menù vegetali. Magari rivisitando le tradizioni antiche di ogni isola, per proporre qualcosa di innovativo. Durante l’inverno, poi, lontani dal caos estivo è possibile interagire veramente con gli isolani, dando valore alle persone che io definisco musei viventi. L’allungamento della stagione, insomma, deve andare nella direzione della riscoperta dei valori delle isole”.
Il 2021 è stato per le isole un vero e proprio boom di presenze turistiche. La domanda però che ci si pone è: ma le isole sono legate per forza ai ritmi estivi, al boom di una stagione che poi si riverbera per tutto l’anno? “A parte il fatto che nelle isole l’estate dura molto di più dei canonici tre mesi, perché qui il bagno si può fare anche a ottobre o a novembre – afferma Giugni – Certamente c’è da lavorare per una loro fruizione più ampia. Ci sono ad esempio meraviglie archeologiche per cui si possono pensare ad hoc event. Molte isole hanno poi le montagne, che spingono alla destagionalizzazione”. I fondi del Pnrr potrebbero servire (anche) per questo scopo, oltre che per una più ampia autosufficienza? Giugni invita alla cautela. “È un buon segnale di attenzione da parte della politica, ma allo stesso tempo serve creare le condizioni culturali affinché questi soldi non vengano poi sperperati o comunque si perdano, come è già avvenuto in passato – dice – Le isole possono fare reali passi in avanti solo se le comunità si rendono conto del grandissimo patrimonio che hanno a disposizione”.
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Tra decreti inattuati e leggi che non ci sono
Si fa un gran parlare di rinnovabili nelle isole minori: le dimensioni ridotte e la posizione geografica le rendono perfette per applicazioni più ampie. Eppure ad oggi, come già accennato all’inizio dell’articolo, a farla da padrona nelle isole sono i combustibili fossili. Nel 2017 il cosiddetto decreto Isole minori aveva definito obiettivi e modalità di incentivazione per le energie rinnovabili nelle isole minori italiane non interconnesse alla rete elettrica del continente. Risultati che però non sono stati ottenuti, come messo nero su bianco all’incontro di Legambiente “Sicilia carbon free”. In questi anni sono stati realizzati circa 2milia impianti, pari a circa 18 gigawatt, quasi tutti relativi al fotovoltaico e concentrati soprattutto nelle isole più grandi, grazie soprattutto ai vari Conto Energia. Anche la gestione dei rifiuti nelle isole minori è piuttosto complessa, dato che gli impianti esistono solo nelle isole più grandi e in ogni caso sono pressoché quotidiani i trasporti via mare dei rifiuti. Con un caos gestionale che è difficile, a volte, anche solo comprendere.
“A breve pubblicheremo delle linee guida specifica sulle isole minori – ha spiegato all’incontro di Legambiente Fabio Costarella, di Conai – Isole che fanno parte dello stesso arcipelago hanno comunque società diverse che raccolgono in maniera diversa i rifiuti. Si creano dei cortocircuiti incredibili, basti pensare che le isole minori siciliane devono esportare il legno al Nord. Più in generale al momento la gestione dei rifiuti al Sud è insostenibile dal punto di vista economico e ambientale. Ecco perché con le nostre nuove linee guida noi puntiamo a favorire soluzioni circolari come il compostaggio domestico, la prevenzione e la riduzione dei rifiuti e la riduzione volumetrica degli imballaggi”.
Analoghi problemi, poi, si registrano anche con la depurazione delle acque reflue – un processo che manca in 11 isole ed è parziale nelle altre – e con la gestione dell’acqua. Non sorprende, dunque, che da tempo si avanzino proposte per una legge specifica per le isole minori, che riconosca le peculiarità di questi fragili e meravigliosi ecosistemi. Anche se poi in queste proposte legislative mancano riferimenti all’economia circolare. Che invece, a nostro avviso, è lo strumento perfetto per affrontare le ataviche questioni delle isole. Anche perché poi esistono casi concreti di applicazione.
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Da problema a risorsa, il caso circolare della Posidonia
Sempre in questi giorni a Favignana, la più nota delle isole Egadi, si è tenuta un’iniziativa lunga tre giorni per valorizzare quella che Ispra definisce “la prateria di Posidonia oceanica più estesa e meglio conservata del Mediterraneo, circa 7.700 ettari”. Per chi non la conoscesse, la Posidonia è una delle più tipiche piante marine dei nostri mari, importantissima per la conservazione degli ecosistemi ma messa a dura prova dall’azione dell’uomo. Tra le altre cose, come ricorda ancora Ispra, “a Favignana la posidonia spiaggiata rappresenta un elemento della vita quotidiana, che gli abitanti a volte si trovano a dover spazzare via anche dall’interno delle loro abitazioni”.
Valorizzare questa risorsa diventa dunque fondamentale. Ecco perché nelle isole Egadi prosegue il progetto MED Dé.Co.U.Plages che intende trasformare la pianta da “fastidio per i bagnanti e problema oneroso per le amministrazioni” a “occasione di incentivo al turismo sostenibile”. Come? Proprio attraverso l’economia circolare. La prateria di posidonia è infatti un habitat protetto a livello internazionale ed è considerata il polmone delMediterraneo. “Anche le banquette che si formano dallo spiaggiamento delle foglie morte a causa delle mareggiate – rende noto Ispra – hanno un importante valore ecosistemico, poco conosciuto e studiato”. Si spiega così il coinvolgimento della comunità di pescatori locali, attraverso l’iniziativa denominata “Questa barca si prende cura del mare”, la quale prevede che siano proprio i pescatori a riportare giornalmente a terra i quantitativi di plastica trovata nelle reti. Inoltre gli stessi pescatori dovranno attuare la raccolta differenziata dei rifiuti, in particolare quelli monouso, mentre gli artigiani locali potranno valorizzare e riutilizzare nei loro manufatti anche la posidonia spiaggiata in eccesso.
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